I think I'm drowning
asphyxiating
I wanna break the spell
that you've created
you're something beautiful
a contradiction
I wanna play the game
I want the friction
you will be
the death of me
yeah, you will be
the death of me
bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it
our time is running out
and our time is running out
you can't push it underground
we can't stop it screaming out
-Bella? Gesù, sembra un secolo! Che bello rivederti!
-Vedermi? Qui dietro? Va bene che la tua vista...
Gridavamo entrambi per sovrastare, per quanto possibile, la chitarra di Matthew Bellamy sparata a tutto volume dalle casse poco distanti da noi. -Sshh, zitta- ammiccò Seth.- Molla, dai tutto a me.
Il mio amico, tirato a lucido per l'occasione, mi era corso incontro sfoderando un sorriso ancora più largo e contagioso del solito e mi aveva prontamente liberata dalle tre enormi scatole di dolcetti marshmallow* dietro alle quali arrancavo, sporgendo di tanto in tanto la testa di lato per vedere dove mettevo i piedi.
Mi guardavo attorno e di nuovo mi sembrava tutto incredibile: per la seconda volta nel giro di poche settimane avevo la sensazione di aver fatto un salto indietro nel tempo atterrando direttamente in un sogno. Niente vampiri né licantropi né magie di alcun genere e nemmeno lattanti da accudire, quella sera: solo ragazzi e ragazze più o meno della mia età -i visi conosciuti dei miei amici della riserva ed altri del tutto nuovi- che formavano capannelli attorno al cibo, alla consolle del DJ e alla pista da ballo, improvvisata con un paio di pedane di legno proprio al centro del giardino.
Era già il tramonto e, in aggiunta alle luci da esterno che si avviavano automaticamente tra le piante, Kim e Jared, armati di candele, accendevano torce e lanterne colorate piazzate in punti strategici o appese agli alberi. Mentre il tardo pomeriggio diventava sera le luci palpitanti dei fuochi creavano l'atmosfera giusta: quella di una notte di festa di mezza estate che prometteva di diventare indimenticabile per coloro che vi avrebbero partecipato.
L'estate era arrivata davvero, anche nella penisola Olimpica.
La madre di Kim, Leila, ci aveva messo a disposizione il suo giardino che, rispetto alla solita First Beach, aveva l'innegabile vantaggio di essere dotato di un ampio portico. In altre parole in caso di pioggia -una certezza più che un caso- invece di scappare tutti a casa avremmo potuto ritirarci sotto al portico e proseguire la serata all'asciutto.
Molti avrebbero riso sentendoci chiamare "estate" la nostra stagione inesorabilmente piovosa, carica di nuvoloni oceanici, giacche impermeabili ed ombrelli; di certo avrebbero storto la bocca di fronte a quei giorni pallidi le mie abbronzatissime amiche di Phoenix e mia madre, che si svegliava ogni mattina di fronte a un paesaggio che poteva stare tranquillamente nei dépliant di un tour operator.
Eppure per noi -perlomeno per me- c'era una differenza tangibile; la prima ad essere diversa ero io, che godevo delle giornate più lunghe e del clima più tiepido come una pianta di serra trasferita alla luce del sole.
Difficilmente pioveva al mattino e dalla mia finestra ormai scorgevo molto presto il mare brillare intensamente. Tutto mi sembrava più luminoso e caldo anche se forse, a pensarci bene, non erano esattamente o non solo i fenomeni astronomici e meteorologici a farmi sentire così.
Lanciai un'occhiata all'ingresso del giardino: Jake ancora non si vedeva. Sapevo che mi avrebbe raggiunta presto ma non riuscivo a smettere di voltarmi verso il cancello ad intervalli quasi regolari, torcendomi le mani, ogni volta che la mia attenzione, sconfitta, si staccava inesorabilmente da qualunque cosa non fosse lui.
Sembra eterno ma non è così lungo il tempo in cui ci ha lasciate deserte, me e le stanze di questa casa.
