Bella,
questi sono i documenti per il divorzio. Non devi preoccuparti di nient'altro, ha pensato a tutto Scott. Basta che tu firmi dove lui ha indicato e mi restituisca una delle due copie, anche per posta.
Non saremmo mai dovuti arrivare a questo. Sono profondamente addolorato per quanto è accaduto e me ne sento responsabile in egual misura con te, e forse di più. Perché sono andato molto vicino a capire, ma non ho mai voluto vedere.
Ho sempre desiderato solo la tua felicità, e non riesco a perdonarmi di essermi tanto sbagliato. E no, non è colpa tua, Bella. Sono stato io a chiedere troppo alla sorte, a non rassegnarmi al destino di quelli della mia specie.
Al di là del contenuto di questi moduli, della legge dello stato di Washington e di qualsiasi legge umana, io ho fatto un giuramento eterno ed intendo rispettarlo. Ti amerò e ti onorerò con tutto me stesso, per la gioia che mi hai dato nel tempo che abbiamo passato insieme, con tutto il mio cuore, finché resterò in vita.
Se è vero, come tu hai sempre creduto, che ho un'anima immortale, continuerò ad amarti anche dopo.
Tuo per sempre
Edward
Il biglietto, scritto a mano, era stato allegato ai moduli sui quali spiccava in più punti la firma elegante del mio ex marito; lo avevo letto col cuore che batteva forte, appena aperta la grossa busta che Jacob mi aveva portato.
Non ero troppo stupita; era plausibile che il suo amore per me avrebbe superato il dolore, la rabbia, la voglia di vendetta.
Edward non era un angelo, anche se io per molto tempo avevo avuto la tendenza a vederlo perfetto; sapevo che era in grado di odiare e di uccidere, e lo aveva fatto.
Era successo nei primi tempi della sua vita immortale, e anche più recentemente. Lo avevo visto, infuriato, arrivare molto vicino ad aggredire i giovani che mi avevano molestata a Port Angeles. Lo avevo visto coi miei occhi fronteggiare Jacob, ferirlo consapevolmente e sfidarlo sapendo che, se la battaglia avesse avuto luogo, nessuno dei due si sarebbe fermato prima di... non riuscivo neanche a pensarlo.questi sono i documenti per il divorzio. Non devi preoccuparti di nient'altro, ha pensato a tutto Scott. Basta che tu firmi dove lui ha indicato e mi restituisca una delle due copie, anche per posta.
Non saremmo mai dovuti arrivare a questo. Sono profondamente addolorato per quanto è accaduto e me ne sento responsabile in egual misura con te, e forse di più. Perché sono andato molto vicino a capire, ma non ho mai voluto vedere.
Ho sempre desiderato solo la tua felicità, e non riesco a perdonarmi di essermi tanto sbagliato. E no, non è colpa tua, Bella. Sono stato io a chiedere troppo alla sorte, a non rassegnarmi al destino di quelli della mia specie.
Al di là del contenuto di questi moduli, della legge dello stato di Washington e di qualsiasi legge umana, io ho fatto un giuramento eterno ed intendo rispettarlo. Ti amerò e ti onorerò con tutto me stesso, per la gioia che mi hai dato nel tempo che abbiamo passato insieme, con tutto il mio cuore, finché resterò in vita.
Se è vero, come tu hai sempre creduto, che ho un'anima immortale, continuerò ad amarti anche dopo.
Tuo per sempre
Edward
Il biglietto, scritto a mano, era stato allegato ai moduli sui quali spiccava in più punti la firma elegante del mio ex marito; lo avevo letto col cuore che batteva forte, appena aperta la grossa busta che Jacob mi aveva portato.
Non ero troppo stupita; era plausibile che il suo amore per me avrebbe superato il dolore, la rabbia, la voglia di vendetta.
Edward non era un angelo, anche se io per molto tempo avevo avuto la tendenza a vederlo perfetto; sapevo che era in grado di odiare e di uccidere, e lo aveva fatto.
Ci avevo messo un po' a capirlo e ad accettarlo, perché abbandonare la propria visione zucchero e miele della realtà è tanto liberatorio quanto doloroso. Ma ormai sapevo che in lui come in chiunque altro coesistevano inferno e paradiso. Per questo, e senza biasimo, pur senza dimenticare che persona meravigliosa fosse avevo avuto paura di lui.
Potevo credere alla facilità con cui, apparentemente, mi stava lasciando andare?
Sì, certo che sì.
Ero sicura che avesse sofferto moltissimo per il mio abbandono ma, coerentemente con quanto aveva sempre sostenuto, poteva benissimo essere felice che io non desiderassi più condividere la sua esistenza di non-morto. Con Edward ero sempre stata libera, in questo: non solo non mi aveva mai trattenuta ma, al contrario, aveva sempre cercato di dissuadermi dal diventare come lui. Ero arrivata persino a restarci male, perché non aveva mai lottato per me. Ero arrivata a chiedermi se mi amasse veramente, come un uomo deve amare una donna, e quale fosse il senso del nostro stare insieme. Dubbi leciti, visto che pareva non avere alcun bisogno di me e sembrava pronto ad uscire dalla mia vita in qualsiasi momento.
