Disclaimer

In questo blog pubblico le storie che ho scritto io ispirandomi ai libri della saga di Twilight di Stephenie Meyer. Quindi tutti i personaggi sono di zia Steph, che ringrazio per avermi fatta sognare come se avessi ancora quindici anni. Ogni tanto prendo anche dagli omonimi film della Summit Entertainment, secondo quello che mi serve ai fini della storia. Idem per certe battute dei protagonisti. Se le trovate uguali, è ovvio che le ho prese dai libri o dal film! Quindi tutti i diritti spettano ai legittimi proprietari del copyright. Le storie invece sono mie, ma potete riprodurle se citate la fonte, che deve essere questo blog oppure il sito EFP dove le pubblico con il nickname jakefan. Fatevi un giro su EFP, è davvero simpatico.

lunedì 14 febbraio 2011

17 In quattro atti, o attimi


Prologo


Venivano proprio da lei e, appena la distanza le permise di notare i particolari, Didi realizzò che tutti, per quel che poteva vedere, portavano sul braccio destro lo stesso disegno complesso che spiccava sul braccio di Jacob. La testa di lupo.
Lo sguardo le cadde sul tavolo dove, una manciata di ore prima, credeva di avere organizzato la sua vita con poche tracce nere su un foglio bianco. Raccolse il foglio e lo fece a pezzi, assieme ai suoi sogni, mentre i passi dei tre visitatori risuonavano ormai sul tavolato del patio di casa sua, davanti alla porta.
Giusto un brevissimo attimo prima che i tre ragazzi suonassero alla porta, un rumore alle sue spalle avvertì Didi che Jacob si era alzato e stava scendendo gli scalini, gli occhi già oltre lei, alla porta, a quelli che stavano arrivando.
Entrarono, si videro, si ritrovarono subito. I due ragazzi  si aggrapparono alle braccia di Jacob, la ragazza al suo collo, e rimasero fermi e senza parlare fino a quando Jacob si voltò verso Diane silenziosa, in disparte, timorosa di rovinare quell'attimo.
-Didi, questa è Leah. Loro sono Seth e Embry. I miei fratelli.

lunedì 7 febbraio 2011

Che cosa si sono detti Edward e Jacob?


E  poco oltre lo vide. Era completamente nudo, accasciato a terra, sporco di fango e foglie, i capelli bagnati incollati alle guance.-Jake!L'urlo le esplose in gola assieme all'orrore della visione, lasciandola senza fiato. Corse lasciando a terra il fucile, cadde, si rialzò e in pochi passi lo raggiunse, morendo dentro per la paura e il dolore. Fu come rinascere quando si accorse che era vivo, e che respirava, e che non era ferito. Non gravemente, almeno. Qualche contusione, un po' di sangue raggrumato sul viso.Si sentì di nuovo morire quando vide i suoi occhi. Erano rossi, e gonfi, come dopo ore di pianto, e piangeva ancora.
Cosa è successo tra loro?
;-)

16 Pezzi di carta

Didi non era esattamente un genio della matematica, ma i conti che stava facendo parlavano chiaro: negli ultimi sei mesi le cose erano andate meglio, anzi decisamente bene.
Due braccia in più si sentivano. Due braccia forti e due mani abili, in grado di resuscitare qualsiasi motore e riparare praticamente qualunque oggetto.
Quel mese avrebbe potuto mettere da parte qualcosa per Nessie e Pete e comprare il giaccone pesante di cui aveva bisogno Bear. Con quello che avanzava, aveva controllato, avrebbe potuto comprare un piccolo ponte sollevatore, anche di seconda mano, e farlo sistemare nella parte vuota della rimessa. Ormai si era creato tra Skagit e il ranch un discreto viavai di motori di qualsiasi genere che arrivavano guasti se non del tutto morti, e ripartivano perfettamente funzionanti. Jacob si divertiva e sembrava disinteressato a farsi pagare, ma avrebbe lavorato molto più comodamente... e la rimessa avrebbe cominciato ad assomigliare ad una piccola officina di meccanica. Lui ne sarebbe stato felice, pensò. Poi, forse, lo avrebbe convinto a tornare a scuola, alla fine di agosto. Non voleva che lavorasse e basta, doveva studiare...
Diane inorridì e si alzò di scatto, arrabbiata con se stessa.
Non va bene, così. Tu sei pazza. Sei completamente pazza.Bevve un bicchiere d'acqua, giusto per far qualcosa e cancellare in qualche modo la visione che la tormentava. Ne approfittò per controllare Nessie, che giocava nella casetta di Winnie-The-Pooh  sul prato di fronte alla casa, al confine con la strada.
Tenere d'occhio la sua esuberante bambina era infinitamente più semplice, si disse, che tenere d'occhio se stessa. Avrebbe dovuto punire la  sua mente, il suo cuore, il suo corpo memore della notte passata -o tutti e tre, complici- insomma, chiunque fosse stato a creare la visione che l'aveva spaventata.
I giorni che scorrevano, serenamente, come erano trascorsi finora dal giorno dell'arrivo di lui. Una fine inevitabile, ma forse lontana abbastanza da non pensarci, non ancora. Cose nuove, idee, speranze, forse qualche viaggio. Jacob che restava al ranch, coi bambini. Con lei.
Bevve un altro sorso d'acqua per far andare giù un magone che non voleva saperne di scendere.
Si stava facendo del male, molto male, e lo sapeva. Ma non riusciva ad evitarlo.

