Disclaimer

In questo blog pubblico le storie che ho scritto io ispirandomi ai libri della saga di Twilight di Stephenie Meyer. Quindi tutti i personaggi sono di zia Steph, che ringrazio per avermi fatta sognare come se avessi ancora quindici anni. Ogni tanto prendo anche dagli omonimi film della Summit Entertainment, secondo quello che mi serve ai fini della storia. Idem per certe battute dei protagonisti. Se le trovate uguali, è ovvio che le ho prese dai libri o dal film! Quindi tutti i diritti spettano ai legittimi proprietari del copyright. Le storie invece sono mie, ma potete riprodurle se citate la fonte, che deve essere questo blog oppure il sito EFP dove le pubblico con il nickname jakefan. Fatevi un giro su EFP, è davvero simpatico.

lunedì 21 novembre 2011

34. Ecco, il mio diletto

La copertina di questa settimana è di Lea_91
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo al tuo braccio;
perché questo amore è forte come la morte,
una fiamma del Signore.
(Cantico dei Cantici, 8, ver. 6)



-Fermati, Jake! Aspetta, mi sto ammazzando!
Il mio compagno pareva essersi scordato che le sue gambe erano di almeno una spanna -sua- più lunghe delle mie; camminava a passo di marcia e mi trascinava dietro di sé tenendomi per mano, la camicia spiegazzata abbottonata solo a metà, i capelli arruffati e un sorriso luminoso e persistente stampato sul viso. E io, che già avevo difficoltà di deambulazione quando mi concentravo, rischiavo di farmi davvero male perché non riuscivo a togliere gli occhi da lui.
E meno male che nessuno poteva leggere nella mia mente e prendermi in giro.
Era davvero così, Jacob? Lo era solo per me? Lo era sempre stato? Di sicuro erano nuovi gli occhi con cui lo guardavo, finalmente in grado di vedere quanto fosse... ecco, semplicemente stupendo -e arrossivo, anche se nessuno poteva leggere la mia mente- stupendo dentro e fuori e assolutamente perfetto per me.
La sua gioia era lampante, travolgente; mi avvolse ancora una volta, come succedeva sempre, e fece sentire perfetta anche me, come ogni giorno da quando stavamo davvero insieme.
-Non vuoi che lo diciamo subito ai vecchi?
Si fermò e con un bacio mi impedì di rispondere, poi mi prese in braccio e ricominciò a marciare come un marine in direzione della Golf parcheggiata poco lontano.
-Mh, sì. Ma prima è meglio se… Jake, fermati un attimo. C’è una cosa che ti devo spiegare meglio e devo farlo prima che lo diciamo a Billy e Charlie.

venerdì 18 novembre 2011

33. Sette soli

La copertina di questa settimana è di Aniasolary
Non riuscivo a smettere di rimuginarci su.
C’era sicuramente qualcosa che accomunava le tre visite che avevano impegnato Elias e me per tutta la mattina, e non si trattava di qualcosa di positivo.
Ero stata da Billy che non vedeva suo nipote da qualche giorno ed era in crisi d’astinenza; poi all’ambulatorio pediatrico dell’ospedale di Forks dove, per pura combinazione, era stata Sue Clearwater a vaccinare mio figlio; finito il giro delle commissioni, ora finalmente mi trovavo a casa di Emily. Io e la mia amica, sedute per terra, chiacchieravamo osservando Elias e Kay distesi vicini in una palestrina da bebè. Osservavano interessati gli aggeggi colorati e luccicanti che penzolavano sopra i loro nasini.
Era veramente strano e doloroso, per me, stare con Emily in quel modo.
I nostri occhi si evitavano, i nostri discorsi vagavano su argomenti a caso suggeriti non dal cuore ma da ciò che gli sguardi incontravano casualmente. Io ero in imbarazzo, Emily lo sapeva, io sapevo che lei sapeva e via così in un circolo vizioso che gelava l’atmosfera fra noi. Tutte e due sapevamo tutto e né lei né io eravamo in grado di spezzare quello che sembrava un sortilegio. Non ci era mai capitato di stare così male insieme.
-…questa per esempio gliel’ha comperata mia suocera e Ka…
-Emily.
-...e Kay ne va matta, ci sta delle ore a fissare sem…
-Em. Per favore!
Non riuscivo più a stare ferma; mi alzai e mi diressi alla finestra.

martedì 15 novembre 2011

32. Tango

La copertina è stata creata da Roberta 87, autrice su EFP


Come arance rosse assaporo i giorni
Ora che ho incontrato te
Dolce e profumata ora è la mia vita
E per questo grazie
A te
Ora cammino tra le rose
E quando è sera accanto a te riposo
Non è mai tempo di versi tristi
E non verrà la stagione delle piogge.

E non verrà la morte triste
Alla nostra porta a cantare le sue canzoni.




Il cielo era ancora chiaro quando, al fondo del sentiero, la vegetazione umida di pioggia cominciò a diradarsi; dove i tronchi dei pini cessavano apparvero le vetrate di casa Cullen, rosate dalla luce del tramonto.
Vidi la casa apparire e non provai nostalgia né dolore; la guardai serenamente e la trovai bella come una dimora di fate in mezzo al nulla, carica di ricordi resi sempre più pallidi da un presente i cui colori dominanti erano quelli del fuoco.

Mi ero svegliata prima di Jacob, quella mattina.
Dalla finestra della mia vecchia camera, nella casa di mio padre, non si vede il sorgere del sole; l’Est resta nascosto in parte dalle altre case, in parte dalla foresta molto vicina e, oltre la foresta, dalle montagne.
Seduta sul davanzale della finestra, avevo guardato per un po’ il cielo cambiare lentamente colore; la stella del mattino era ancora visibile ma sarebbe presto scomparsa, inghiottita dal sole.
Avevo giocato ad indovinare la luce rosata dell’alba sulla linea dell’orizzonte. Avevo chiuso gli occhi solo un attimo per immaginare il mare ancora blu notte e un sole alzarsi su quel mare, incendiandolo; quando li avevo aperti la luce era già sufficiente. Calda abbastanza da accarezzare la pelle scura di Jake tra le lenzuola bianche del nostro letto sfatto.


Ora cammino tra le rose.

sabato 12 novembre 2011

31. And I bet and you exploded in my Heart

Laying everybody low with a love song that he made.
Finds a streetlight, steps out of the shade
Says something like, “You and me babe, how about it?”
Juliet says, “Hey, it’s Romeo, you nearly gave me a heart attack!”
He’s underneath the window, she’s singing, “Hey la, my boyfriend’s back.
You shouldn’t come around here singing up to people like that…
Anyway, what you gonna do about it?”
Juliet, the dice were loaded from the start
And I bet and you exploded in my heart
And I forget I forget the movie song.
When you gonna realize it was just that the time was wrong, Juliet?