Alla fine, il momento era giunto.
Leggevo e rileggevo, e l'ansia cresceva.
Cosa diavolo significava quel "finché resterò in vita"?
Forse mi sbagliavo, ma lo spettro del suicidio sembrava fare di nuovo la sua orribile apparizione tra quelle righe dalla grafia così armoniosa. Edward stava di nuovo meditando di togliersi la vita? Lo capivo perfettamente; ricordavo come mi ero ridotta io quando era toccato a me essere abbandonata. Ma da quando era nato Elias, ero stata costretta a riflettere sulla vita e sulla morte come non avevo mai fatto prima., e da un'ottica completamente diversa, in cui i miei desideri e la mia libertà personale coesistevano all'improvviso con le mie responsabilità; verso mio figlio in primo luogo e poi, a seguito di questa maggiore comprensione, verso le persone che amavo e dalle quali ero amata. Ripensando alla vicenda di Volterra, il suicidio non mi sembrava più il gesto romantico di un Romeo innamorato, ma solo una reazione malata, triste e irrazionale -e inutile, per di più- che avrebbe distrutto Esme, Carlisle e tutte le persone che amavano Edward, compresa me.
Io stessa, mentre correvo a salvarlo, avevo pensato di farla finita se Alice ed io non fossimo arrivate in tempo. Adesso invece mi chiedevo come avevo potuto pensare, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, di procurare un dolore del genere a Charlie e a Renée. Diedi mentalmente della deficiente a quella me stessa che per fortuna era così cambiata, mentre mi chiedevo quanto dovevo preoccuparmi per Edward.
Non gli avrei permesso di fare stupidaggini. Lo avrei incontrato, mi sarei accertata delle sue intenzioni e gli avrei strappato una promessa: lui non l'aveva forse fatto con me, quando mi aveva abbandonata? Bene, io lo avrei preteso da lui: gli avrei fatto promettere di non commettere niente di stupido e di insensato. Semplicemente me lo doveva.
Gli avrei fatto giurare di non ferire consapevolmente i suoi genitori. Gli avrei fatto giurare, se davvero non avesse rinunciato a un proposito così folle, di aspettare dieci, venti, cent'anni; forse anche un solo anno sarebbe potuto bastare.
Le cose cambiano in fretta, io ora lo sapevo. Anche per lui sarebbe potuta arrivata la felicità, se solo si fosse dato un'altra possibilità, se avesse lasciato scorrere il fiume. Avevo letto che, già a distanza di un solo anno, quasi tutte le persone sopravvissute ad un tentativo di suicidio sono felici di aver fallito, perché nel frattempo la loro vita è cambiata in meglio. Edward doveva vivere; avrebbe trovato, prima o poi, qualcuno di molto migliore di me, più adatto a lui, e sarebbe stato felice di nuovo.
Dovevo assolutamente parlargli e farlo ragionare.
Mi chiesi se non sarebbe stato meglio chiedere prima il permesso a Sam, ma avevo troppa paura di sentirmi dire di no, e non potevo correre il rischio che mi venisse esplicitamente vietato di fare quello che avevo in mente.
Elias era al sicuro e i Volturi sembravano essersi dimenticati di me, almeno per il momento; non erano stati avvistati vampiri sconosciuti da quando mi ero rifugiata nelle riserva. Edward non aveva intenzione di farmi del male, o non mi avrebbe mandato i documenti già firmati, liberandomi dalla necessità di incontrarlo. Le poche probabilità di mettere a rischio la mia incolumità non erano paragonabili a quelle molto più elevate che lui commettesse qualche sciocchezza.
Dunque lo avrei incontrato, non potevo fare diversamente.
Non dormii quasi per niente, quella notte. Era molto presto quando composi il numero che ricordavo ancora a memoria.
-Edward.
-Bella... sei davvero tu?
-Ho ricevuto i... i documenti. Li firmo e te li porto. Posso vederti?
-Ne sei sicura? Non è necessario. Non voglio che tu abbia problemi...Non devi fare questo per me.
-Farei molto di più di questo, se potessi. Davvero. Volevo parlarti, io...
Scoppiai a piangere. Il dolore che sentivo nella sua voce mi arrivava all'anima.
-Non piangere, adesso. Non è colpa tua.
Mi ci volle qualche minuto buono per riuscire a respirare di nuovo e ad articolare qualche parola, solo quelle necessarie a darci un appuntamento per quello stesso giorno. Non ebbi la forza di dire altro e cominciai a pensare al da farsi; e l'aver definito tutti i dettagli mi diede una strana tranquillità.