Basta con le cazzate, Didi, finisci 'sti conti, nessuno li finirà al tuo posto, su...

Sentì aprirsi la porta d'ingresso, dalla parte del giardino dove qualche minuto prima aveva visto Nessie giocare tranquilla.
-Mamma, vieni! C'è un signore!
Sulla soglia c'erano sua figlia, ed un ragazzo che la teneva per mano. Un bellissimo ragazzo, notò Didi. Ma decisamente un po' strano, con quei capelli rossi arruffati  e dei singolari occhi castani talmente chiari da apparire trasparenti, come ambrati. Pallidissimo. Un ragazzo con uno sguardo indefinibile ma penetrante, che la fece sentire a disagio, neanche fosse nuda davanti a lui. Rimpianse di non avere il fucile a portate di mano, e di non essere stata abbastanza attenta da impedire a Nessie di portarlo dentro casa. E subito dopo si stupì di quel pensiero così stranamente aggressivo.
-Mamy, lo sai che lui è un amico di Jay? E' venuto a trovarlo!
Didi sentì stringersi lo stomaco, senza capire esattamente il perché, e quell'urto doloroso si confuse con lo spavento per il tonfo secco dell'altra porta, quella sul retro, che si spalancava sbattendo contro il muro.
Un Jacob tremante e visibilmente furioso fissava lo sconosciuto, i pugni stretti, il respiro affannato, gli occhi fissi negli altri due gialli come quelli di un rettile.
No, non sono amici.
Didi spostò lo sguardo verso la rastrelliera dove stava appeso il fucile. Lo sconosciuto distese le labbra, beffardo, osservando lei, poi Jacob. Poi ancora lei, con attenzione, mentre un sorriso malizioso si allargava sulle sue labbra perfette.
-Buongiorno, Mrs. Dowson. Buongiorno, Jacob.
La voce dello sconosciuto era suadente, bellissima, quasi ipnotica. Senza nemmeno sapere perché, qualcosa nella testa di Diane lo classificò come estremamentepericoloso.
-Non riesco a credere che tu sia qui, Cullen. Nessie, vai dalla mamma. Subito.
-Che maniera di accogliermi... La tua amica penserà che sono una persona orribile, non un tuo vecchio amico.
-Ne parliamo fuori di qui. Muoviti.

Un attimo dopo Didi, con Nessie tra le braccia, fissava le sagome dei due ragazzi allontanarsi verso la foresta.

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A pensarci bene, però, c'era qualcosa che mi faceva paura, nel breve periodo, più di un esercito di vampiri incazzati.
Quel qualcosa, che poi era un 
qualcuno, aveva appena parcheggiato un'auto della Polizia davanti alla rimessa e stava salendo proprio in quel momento gli scalini di casa Black.
Una parte di me avrebbe voluto essere in grado di corrergli incontro ed  abbracciarlo. Tutto il resto tremava come una gelatina.
Aspettavo di veder apparire i baffi di Charlie da un momento all'altro, nel vano della porta.

Mi ero appena svegliata dopo un breve sonno di un paio d'ore. Nel letto di Jacob. Mi venne quasi un accidente, appena fui sufficientemente lucida da rendermene conto.
No, non ce la potevo fare.
Ebbi quasi istantaneamente un secondo tuffo al cuore quando realizzai che non sentivo addosso il calore del piccolo. Alzando di poco gli occhi, però, vidi che era accanto a me e dormiva beatamente a pancia in su, raggomitolato come lo era stato nel mio ventre, con le manine vicino alla faccia. Qualcuno lo aveva messo in una culla per bambole, una vera culla di legno, forse fatta a mano, che ricordavo di avere visto nella camera delle gemelle. Era così piccino, il mio bimbo, che ci stava alla perfezione. Così piccolo e perfetto e bellissimo. Mi sentii felice fino alle lacrime, di nuovo, ma durò poco.
Ero nel letto di Jacob.
Non avrei voluto, né potuto, né dovuto essere lì.
Era il luogo dove gli avevo detto addio mentre vi giaceva con le ossa spezzate.