La luce della lampada da notte è un globo pallido luminescente; splende su velluto scuro, la penombra della cameretta al primo piano. Nella morbida luminosità, due ragazzi innamorati cessano di baciarsi e si guardano negli occhi. Romeo ha le sembianze di un dio precolombiano e un corpo forte di rame satinato; Juliet dalla pelle bianca è piccola, deve sollevare la testa per guardare il viso di lui, ma i suoi occhi brillano benché così scuri. Brillano così forte da sembrare chiari.Solleva una mano e gli accarezza il petto, poi ricorda che gli deve dire qualcosa; sorride, lo prende per mano, lo fa sedere sul letto. Si siede accanto a lui e abbassa gli occhi per non guardarlo.
-Non ti fa ridere che siamo ancora qui?
Il ragazzo sente il cuore scoppiare d'amore, ed è strano perché ride ma non ha voglia di ridere; è strano come tutto sia una cosa molto seria e allo stesso tempo leggera come c
erte nuvole estive. Come era leggero lui quando si è arrampicato fino alla sua finestra; è proprio questo l'effetto che lei gli fa, sentirsi così leggero che ha la sensazione di prendere il volo e dimenticare tutto quello che c'è di storto nella sua vita, un secolo di dolore, sua madre e perfino certe faccende da lupi.

mercoledì 9 novembre 2011

30. Juliet, the dice were loaded from the start

Capita, a volte, che la vita assomigli ad un gioco da tavolo. Uno di quei giochi di società in cui tiri il dado, conti i passi e la sorte decide che devi immediatamente tornare al via e ricominciare tutto da lì. Quasi da zero?
Ecco, io mi sentivo più o meno così. A casa di Charlie. Ritornata al Via.
Ed era una sensazione bellissima.

-Bella? Ci sei, Bells? Il ragazzo, qui, ha fame. Penso.

Fu decisamente impegnativo riemergere dalla nebbia; il sonno era ancora un problema per me, l'Oscuro Oggetto del Desiderio, un bene di prima necessità sempre scarso da accaparrarsi in qualsiasi modo, le rare volte che era disponibile. E il divano di Charlie era stato una tentazione più irresistibile della mela nel Paradiso Terrestre, tanto più che mio padre era decisamente bravo con Elias ed io mi fidavo di lui come di me stessa -forse anche di più- o di Jacob.
Charlie c'era sempre stato, per me, e non solo al tempo dei pannolini; era sempre stato lì, inamovibile come una roccia, con lo stesso inalterabile calore anche quando avrebbe potuto legittimamente prendermi a schiaffi e rinfacciarmi tutti i miei errori. Incredibilmente, non mi aveva mai indirizzato le parole "Io te l'avevo detto" nella stessa frase con "Edward" e "Jacob"; forse aveva deciso di non infierire, visto che aveva stravinto sul campo.

lunedì 24 ottobre 2011

29. Del tempo della muta, o La saggezza di Kaa

Voci maschili. Una è la voce che amo -la stessa che mi ha ferita, ma non importa. Tutte mi arrivano ovattate e sommesse, come se cercassero di non far rumore. Non tutte ci riescono. Distinguo le parole.
-Questi non sono due qualsiasi, due nomadi, tipo. Avrebbero combinato il solito macello, come la rossa e quello con le treccine.
-No, infatti. Ci stanno attenti, non c'è quasi nessuna traccia. Ma ci scommetterei qualcosa che la ragazza Makah scomparsa è opera loro.
- Ci sapevano fare, quasi come il soldato.
-Mai abbastanza da fregarci - sogghigna la stessa voce.
-Il solito pallone gonfiato... solo perché tu e Jacob siete arrivati per primi.
-Il solito invidioso.
-Piantatela, mi fate venire il mal di testa!
Un attimo di silenzio, rumore di qualcosa sul tavolo, il click familiare della clip di una lattina.
-Non ci sono dubbi su cosa volessero. Le tracce parlano chiaro e le traiettorie pure.
-Bene, finalmente un po' di movimento. Stiamo diventando tutti delle femminucce da queste parti...
Parole ringhiate da una voce più alta, arrabbiata.
-Cazzo. E chi cazzo la voleva un'altra guerra?
-Che c'è, ti secca mollare le gonne di Kim ogni tanto?
-Scusa se mi secca rischiare la pelle per una che se la faceva con i vampiri, eh?
-Chiudi il forno, Jared.
-Ma se non è nemmeno il suo imprinting!
Il ringhio sordo che avverto fin da qui è eloquente e spaventoso.
-E' molto di più, bastardo.
-Jared, sparisci. Non sei lucido. Via, ho detto!
Una porta che sbatte.
Sono sveglia. Ma tutto mi pare un incubo.


Sdraiata sul letto, non avevo altra scelta che permettere alle parole di raggiungermi attraverso la porta chiusa della mia camera e lo stordimento del dormiveglia. Avevo ancora addosso il male di poche ore prima, quando Jacob mi aveva messa a parte della sua vita senza di me, ma il terrore cresceva e presto avrebbe preso il sopravvento su ogni altra emozione.
Nel giro di poche ore tutto era cambiato ed era diventato orribile, eccetto l'ultimissima sensazione che mi aveva accompagnata a scivolare nel sonno; la mano calda di Jake sulla guancia, un "Torno presto" soffiato tra le mie labbra e le sue. Poi era uscito ed era tornata la paura che quel "presto" fosse sempre troppo tardi e l'angoscia che potesse trasformarsi in un "mai".

mercoledì 19 ottobre 2011

28. Visioni-Parte Seconda


-Mi sei mancata.

Quando ero più piccola mi avevano dato fastidio le coppie appiccicose, quelle che dovevano sempre restare in qualche modo in contatto almeno con una mano o con i piedi sotto il tavolo, le spalle vicine quando non palesemente avvinghiati. Ben lungi dal parermi carini, li trovavo patetici se non addirittura ridicoli; mi trasmettevano una sensazione antipatica di esclusione, per non dire a volte di assoluto imbarazzo nel vederli scambiarsi effusioni in pubblico.
Ora, almeno, li capivo.
Quando Jacob mi aveva preso la mano e attirata a sé, tutto era tornato al suo posto e io respiravo di nuovo; era più semplice la vita stessa. Come potevo rinunciarci?
Forse un giorno sarebbe stato più facile stargli lontano, ma in quei giorni non riuscivo ad abituarmi alla sua assenza, anche se si trattava solo di poche ore.
Esattamente nello stesso modo non riuscivo ad abituarmi alla sua bellezza. Era uno stupore sempre nuovo, qualcosa che non aveva niente a che fare con i vestiti che aveva indosso o col modo in cui era pettinato. Con un paio di jeans neri di marca sconosciuta e un'altrettanto anonima maglietta nera che gli lasciava scoperte le braccia, Jake era splendido. La semplicità gli donava in modo incredibile e gli abiti su di lui erano qualcosa meno di un accessorio; avrebbe potuto tranquillamente ridersela di grandi firme, tagli perfetti e capi alla moda. Non ne aveva alcun bisogno.