E' dappertutto. E' in ogni angolo in ombra, in ogni rumore, negli abiti che mi accarezzano il corpo, nel cibo caldo, nell'acqua fresca che corre giù per la gola. E' una preghiera, un bisogno, un grido d'amore; è nella fame e nella sete.
"Bella? Sei in casa, Bells?"
Ancora una volta è tornato.
Gli apro le braccia, mi apre le braccia e troviamo spazio l'uno nell'altro come l'acqua che scorre fluida nelle fessure della roccia.
Era veramente poco dignitoso ma non riuscivo a farne a meno. Non serviva a niente ricordarmi che mi stavo divertendo, che dovevo approfittare di ogni minuto di quella bella serata, che prima o poi lui sarebbe arrivato anche senza che io mi tormentassi: i miei occhi tornavano da soli a cercarlo senza che ci potessi fare molto. Sospirai e lasciai che Seth mi trascinasse verso un gruppo di tizi che non conoscevo, cercando di pensare ad altro.
Lontani e vicini, lontani e vicini come le onde e la spiaggia, come la luna e la marea; il sollievo lascia nuovamente il posto all'angoscia. Le parole non dette, le verità nascoste premono tra di noi e ci separano accendendo di nuovo la voglia di ritornare, alimentando il bisogno. E' la fame e la sete, di nuovo, ed è così forte che si potrebbe impazzire.
Ora tra le rocce scorre la lava fusa e il calore è torrido. Moriamo e diventiamo cenere, poi risorgiamo e la tortura ricomincia.
Certo, come no. Pensare ad altro.
-Bella? Tutto bene? Dicevo, loro sono Jennifer, Chris, Todd e Diane. Ragazzi, lei è Bella Swan... tra le altre cose, la figlia del capo Swan, fate attenzione!
-Ehm, Bella e basta. Seth deve sempre fare lo scemo...
Se ne sono accorti?
Fortunatamente ero riuscita a rispondere in modo sensato. Nonostante non fossi lì. Loro parlavano, Seth mi parlava e io ero sotto il corpo pesante e caldo di Jacob. Lo sentivo ancora.
spinge per entrare in me e la mia carne si apre e lo accoglie e si tende attorno a lui ma non basta ancora, ancora di più e poi la sua forza e le spinte e le mie mani sui suoi fianchi e ancora e sempre più in fondo e perdere la testa e
Mi sembrò impossibile che non fosse chiaro a tutti quello che mi stava accadendo in quel preciso momento. Mi sentii nuda ed esposta, indifesa come se avessi avuto solo le mani per coprirmi, come se un display acceso sulla mia fronte avesse mostrato a tutti quello che era successo poche ore prima e che stavo rivivendo, mio malgrado, senza riuscire a fermare la memoria del mio corpo. Sentivo di nuovo tutto, come mi fosse stato impresso addosso col fuoco. Certamente ero diventata rossa in viso, e Seth mi guardava in un modo strano, tra lo stupito e l'affascinato. Le sue pupille dilatate e profonde erano spietate.
Già, avevo dimenticato i sensi da lupo.
Fui certa che avesse capito cosa mi era successo e mi sentii i suoi occhi addosso mentre mi allontanavo con una scusa, imbarazzata, desiderando di scomparire.
I wanted freedom
but I'm restricted
I tried to give you up
but I'm addicted
now that you know I'm trapped
sense of elation
you'll never dream of breaking this fixation
you will squeeze the life out of me
Sentivo di dover nascondere a tutti, persino ad Emily, la verità dello stato in cui mi trovavo e cosa mi accadeva ogni giorno: semplicemente non vivevo più se non all'ombra o nella luce di Jacob. Perfino occupandomi di Elias non lo lasciavo mai, né col pensiero né col corpo, e non faceva alcuna differenza che lui fosse fisicamente presente oppure no.