Aveva i capelli umidi e la maglietta bagnata in qualche punto; non aveva perso tempo ad asciugarsi bene, dopo la doccia. Volli pensare che aveva fretta di correre da me.
-Anche tu mi sei mancato. Però...mi hai fatta arrossire. Ci hanno visto tutti.
-Ti ha dato fastidio? Non importa, ti avrei baciata lo stesso.
Mi diede un altro bacio e solo in quel momento sembrò accorgersi di Seth, ridotto a fare da spettatore al nostro incontro. Fino a quell'attimo lo aveva completamente ignorato; non lo aveva nemmeno salutato.
-...e poi magari serve a mettere in chiaro alcune cose, visto che c'è gente che si ostina a non capire.
Seth era cresciuto ancora. Ci feci caso perché mentre ringhiava contro Jacob i suoi occhi ormai stavano solo pochi centimetri più in basso.
Che diavolo stava succedendo?
-Chi sarebbe che si ostina a non capire?
-Tu, Seth. Vedi di farti gli affari tuoi.
-Lei è una mia amica e ha diritto...
-Vatti a cercare sul vocabolario cosa vuol dire "amica", moccioso.
-BASTA! Finitela tutti e due!
Non era la prima volta che mi buttavo in mezzo a due che stavano per darsele. Anche se stavolta si trattava di due armadi e io arrivavo a malapena all'ascella del più piccolo.
-...ci stanno guardando tutti, per la miseria!- aggiunsi, abbassando gli occhi e la voce.
Stavolta non ci capivo davvero niente: quei due che litigavano in quella maniera mi lasciavano incredula come se avessi visto un disco volante atterrare sulla pista da ballo. Seth si voltò stizzito e si allontanò, lanciando un'ultima occhiataccia a Jacob. Avrei giurato di sentire un brontolio cupo provenire dal petto del mio compagno.
Lo guardai perplessa mentre ancora seguiva Seth con lo sguardo, la mascella contratta, i muscoli delle braccia rigidi e gli occhi ridotti a due fessure. Non so perché, ma mi venne freddo. E non fui più tanto contenta di essere ad una festa; avrei voluto sedermi tranquilla in casa mia a pensare e cercare di capire cosa mi aveva turbata tanto in quella scena.

sabato 15 ottobre 2011

27. Visioni - Parte prima

I think I'm drowning 
asphyxiating 
I wanna break the spell 
that you've created 
you're something beautiful 
a contradiction 
I wanna play the game 
I want the friction 
you will be 
the death of me 
yeah, you will be 
the death of me 
bury it 
I won't let you bury it 
I won't let you smother it 
I won't let you murder it 
our time is running out 
and our time is running out 
you can't push it underground 
we can't stop it screaming out 

-Bella? Gesù, sembra un secolo! Che bello rivederti!
-Vedermi? Qui dietro? Va bene che la tua vista...
Gridavamo entrambi per sovrastare, per quanto possibile, la chitarra di Matthew Bellamy sparata a tutto volume dalle casse poco distanti da noi. -Sshh, zitta- ammiccò Seth.- Molla, dai tutto a me.
Il mio amico, tirato a lucido per l'occasione, mi era corso incontro sfoderando un sorriso ancora più largo e contagioso del solito e mi aveva prontamente liberata dalle tre enormi scatole di dolcetti marshmallow* dietro alle quali arrancavo, sporgendo di tanto in tanto la testa di lato per vedere dove mettevo i piedi.
Mi guardavo attorno e di nuovo mi sembrava tutto incredibile: per la seconda volta nel giro di poche settimane avevo la sensazione di aver fatto un salto indietro nel tempo atterrando direttamente in un sogno. Niente vampiri né licantropi né magie di alcun genere e nemmeno lattanti da accudire, quella sera: solo ragazzi e ragazze più o meno della mia età -i visi conosciuti dei miei amici della riserva ed altri del tutto nuovi- che formavano capannelli attorno al cibo, alla consolle del DJ e alla pista da ballo, improvvisata con un paio di pedane di legno proprio al centro del giardino.
Era già il tramonto e, in aggiunta alle luci da esterno che si avviavano automaticamente tra le piante, Kim e Jared, armati di candele, accendevano torce e lanterne colorate piazzate in punti strategici o appese agli alberi. Mentre il tardo pomeriggio diventava sera le luci palpitanti dei fuochi creavano l'atmosfera giusta: quella di una notte di festa di mezza estate che prometteva di diventare indimenticabile per coloro che vi avrebbero partecipato.

venerdì 14 ottobre 2011

Come vi immaginate il seguito di Rising Sun?

Lo so, lo so, non è ancora finita né qui sul blog né su EFP. Tra parentesi, prometto solennemente che un po' alla volta aggiornerò anche qui i capitoli mancanti.

Ma ma ma. Al seguito ci sto lavorando già da un po', ho quasi completato la trama e le "biografie" dei personaggi nuovi.
Premesso che non mi farò influenzare a meno che mi innamori all'istante di qualche proposta, questo spazio ve lo lascio per dire la vostra in merito. Soprattutto voi che mi avete accompagnato per tutta la strada.

A voi la parola, spero di leggervi numerosi.

giovedì 6 ottobre 2011

Ciao, Steve

Dicevo su FB: se oggi, grazie alla sua morte, tanti ragazzi che non sapevano neanche chi fosse avranno l'opportunità di ascoltare le sue parole ed esserne ispirati, a me va benissimo.
Per quanto riguarda me, non riesco a smettere di commuovermi ogni volta che ci penso, non per la tristezza ma per la bellezza. Non mi mancherà perché le sue parole ce le ho dentro, mi hanno ispirata e non è un caso che Rising Sun cominci proprio con lui. Misteriosamente appropriato, oggi.
Abbiamo bisogno di cose ariose e luminose, che facciano bene. Apriamo le finestre, andiamo a fare una corsa. Ascoltiamo parole e musiche che facciano bene all'anima e chiudiamo le orecchie alla maldicenza, all'invidia, a ciò  che mette una tristezza inutile. La vita è troppo breve per sprecarne anche solo un'ora e c'è sempre una storia che non abbiamo ancora pubblicato. Stay hungry, stay foolish.

venerdì 2 settembre 2011

"Matthew e il lupo grigio", di Vannagio, con sproloquio sul Canon

Non so se ve l'ho già detto ma repetita iuvant: della guida della signora Meyer me ne frego abbastanza. Mia cara, non puoi lasciare lì tutto in sospeso o creare personaggi -come dice Kukiness- profondi quanto una pozzanghera e poi uscirtene con 'sta cosa dopo un secolo, riempiendola di assurdità. Con il palese scopo di tenere "caldi" i tuoi lettori in attesa dell'ultimo Fenomeno Da Botteghino.
Quindi, sorry ma io la guida (e la scrivo minuscola apposta) la uso per farmi vento. Sei arrivata tardi, gioia. I Volturi? Hanno già detto tutto -e quel che manca lo diranno- Vannagio, OttoNoveTre, Dragana e Ulissae. Ultimamente, poi, ci si è messo anche Il Circolo di Aro... I Lupi? Leggiti quelli che ho pubblicato qui sotto, quelli di Abraxas e Chiaki89. David e Thomas sono nel Branco esattamente quanto Sam, Jacob, Colin, Brady e tutti gli altri. E se volete come se l'è cavata Leah dopo la fine della Saga, trovate sue notizie qui: ne ha parlato Kagome86.
Sia sempre benedetto il Fanwriter!

Ok, veniamo al punto: dovevo ancora una pubblicazione alla terza classificata al Contest "Quando divenni Lupo", che è la Vannagio già citata a proposito dei Volturi. E' versatile, la ragazza: fatevi un giro nel suo profilo e ve ne accorgerete. Se volete una lettura inedita di Edward-MarySue-Cullen, leggetevi questa e rotolate dal ridere assieme me...
La storia lupesca di Gio si è classificata terza per un soffio; come ho già avuto modo di dire, c'erano troppi concorrenti in pochissimi punti. Tutti troppo bravi. L'unica cosa che mi sento di rimproverare alla Gio è che si vede troppo chiaramente che aveva voglia di finire la storia in fretta, ahahah! Per il resto... leggete e giudicate voi. Magari lasciate anche due parole di commento.


Matthew e il lupo grigio









La foresta lo aveva sempre terrorizzato, reso inquieto, nervoso. Abitava a La Push - un agglomerato di case completamente circondato da una foresta nera come la pece - da quando era nato. Dopo sedici anni, sei mesi, tre settimane e cinque giorni, era ragionevole supporre che si fosse abituato, no? Eppure lui la temeva ancora, quella grossa macchia verde e onnipresente, che pareva incombere e premere sulla nuca. Una paura, la sua, che aveva radici profonde. Risaliva al periodo dell’infanzia, quando, per colpa di un gioco idiota e di un cugino ancora più idiota, si era perso nel bosco. Aveva ben poca memoria di quel fattaccio. Ricordava soltanto alberi, alti e numerosi, che lo circuivano e che si stringevano intorno a lui come a volerlo seppellire sotto le loro chiome. Da quel giorno Matthew non aveva osato più addentrarsi da solo nel bosco.
Adesso, pero, qualcosa era cambiato.
Era incazzato. E correva. Chissà da quando e chissà perché, ma correva. A perdifiato. Scalzo. Per la rabbia, infatti, era uscito da casa, urlando parole insensate sull’ingiustizia della vita. Aveva spalancato con violenza la porta d’ingresso e aveva cominciato a correre. Soltanto qualche minuto più tardi, quando un sassolino si era conficcato nella carne della pianta del piede, Matthew si era reso conto di non aver indossato le scarpe. Se n’era fregato e aveva continuato a correre. Incespicante e goffo per via del dolore, ma non si era fermato.
Sì. Qualcosa era cambiato. 

mercoledì 15 giugno 2011

Ci penso dopo: Fame

Ci penso dopo: Fame: "Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso, non mi sostiene il pane, l'a..."

martedì 7 giugno 2011

My Dawn di Chiaki89, autore su EFP

Ho l'onore di ospitare sul mio blog un altro piccolo capolavoro creato per il contest "Quando divenni Lupo".
Il pezzo ha ingaggiato una dura battaglia con la storia prima classificata; bellissime entrambe, profondamente diverse. Tanto amara e sconvolgente "Misprinting", tanto delicata e confortante "My Dawn".
Il lupo di questa storia è tutto diverso da David. E' un timidone, uno che non vuole apparire, uno che non sa cosa farsene del suo enorme corpo da palestrato che lo espone inevitabilmente all'attenzione. E' una persona dall'animo delicato e riservato.
Ma è un Lupo.
Ed è un lupo che alla fine scopre ed accetta la forza e la potenza che ci sono dentro di lui. Lui, così timido, si adatta alla sua vera natura molto più di quanto non sappia fare, alla fine, quell'adorabile sbruffone di David. Thomas non parla molto ma il suo silenzio è potente, è solo la quiete che viene prima del grido del lupo.
Ho adorato questa storia. La scrittrice è bravissima con l'introspezione, scrive in modo molto vicino alla perfezione dal punto di vista grammaticale e ortografico, ma a parte questo il suo stile rispecchia il suo Lupo, è delicato e profondo.
Ho amato moltissimo anche il modo in cui ha intrecciato le citazioni dell'Occhio del Lupo di Pennac con la sua narrazione; con attenzione e maestria, senza mai apparire scontata.
Andate a leggere anche le altre storie di Chiaki89 su EFP, ne sarete contenti.

Non avevo mai davvero pensato a cosa significasse “per sempre”.
Era una di quelle espressioni che preferivo sorvolare e scacciare via, come una ciocca fastidiosa finita sugli occhi per colpa del vento.
Eppure nel mio nome uno spiraglio di eternità c’era: Thomas, “uguale a se stesso”. Perché qualcosa che resta identico a quello che è, in fondo, ti instilla un vago senso di infinito, un sempre sussurrato ma sfuggente.
O almeno così era per me.
Sono sempre vissuto nel mio mondo ristretto, fatto di amati silenzi e sognanti riflessioni. Una stanza in penombra, tiepida, intessuta di mezze misure nelle quali il mio spirito si identificava.
Ho sempre preferito confondermi nella massa. In realtà, più che mimetizzarmi nel colore uniforme della società che mi circondava, preferivo privarmi di tale colore. Trasparente, come l’acqua.
Ma tutto questo era prima della mia inaspettata, personalissima alba.

mercoledì 11 maggio 2011

"Misprinting", di Abraxas


Questa storia è di Abraxas, che è un amico. Ma non c'entra niente con il fatto che io la consigli. Anche il fatto che si sia classificata al primo posto in un Contest indetto su EFP dalla sottoscritta e da un'amica non c'entra col fatto che io la adori. Ha dovuto vincere.
E' una storia che spiazza, destabilizza, rinfresca e fa male, tutto insieme. E' una storia che, invece di intorpidire il cervello, lo costringe a reagire portandosi dietro anche il cuore. E' un modo di stare male con intelligenza. E' qualcosa di originale in un mondo pieno di banalità, di fronte al quale le mie sono solo storielle d'amore. E' il modo giusto per odiare questo autore e non riuscire poi più a farne a meno. Dovete, dovete andare a leggere tutte le storie di Abraxas  su EFP, nessuna esclusa. E magari rompetegli un pochino le scatole perché riprenda in mano Aeon!

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La maglietta è troppo corta.
David sbuffa e la tira verso il basso il più possibile, nel tentativo di farla arrivare almeno almeno alla cintura, ma niente. Il cotone sembra prendersi gioco di lui, rifiutando di coprire quelle due dita di pelle che si ostinano a restare scoperte.
Andiamo, stupida cosa! Allungati!
Dà un deciso strattone al bordo, e con un secco snap! le cuciture intorno al collo saltano. Terza maglietta in due giorni.
“Fantastico. Davvero fantastico”, ringhia indispettito mentre si toglie di dosso la magl… l’ex-maglia. L’ondata di calore che accompagna sempre i suoi momenti di nervosismo si fa strada dentro di lui. Risale rapidamente dallo stomaco alla testa, ovatta i rumori, cancella gli odori, cerca di imporsi sulla sua mente. La bestia preme per uscire.
Calma. Inspira-espira.
Trasformarsi in camera non è il massimo…
Calma. Inspira-espira.
E’ solo una t-shirt. Una sciocchezza. Non vale la pena…
Calma. Inspira-espira.
Non adesso.
Non. Adesso.
Il tremore passa rapido come è arrivato. Con un colossale sospiro David si lascia cadere sul letto, e cerca di non fare troppo caso al cigolio di protesta delle molle. Chissà se reggeranno ancora il suo nuovo peso…
Che vita di merda.
Insomma, all’inizio gli era sembrata tutta una gran figata. Trasformarsi in un lupo gigante e far scappare con la coda fra le gambe i Vulturi o quel che erano? Proprio una gran figata.
Poi sono cominciati i problemi, problemi che al momento si concentrano tutti nel non avere una sola maglietta adatta alla sua nuova taglia. Oh, ed anche nell’essere costretto a dover continuamente controllare le sue emozioni. E nel ritrovarsi appioppati turni di guardia nell’orario in cui qualunque persona con un minimo di vita sociale sarebbe fuori casa a spassarsela. E nel non poter nemmeno protestare. E nel…
Ok, non si concentrano per niente da nessuna parte. Restano solo un enorme, schifoso mucchio di problemi.

sabato 7 maggio 2011

Due parole


Attenzione: storia ad alto contenuto glicemico. Astenersi diabetici, cinici ed afflitti da carie dentaria.