C'era sempre perché lo ricreavo per me in continuazione; era la mia droga e ne ero diventata dipendente in un modo molto più grave di quanto non mi fosse mai capitato nella vita. Purtroppo sapevo di cosa stavo parlando, perché avevo provato qualcosa di simile per Edward: non ero nuova all'ossessione, alla febbre, ma ciò che avevo conosciuto al tempo dell'innamoramento per il mio ex marito non era niente a confronto di ciò che mi divorava adesso. Qualcosa che non avrei mai saputo prevedere, qualcosa che credevo non mi appartenesse, allo stesso modo in cui non mi era appartenuto, ragazzina, il desiderio della maternità. Qualcosa che ora, in questa nuova Bella, esisteva e mi atterriva; non coinvolgeva solo la mente e le fantasie romantiche che mi ero costruita prendendo spunto da eroine di carta, ma prendeva tutto il mio essere, corpo e mente e cuore lasciandomi senza tregua e senza fiato.
Ero incatenata in una prigione di paura che avevo creato io stessa rifiutandomi di rassicurare Jacob sul mio amore; avevo condannato entrambi, col mio silenzio, a restare nel terrore di perderci di nuovo. Così la paura si trasformava in un bisogno lancinante ed il bisogno in desiderio. La paura di perdermi spingeva allo stesso modo Jacob verso di me.
bury it I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it
our time is running out
and our time is running out
you can't push it underground
we can't stop it screaming out
how did it come to this
you will suck the life out of me
Ero oggetto di una fame uguale e contraria e a differenza di quanto era accaduto con Edward, Jacob non temeva di uccidermi, perciò non mi allontanava né mi frenava. Anzi, mi cercava e mi prendeva quando voleva, accettando l'offerta del mio corpo al posto del "Ti amo" che non riuscivo a dire guardandolo negli occhi.
Dopo quella notte era venuto da me mille e mille volte e non solo di notte ma anche di giorno, in ogni momento in cui era libero. Credo non dormisse più e quando veniva da me non era possibile restare lontani. Mai.
Facevamo l'amore ogni volta, sempre in silenzio. Tacevamo e colmavamo la distanza tra noi prendendoci come due affamati, esagerando, eccedendo fino a quando faceva perfino male, in un abbandono molto simile all'ubriachezza. Sentirlo dentro era l'unica cosa che placava la mia angoscia ed entrare in me pareva avere per lui lo stesso significato; lo faceva lentamente ma deciso e consapevole, ritraendosi e tornando a riempirmi di nuovo e sempre più a fondo, come a ripetere l'alternarsi dell'angoscia e del momentaneo sollievo in cui si era trasformata la nostra storia. Mi guardava dritto negli occhi, così intensamente che dovevo distogliere il viso e il bisogno che leggevo nelle sue iridi scure diventava mio e mi divorava, alimentando il rogo dove eravamo condannati a bruciare insieme.
Poi crollavo tra le sue braccia cercando di non pensare, di non farmi domande e di non dargli modo di farmene. Stordita di piacere e stanchezza, volevo con tutta me stessa vederlo stordito ed inerme quanto me, ma non sempre era possibile.
Mi sforzavo di non avere paura del modo in cui talvolta giocava col mio piacere come se gli appartenesse da sempre e avesse potuto farne quello che voleva. Odiavo quando faceva così, eppure non riuscivo a tirarmi indietro, quando vestiva la pelle di un amante esperto e malizioso. Che non poteva di sicuro avere imparato tutto da me.
Così mi abbandonavo e poi volevo dimenticare; lo divoravo e poi mi lasciavo andare al sonno stringendolo perché non potesse fuggire di nuovo, come se avesse potuto approfittare del mio sonno per lasciarmi.
Non mangiavo più. Dimagrivo ed Emily mi prendeva in giro per questo, insinuando che vivessi d'aria e d'amore; nonostante i segni del parto e l'allattamento perdevo peso come se qualcosa mi consumasse da dentro e, a parte il seno, ero quasi tornata alla taglia che portavo prima di avere mio figlio. Emily rideva e io avrei voluto piangere, ma mi vergognavo troppo per spezzare il segreto.