-Ti amo, Jake.

Sono entrambi in cucina e non è certo uno di quei momenti da film nei quali uno -Jacob Black, licantropo innamorato e ragazzo padre- si aspetterebbe che la sua compagna -Isabella Swan, umana impedita e ragazza madre- gli facesse una dichiarazione del genere.
Sono varie le ragioni per cui Jacob non è certo di avere capito bene, tra le quali la principale non è che suo figlio stia strillando come un'ossesso rivelando una capacità polmonare degna di un essere leggendario, né che quelle parole siano state a malapena bisbigliate. Ci sente molto bene, Jacob Black, non solo perché ha i sensi ipertrofici di una creatura sovrannaturale ma anche perché, nel tempo, ha sviluppato una sensibilità tutta particolare per il suono della voce di Isabella. Si può dire che abbia vissuto con le orecchie tese da quando lei è entrata nella sua vita.
In quel momento giurerebbe di aver sentito un "Ti amo". Giurerebbe. Resta con il dubbio perché esiste la possibilità, per quanto remota, che abbia capito male: dopotutto è solo da quando la conosce, cioè da sempre, che desidera sentirsi dire da lei proprio quelle parole, ma Bella è molto più brava ad arrossire che a parlare chiaro. Quindi il fatto che abbia detto "Ti amo" resta un evento da catalogare tra quelli improbabili ed è meglio concedersi un margine di errore, tenere in conto la possibilità di un'interferenza, un disturbo nella ricezione.
Ma mettiamo pure che Bella abbia davvero detto "Ti amo", riflette il ragazzo-lupo. Se lui desse segno di avere realmente sentito e capito, lei fuggirebbe come quegli uccellini ai quali dai da mangiare sul balcone: tendi la mano carica di briciole e resti perfettamente immobile, loro si avvicinano terrorizzati ma troppo desiderosi ed affamati per resistere. Se solo muovi un muscolo è finita: esplodono in un frullo d'ali che percuote l'aria e ti fa sussultare e tu resti lì con niente se non le tue briciole in mano.
Così Jake resta immobile, anzi, fa di meglio: fa finta di niente ed aspetta. C'entra anche la paura, in parte.
Fortunatamente Bella il super-udito non ce l'ha, quindi non può sentire il suo enorme cuore di licantropo battere come una grancassa impazzita.

"Ti amo, Jake". Oh, cavolo.
Isabella Swan sembra non sentire per niente le proteste di suo figlio Elias, sempre più arrabbiato. Si lascia cadere contro il lavello e tormenta il grembiule rosa che la fa morire dal ridere quando lo vede addosso a Jake. Si asciuga e poi si riasciuga le mani e poi, già che c'è, si occupa di una pellicina sul dito indice della mano destra che è diventata il problema più grave di tutto l'universo conosciuto.

Non ci crede, non può averlo detto davvero.
Mentre si domanda ansiosamente se Jacob l'abbia sentita oppure no -speriamo di no- si morsica il labbro inferiore in un gesto tanto abituale quanto nervoso che però, questa volta, non vuole significare nessun dubbio: Bella sa perfettamente cosa ha appena detto e che è la cosa più certa della sua vita. Punto.
Se proprio dovesse farsi delle domande, si chiederebbe piuttosto perché l'ha detto proprio in quel momento. Dopotutto, hanno goduto di scenari anche più romantici, lei e Jacob, di momenti più "giusti", anzi quasi perfetti... che lei è riuscita a rovinare, ovviamente.
E poi che fa? Le scappano così, quelle due parole, in un momento assurdo, lasciandola lì a controllare se è sopravvissuta. Mentre lei cerca metaforicamente di capire se è ancora intera e se lui l'ha sentita o no e dove scapperà se per caso lui l'ha sentita, 
Jacob si alza, prende dalla sdraietta il piccolo urlatore e se lo posa su un avambraccio, col pancino sulla grande mano calda. In questo modo i doloretti passano quasi subito. Bella contempla il faccino di suo figlio: è ancora paonazzo per il nervoso ma si sta calmando. Tira il collo e cerca di alzare la testa, curioso, mentre suo padre cammina avanti e indietro, come fa sempre quando vuole calmarlo.

-Caffè, Bells?
-Eh?

Fortunatamente Jacob si è già preso cura del piccolo, perché Bella proprio non ci sta con la testa. Litiga con un perché e nel frattempo viaggia. E' lontana anni luce; solo il suo corpo è rimasto lì mentre la mente si fa un giro inaspettato quanto nitido e reale in un'altra decina di mondi possibili, esattamente nel tempo che le è servito per dire "Eh?".
La cosa interessante è che non riesce a rimanere nemmeno per pochi decimi di secondo e nemmeno per finta in un qualsiasi altro mondo dove non ci siano Jacob, Elias e perfino il lavello pieno di piatti da lavare dove sta appoggiata.
Perché è perfetto così, ecco perché.
Perché, viaggiando su e giù per i mondi ed i futuri possibili, è quella straziante, subitanea, improvvisa voglia di ritornare che le ha fatto sentire che lì c'è tutto quello che le serve. Tutto in un attimo, in un secondo, nella sua cucina. Appoggiata al lavello.
Non importa che il suo uomo sia così bello con quelle braccia forti e nude e un bimbo appollaiato addosso. Non importa se il sorriso di Jake ha preso quella piega particolare e solo sua che le fa venire voglia tanto di saltargli addosso quanto di prenderlo a sberle. Il punto non è quello, le sfugge ancora, ma sa che ha a che fare con il qui e l'ora.
Completa, ecco la parola giusta.
Si sente completa.
Sente che c'è tutto. Che il tempo è solo un'unità di misura e serve solo se devi andare da qualche altra parte a fare qualche altra cosa; se hai già tutto, il presente è più che sufficiente. Se sei già nel posto dove vuoi tornare sempre, non serve neanche misurare le distanze, dire domani andrò, domani farò. No, è tutto qui ed ora. E' questo il luogo giusto nel momento giusto, e Bella una volta tanto è proprio .
Ecco perché proprio ora.
Non sa se accadrà di nuovo, Isabella Swan. O meglio, accadrà senz'altro che riuscirà a dire di nuovo quelle due parole, ma non sa né come né quando. Vorrebbe dirglielo guardandolo negli occhi, come fa lui con lei; Jake lo fa sembrare facile quasi come respirare, Bella invece inciampa con lo sguardo e coi ricordi nelle altre mille parole che ancora non sono riusciti a dirsi, nei segreti da spezzare, nelle paure da sciogliere al sole.
Isabella ricorda che un attimo prima Jacob le ha chiesto qualcosa e si attacca all'unica parola che ha captato mentre viaggiava lontana.
-Mi berrei volentieri un caffè, Jake.
Lui le solleva il mento con la mano libera. Pare che le voglia dare un bacetto dei suoi, quelli veloci che -da quando hanno fatto pace- le schiocca ogni volta che può , così ad ispirazione, solo per dirle "Sono qui". Perciò Bella si stupisce quando Jacob quasi le mangia la bocca e la assaggia con quelle sue meravigliose labbra calde e con la lingua, lasciandole il suo sapore fino in fondo alla gola.
-Anch'io, Bells. Anch'io.


*   *   *




Dedicata a Ysis Donahue che se l'è sorbita alle due di notte convincendomi a pubblicarla
e a Kukiness che me l'ha suggerita (non prendetevela con lei, non ne sapeva niente...)

mercoledì 4 maggio 2011

26. O corpo abbandonato alla musica

Mi svegliai di umore leggero, colma della sensazione di una stagione nuova ricca di germogli e cieli sereni. Accade, talvolta, di aprire gli occhi con l'impressione che sia primavera e questo non ha niente a che vedere con il calendario. Era come nel mese di aprile con le prime fioriture, quando il sonno è dolce e la speranza sembra ignorare che prima o poi tornerà l'inverno.
Da quanto tempo non dormivo così bene?
Elias mi aveva regalato quasi due ore di sonno, poi lo avevo allattato silenziosamente al buio e mi ero riaddormentata. Quando reclamò la colazione, più o meno tre ore dopo, il sole cominciava a filtrare dalle tapparelle e un delizioso profumo di pancetta rosolata mi solleticava le narici.
-Buongiorno, piccola.
-Buongiorno? Fai paura. Mi sono spaventata!
Ridevo, ridevo come non facevo da mesi. Jacob indossava ancora i pantaloni della mia tuta e, sopra, il solito grembiule rosa. Brandiva un cucchiaio di legno e una padella dove sfrigolavano delle fette sottili di bacon, già belle e rosolate. Mi stese col sorriso più abbagliante dell' universo.
-Non sono di tuo gusto?
-Chi, tu o le uova con il bacon?
Ci provai.
Mi avvicinai, mi sollevai in punta di piedi.
Non scappò, non si ritrasse, non mi respinse. Anzi, avvicinò il viso al mio senza posare la padella né il cucchiaio di legno.
Non posso dire che si lasciò baciare, perché mi baciò anche lui. Un bacio dolce, a fior di labbra, di una tenerezza che, da lui, non ricordavo di avere mai ricevuto. Non ne avevamo avuto il tempo.
Sorrideva con la bocca, gli occhi socchiusi, le ciglia folte a intenerire lo sguardo. Sorrideva col corpo, rilassato e flessuoso e forte come un giovane albero.
Io non riuscii a rispondere al suo sorriso; come non avessi saputo che il pudore era inutile -come se Jake non mi conoscesse quanto le sue tasche- serrai le labbra a trattenere l'euforia che si trasformava in voglia di piangere.
Un paio d'ore dopo, Emily ed io passeggiavamo a First Beach con i nostri figli addosso.
Emily aveva già saputo da Sam che Jacob era tornato; mi raccontò che Jake si trovava a La Push già da un paio di giorni. Doveva avere trascorso almeno una notte intera nascosto tra gli alberi di fronte a casa mia senza che io mi accorgessi di nulla; probabilmente se non gli fossi corsa incontro, la notte prima, avrebbe aspettato ancora prima di mostrarsi. Seppi che Sam lo aveva intercettato a nord, quasi al confine col Canada, mentre correva verso casa. Si erano incontrati ed avevano parlato a lungo ma nemmeno Emily sapeva cosa si erano detti. Ne era curiosa ed ignara quanto me.
Non sapevo niente dell'assenza di Jacob; rientrava in quella parte delle nostre vite che, se le cose fra noi avessero cominciato a funzionare, prima o poi avremmo dovuto condividere. Ma mi costava un'enorme fatica pormi domande in un momento così sereno e pieno di speranza; la mia mente, come una falena attirata dalla luce, non riusciva a staccarsi dal ricordo della sua apparizione e di quei baci sotto la pioggia, dal risveglio del mattino quando l'avevo trovato ancora lì, dal bacio col quale mi aveva promesso che sarebbe tornato presto. Certo, sarebbe stato necessario parlare ed ascoltare e chiarire ogni cosa rimasta oscura tra di noi. Prima o poi me ne sarei occupata, quando mi fossi sentita pronta.
Prima o poi.
-Dimmi la verità, Bella. Avete...?
-Abbiamo cosa? Ehi, ma che domande mi fai?

venerdì 29 aprile 2011

25. Voci - Parte II

-Quando è mutata la pelle non possiamo rientrarci di nuovo. E' la Legge- disse Kaa.
-Ascoltami, mio prediletto- disse Baloo -Qui non c'è né parola né volontà che possa trattenerti.
Chi può chieder conto al Signore della Giungla? Chi può chiedere conto all'Uomo di quel che fa?-

-Tutti i debiti sono pagati, adesso. In quanto al resto, la mia parola è quella di Baloo.
Ricordati che Bagheera ti ha amato- esclamò e balzò via.
Ai piedi della collina gridò ancora forte e a lungo.
-Buona caccia sulla nuova traccia, Signore della Giungla.
Ricordati che Bagheera ti ha voluto bene.-

Rudyard Kipling, "Il Secondo Libro della Jungla"
La Corsa di Primavera



"Sei tornato". 
Mentre i battiti del cuore rallentano come la marea che rifluisce, la mia consapevolezza risorge dalla morbida oscurità del desiderio placato; nel buio mi abbraccia senza rispondermi, ed io comprendo tutto.
Apro gli occhi sul volto bellissimo che ero certa di non rivedere mai più e lo scopro smarrito e spento, come se il tempo fosse passato invano; come se l'amore che provo non fosse niente e ciò che abbiamo sofferto entrambi fosse solo acqua che scorre. 
Non posso permetterlo, perché l'unico senso che avevo trovato per ogni cosa era la sua felicità.
Preferirei vederlo sprezzante, subire la sua faccia da schiaffi, la sua indifferenza o la sua rabbia, piuttosto che averlo tra le braccia come ora e fare i conti col dolore che annebbia i suoi occhi: un gigante con i piedi d'argilla, una roccia frantumata da un terremoto, una fiera intossicata da un boccone avvelenato. Non è questo il ragazzo luminoso

giovedì 28 aprile 2011

Mani

Una giornata dura, lunghissima, da dimenticare. Una giornata finita, quasi svanita sotto la doccia calda che ha lavato via polvere e sudore ma non potrà mai cancellare certe impronte, certi segni, certe cicatrici che bruciano come veleno. La carezza calda dell'acqua scende sulla schiena e scioglie i muscoli. Se esistesse qualcosa di simile per il dolore. Per la disperazione.
Starei qui per sempre, ma sempre è un tempo troppo lungo, un vuoto enorme che fa paura perfino quando guardo l'orologio e mi accorgo che sono sotto l'acqua solo da quindici minuti. Va bene, usciamo.
Avvolta nel grande asciugamano di spugna, mi pettino districando i capelli a fatica. Perché non riesco a separare la vista di me dagli occhi di lui? Perché penso che lo specchio sia vuoto, se non sono gli occhi di lui a guardarmi? L'assenza me lo riporta ad ondate, me lo fa sentire ancora più fortemente. Spengo la luce, come se il buio potesse in qualche modo confortarmi.
Mi butto sul letto, l'asciugamano si scioglie, come i capelli umidi sparsi sulle coperte. Una volta avrei ucciso chi mi avesse inumidito il letto, ma il dolore degli ultimi tempi ha alzato la mia soglia di sopportazione, assurdamente. In tutto. Sono stata fatta a pezzi, a mente fredda e senza anestesia, il resto non mi fa più nulla.