Non so da dove mi venisse la certezza che continuando così ci saremmo distrutti.
bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it
our time is running out
and our time is running out
you can't push it underground
we can't stop it screaming out
how did it come to this
Non sognavo solo cose nuove, immagini non sempre chiare; spesso ero visitata da vecchi sogni che credevo ormai sepolti, irraggiungibili dalla memoria. Tutti erano sogni ricorrenti, tanto che ogni volta che posavo la testa sul cuscino e chiudevo gli occhi mi chiedevo quale sarebbe venuto da me e alla fine non avevo quasi più paura.
In uno di questi sogni Emily ed io, per mano davanti alla foresta, aspettavamo il ritorno dei nostri lupi; una visione che mi aveva visitata la prima volta molto tempo prima, la notte successiva a quella in cui avevo indovinato il segreto della doppia natura di Jacob. Era il sogno che mi spaventava di meno, anche se non capivo perché fosse riemerso proprio ora dal passato. Mi inteneriva. Mi piaceva pensare che fosse stato già a quell'epoca un sogno profetico, venuto a mostrarmi come sarebbe finita tra me e Jacob.
In un altro sogno facevo l'amore con Jake, ma una forza invincibile mi costringeva a sdoppiarmi ed era come se, assurdamente, guardassi la scena dall'esterno. Come se vedessi noi due attraverso un vetro che mi impediva di ricongiungermi al mio corpo. Altrettanto assurdamente in questo sogno i miei capelli erano biondi, e una luce pulsante accompagnava come il palpito di un cuore i movimenti dei due amanti.
Infine c'erano gli uomini incappucciati. Ormai li conoscevo e sapevo di averli anche incontrati di persona; nonostante questo, o forse proprio per questo, era il sogno che più temevo. Mi lasciava coperta di sudore gelido, fredda e bagnata e tremante. Non erano davvero uomini, erano quelli con i quali mi ero impegnata a diventare come loro o a morire. Venivano e non potevo vedere nulla dei loro volti se non la luce rossastra che filtrava dai cappucci alzati; venivano, mi circondavano ed io mi preparavo a morire per difendere mio figlio. Spesso a questo punto della notte urlavo e Jacob, terrorizzato dalla mia sofferenza evidente, cercava di calmarmi cullandomi fino a quando mi riaddormentavo.
Ma dove diavolo si era cacciato? Perché non arrivava?
Seth mi raggiunse di nuovo con due bicchieri in mano, Coca Bacardi probabilmente. Proprio mentre, dopo aver brindato a non so più cosa, sentivo il sollievo del liquido ghiacciato sulle labbra ed in gola, una risata che conoscevo bene mi fece voltare di scatto; giusto in tempo per farmi incenerire da due occhi selvatici e neri come la notte.
Jacob che si libera da un gruppo di ragazzi e ragazze con cui sta ridendo, Jacob con le belle braccia nude, il segno del lupo e le lunghe gambe nei calzoni neri, Jacob che per me ha un faro sopra la testa, perché non vedo più nient'altro che lui. Jacob che allunga una mano a prendere la mia tesa verso di lui e, dopo essersi guardato attorno e aver verificato che tutti ci stanno guardando, mi bacia sulla bocca. Non è mai successo prima.
Di nuovo il bisogno è placato.
Aspetto che ritorni l'angoscia.
NdA
*I dolcetti che Bella ha portato alla festa si preparano facendo sciogliere in un pentolino con poca acqua della caramelle marshhmallow e mescolandole poi a del riso soffiato. Si prende il composto a cucchiaiate e lo si fa raffreddare su un foglio di carta da forno. Si mangiano quando sono ben solidificati, nel caso si possono passare per qualche minuto nel forno bassissimo. Veloce e molto buono! Perdonate se devo dividere in due parti ma in questo capitolo succedevano troppe cose. Un bacio e a lunedì prossimo.
** La canzone che spaccava le casse quando Bella è arrivata alla festa è "Time is running out". Guardate il testo, è perfetta
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