domenica 24 aprile 2011

24. Voci

-Non riesce a svegliarsi?
-A quanto pare preferisce dormire ma va tutto bene, è una reazione allo shock. Probabilmente era anche molto stanca, quindi il suo corpo ne sta approfittando. Appena riprende conoscenza datele una di queste, poi una ogni dodici ore per otto giorni.
-E il bambino? Bella sta allattando.
-A questi dosaggi, non c'è nessun problema.
Le voci. Una voce di donna, poi mio padre, poi una voce musicale e nitida come le campane del mattino.
Qualcosa di freddo sul polso, sulla fronte.
Non mi era sconosciuto, era qualcosa che era già accaduto, ma una nebbia pesante e grigia avvolgeva la mia memoria.
Ero così stanca, così stanca.
Giacevo sul fondo di un lago grigio, e l'acqua era pesante e non potevo riemergere. Ma era così... calmo, e tranquillo. Potevo dormire.
Non muoverti.

martedì 19 aprile 2011

23. Extra: Jacob

Sono un coglione.
Saranno due ore che sto qui seduto con la testa tra le mani a rifletterci su e non c'è un cazzo da fare, sempre lì arriviamo.
Sono un coglione.
Un coglione su tutti i fronti. Come si dice? Un coglione multitask, che fa più figo. Un coglione a tante facce: poliedrico. Uh, come sono colto. Lato A, sono un coglione. Lato B, coglione di nuovo. Clap clap clap, applauso. Il poli-coglione.
L'ho portata da Sam e il Dottor Canino l'ha ricucita per bene: un ricamino da venti punti sulla schiena.
Ho ancora le mani rosse. Il suo sangue.

giovedì 14 aprile 2011

22. Acqua, Vento e Fuoco

Bella,
questi sono i documenti per il divorzio. Non devi preoccuparti di nient'altro, ha pensato a tutto Scott. Basta che tu firmi dove lui ha indicato e mi restituisca una delle due copie, anche per posta.
Non saremmo mai dovuti arrivare a questo. Sono profondamente addolorato per quanto è accaduto e me ne sento responsabile in egual misura con te, e forse di più. Perché sono andato molto vicino a capire, ma non ho mai voluto vedere.
Ho sempre desiderato solo la tua felicità, e non riesco a perdonarmi di essermi tanto sbagliato. E no, non è colpa tua, Bella. Sono stato io a chiedere troppo alla sorte, a non rassegnarmi al destino di quelli della mia specie.
Al di là del contenuto di questi moduli, della legge dello stato di Washington e di qualsiasi legge umana, io ho fatto un giuramento eterno ed intendo rispettarlo. Ti amerò e ti onorerò con tutto me stesso, per la gioia che mi hai dato nel tempo che abbiamo passato insieme, con tutto il mio cuore, finché resterò in vita.
Se è vero, come tu hai sempre creduto, che ho un'anima immortale, continuerò ad amarti anche dopo.
Tuo per sempre
Edward

Il biglietto, scritto a mano, era stato allegato ai moduli sui quali spiccava in più punti la firma elegante del mio ex marito; lo avevo letto col cuore che batteva forte, appena aperta la grossa busta che Jacob mi aveva portato.
Non ero troppo stupita; era plausibile che il suo amore per me avrebbe superato il dolore, la rabbia, la voglia di vendetta.
Edward non era un angelo, anche se io per molto tempo avevo avuto la tendenza a vederlo perfetto; sapevo che era in grado di odiare e di uccidere, e lo aveva fatto.

lunedì 4 aprile 2011

21. Unspoken

Aggiungi didascalia

Una dolce mattina di sole della prima settimana di giugno, Emily avvertì qualche dolore al basso ventre e Sam la accompagnò all'ospedale di Forks per un controllo. Circa un'ora e mezza dopo, la piccola Kiowa lanciava il suo primo urlo di trionfo, e sua madre, stringendola al seno per la prima poppata, la ammirava, stupita di quanto fosse stato rapido ed indolore il suo arrivo.
Posso dire senza essere tacciata di scarsa obiettività che Kiowa non era bella come Elias, che essendo nato con parto cesareo non aveva subito lo stress delle contrazioni e del passaggio dalla via più classica. Kay era rossa, rugosa e senza capelli, praticamente un grazioso scimmiotto, come la maggioranza dei neonati. Questo ovviamente non significava nulla, i bambini cambiano moltissimo nelle prime settimane dopo il parto; quello che è certo, è che aveva i bellissimi occhi di sua madre.
Mi sorpresi a fantasticare su un possibile futuro suo e di Elias. Visto che non avevo alcuna intenzione di andarmene da La Push, a meno che qualcuno non mi avesse cacciata, molto probabilmente i due sarebbero cresciuti insieme. Avrebbero giocato, corso sulla spiaggia, frequentato, perché no, la scuola della riserva insieme. E poi, chissà...
Mi riscossi dai miei sogni ad occhi aperti, perché Emily mi chiamava. Avevo lasciato Elias a Jacob

martedì 29 marzo 2011

Il mio Capitolo del Cuore?


Ho creato questa pagina su Facebook, perché ho voglia di leggere le creature più amate dai miei amici scrittori. Per quanto riguarda me, invece, non so scegliere. Visto che devo essere la prima a rispettare le mie regole, posso dare solo una preferenza, e sono in grave impasse: non so decidermi tra Time Out e il capitolo 20 di Rising Sun, "Ritornare".
Due inviti. Il primo, se siete autori andate a linkare il vostro capolavoro. Il secondo, rispondete al sondaggio e aiutatemi a scegliere. Lo so che dovrei scegliere io, ma giuro che sono nella cacca! Time Out la amo particolarmente, è la mamma di tutte le mie storie; è nata prima questa di Rising Sun. L'altra, come dice qualcuno di mia conoscenza, mi fa consumare più fazzoletti, soprattutto nelle ultime righe dedicate a Jacob.
Che faccio? Chi butto giù dalla torre?
Per chi odia leggere su sfondo nero, metto i link su EFP:
"Time Out" e "Ritornare".
Grazie, anime generose.

venerdì 25 marzo 2011

20. Ritornare

Dalla vetrata sul fronte della grande casa nella foresta, Edward Cullen guarda la notte.
Niente omaggi, niente doni particolari a quella che sarà solo una notte come tante, una lenta processione di ore senza sole. Non sarà diversa da migliaia di altre che ha vissuto -se non per l'intensità del dolore- e da infinite altre notti della Penisola Olimpica; non c'è la luna, l'oscurità sarebbe quasi totale se non fosse per la nebulosità luminosa che si alza in direzione di Forks. Per i suoi occhi, quella poca luce è sufficiente a distinguere i dettagli degli alberi e degli arbusti, e ad individuare le piccole vite che corrono a nascondersi nelle tane sapendosi sotto gli occhi dorati del predatore.
Edward Cullen, cuore morto e ora anche spezzato.
Edward Cullen, vampiro centenario, che ha perso la giovanissima moglie

venerdì 11 marzo 2011

19 Sole, Luna e Stelle


Ho! Ye Sun, Moon, Stars, all ye that move in the heavens,
I bid you hear me!
Into your midst has come a new life;
Consent ye, I implore!
Make its path smooth, that it may reach the brow of the first hill!
Ho! Ye Winds, Clouds, Rain, Mist, all ye that move in the air,
I bid you hear me!
Into your midst has come a new life;
Consent ye, I implore!
Make its path smooth, that it may reach the brow of the second hill!
Ho! Ye Hills, Valleys, Rivers, Lakes, Trees, Grasses, all ye of the earth,
I bid you hear me!
Into your midst has come a new life;
Consent ye, I implore!
Make its path smooth, that it may reach the brow of the third hill!
Ho! Ye Birds, great and small, that fly in the air;
Ho! Ye Animals, great and small, that dwell in the forests;
Ho! Ye Insects that creep among the grasses and burrow in the ground,
I bid you hear me!
Into your midst has come a new life;
Consent ye, I implore!
Make its path smooth, that it may reach the brow of the fourth hill!
Ho! All ye of the heavens, all ye of the air, all ye of the earth,
I bid you hear me!
Into your midst has come a new life;
Consent ye, consent ye all, I implore!
Make its path smooth — then shall it travel beyond the four hills!
Canti dei Nativi Americani - Benedizione per la nascita*

-Ciao, Bells.
Andai in pezzi.
Esplosi dentro, e seppi per certo che il cristallo aveva finito di rompersi. Che la crepa aveva finito il suo percorso.
L'ultima vibrazione aveva definitivamente scomposto i frammenti, e adesso dentro di me qualcosa brillava in mille arcobaleni incandescenti.
Non ero preparata, tuttavia, ad una simile ondata di dolore.
Mi chiesi se la gioia poteva fare così male, e quale fosse la radice di ciò che provavo, ma non fui in grado di darmi una risposta.
Lui non si mosse, delicato ed attento, per non svegliare il piccolo.
Aveva parlato sommessamente, con la voce roca e calda che conoscevo.
La voce che, nonostante non la udissi da mesi, si rivelò essere così fortemente parte di me da risuonare antica e conosciuta, e allo stesso tempo completamente nuova, come una parola magica di guarigione. Come un Thalitha Kum, fanciulla alzati, un richiamo appreso in qualche era lontana da una me bambina, forse, in una chiesa alla periferia di Phoenix.
Fanciulla, risorgi.
Ciao, Bells.
Sentii la sua presenza in modo violento e la sua pelle toccare la mia nonostante la distanza, fino a bruciarla.
Mi imposi di ignorare le schegge di vetro spezzato che mi tormentavano. Volevo calmarmi e rispondergli.
Ciao, Bells.

martedì 8 marzo 2011

18 Bagliori

Rimasi a casa dei Black per poco più di tre settimane, giusto il tempo che ci volle per rimettermi in piedi e trovarmi una sistemazione alternativa.
Fin dalla mattina del mio primo risveglio in quella casa, quando avevo aperto gli occhi nel letto di Jacob, avevo capito che non avrei potuto né voluto rimanere lì.
Ovviamente Billy -perdutamente innamorato di suo nipote, più che della mia presenza- mi aveva offerto di restare. Ed in effetti sembrava reggere l'assenza di Jake meglio di quel che ci si poteva aspettare, forse meglio di chiunque altro, per quanto potesse sembrare assurdo.
Mi appariva misteriosamente tranquillo sulla sua sorte, come se fosse certo che qualcosa di magico o sovrannaturale stesse vegliando su Jacob, o come se sapesse che, in caso di necessità, avrebbe saputo per istinto quello che stava accadendo. Mi disse che Jake aveva chiamato a casa, una volta, nel periodo di Natale. Una telefonata brevissima, nemmeno un minuto forse, in cui aveva detto solo le cose essenziali: che stava bene e che voleva bene a suo padre. Apparentemente, questo era bastato a Billy per conservare la serenità e l'incrollabile fiducia che aveva nella capacità di Jake di badare a se stesso.

In tutte quelle tre settimane, Billy non mi aveva mai rinfacciato una sola volta, non apertamente almeno, di essere la causa del dolore e della fuga di suo figlio.

lunedì 14 febbraio 2011

17 In quattro atti, o attimi


Prologo


Venivano proprio da lei e, appena la distanza le permise di notare i particolari, Didi realizzò che tutti, per quel che poteva vedere, portavano sul braccio destro lo stesso disegno complesso che spiccava sul braccio di Jacob. La testa di lupo.
Lo sguardo le cadde sul tavolo dove, una manciata di ore prima, credeva di avere organizzato la sua vita con poche tracce nere su un foglio bianco. Raccolse il foglio e lo fece a pezzi, assieme ai suoi sogni, mentre i passi dei tre visitatori risuonavano ormai sul tavolato del patio di casa sua, davanti alla porta.
Giusto un brevissimo attimo prima che i tre ragazzi suonassero alla porta, un rumore alle sue spalle avvertì Didi che Jacob si era alzato e stava scendendo gli scalini, gli occhi già oltre lei, alla porta, a quelli che stavano arrivando.
Entrarono, si videro, si ritrovarono subito. I due ragazzi  si aggrapparono alle braccia di Jacob, la ragazza al suo collo, e rimasero fermi e senza parlare fino a quando Jacob si voltò verso Diane silenziosa, in disparte, timorosa di rovinare quell'attimo.
-Didi, questa è Leah. Loro sono Seth e Embry. I miei fratelli.

lunedì 7 febbraio 2011

Che cosa si sono detti Edward e Jacob?


E  poco oltre lo vide. Era completamente nudo, accasciato a terra, sporco di fango e foglie, i capelli bagnati incollati alle guance.-Jake!L'urlo le esplose in gola assieme all'orrore della visione, lasciandola senza fiato. Corse lasciando a terra il fucile, cadde, si rialzò e in pochi passi lo raggiunse, morendo dentro per la paura e il dolore. Fu come rinascere quando si accorse che era vivo, e che respirava, e che non era ferito. Non gravemente, almeno. Qualche contusione, un po' di sangue raggrumato sul viso.Si sentì di nuovo morire quando vide i suoi occhi. Erano rossi, e gonfi, come dopo ore di pianto, e piangeva ancora.
Cosa è successo tra loro?
;-)