***
Mi preparai con cura, ridendo di me stessa, come se l'essere in ordine, almeno esteriormente, potesse darmi un po' di fiducia e di forza in più. Scelsi l'abito più semplice che riuscii a trovare -e che ancora riuscivo ad infilare; non volevo essere bella, al contrario speravo di risultare davvero insignificante. Se Edward mi avesse trovata brutta e questo fosse servito a farlo stare meglio, ne sarei stata solo felice. Controllai almeno tre volte di avere preso tutto: la borsa con le carte firmate, il cellulare carico, un paio di cambi per Elias, il ciuccio e la copertina che usavamo più spesso, la papera-carillon. Lasciavo mio figlio per la prima volta, anche se solo per un paio d'ore, e questo aumentava la mia agitazione in maniera esponenziale.
Non mi restava che portarlo da Emily, che non sembrava per niente spaventata dall'idea di ritrovarsi con due neonati da accudire. Confidavo che, allattandolo all'ultimo minuto, Elias avrebbe dormito per la maggior parte del tempo in cui io sarei stata lontana. Raccontai che avevo qualche commissione da fare, ed Emily non fece altre domande, anzi mi consigliò di approfittarne per distrarmi un po', visto che ne avevo l'occasione. Fin da quando mi ero trasferita nella casetta, inoltre, avevo il permesso di usare la sua auto in caso di necessità.
Ebbi un attimo di angoscia quando baciai Elias e lo salutai, ma mi feci coraggio ricordando tutti i miei ragionamenti del giorno prima e quale fosse la posta in gioco.
Guidai sulla 110 in direzione di Forks, e poi sullo sterrato fino al punto dove cominciava il sentiero che conoscevo bene. Avrei incontrato Edward nel luogo in cui si erano tenuti quasi tutti i nostri discorsi più importanti.
Camminai per una ventina di minuti prima di arrivarci; la nostra radura non era cambiata, e la stagione la rendeva esattamente come la ricordavo: un cerchio perfetto di verde, sole e fiori di campo che ondeggiavano sotto la carezza del vento.
Rimasi ferma e in silenzio, in attesa.
Un fremito di luce bianca apparve tra gli alberi.
Il bagliore della pelle di Edward mi salutò da lontano; un vortice di aria fredda e profumata, e fu davanti a me, un diamante sotto il sole, una fulgida e bellissima statua vivente.
***
Il mio primo amore.
La bellezza di Edward era ancora in grado di fermarmi il cuore; fui sorpresa di me stessa per il sussulto che mi scosse alla vista dei suoi capelli rossi e del suo sorriso perfetto e malinconico. Un angelo triste, ecco cosa sembrava.
Incredibilmente, il suo viso portava i segni della sofferenza, come sarebbe accaduto ad un qualunque essere umano; avevo già visto quel tipo di dolore su di lui, gli occhi cerchiati, l'espressione tormentata. Era stato a Volterra, quando mi credeva morta ed era pronto a morire, e per tutto il viaggio di ritorno verso gli Stati Uniti.
-Sei venuta davvero. Oh, Bella. Sei venuta davvero.
Stava davanti a me, vicino. Sentii che non osava toccarmi.
-Sono venuta davvero, Edward. Era il minimo che potevo fare.
-Come stai, amore? Mi sembri... stanca.
-Beh, in effetti un po' lo sono. Praticamente non dormo mai...
Sorrise ed alzò una mano accennando una carezza, poi la ritrasse. Il dolore nei suoi occhi mi atterrì.
Deglutii, respirai, guardai altrove, ma non ci fu niente da fare: i singhiozzi cominciarono a scuotermi le spalle. Lui stese di nuovo la mano verso di me, e le sue dita fredde asciugarono le lacrime sulle mie guance.
-Non piangere, per favore.
-Mi dispiace, Edward. Mi dispiace così tanto... Mi dispiace...
-Dimmi solo che sei felice. Voglio sentirti dire che sei felice, e starò bene, Bella, credimi.
Mi prese il viso fra le mani, in un gesto che mi turbò per l'intimità che tradiva. Trovai quasi incredibile quanto fossero cambiate le cose fra di noi: così tanto, che mi sentii assurdamente colpevole per avergli permesso di avvicinarsi, come se stessi commettendo una slealtà contro qualcuno.
Mi irrigidii; lui se ne accorse e si allontanò, ferito, gli occhi pieni di angoscia.
Allora non resistetti più. Lo tirai verso di me e lo abbracciai, desiderando con tutta me stessa che quell'abbraccio potesse lenire il suo dolore.
Edward affondò il viso nei miei capelli, stringendomi a sé.
Tacemmo a lungo, godendo di quella vicinanza che confortava entrambi. Fu lui, dopo qualche minuto, a riscuotersi e a rompere il silenzio, con un'osservazione che mi gelò.
-Non hai il suo odore addosso.
Non stava domandando, stava affermando. Mi aveva studiata mentre mi teneva stretta a sé? La sua espressione era cambiata, e da disperata e dolente era divenuta più viva ed accesa, forse leggermente allucinata; aveva l'aria di essere concentrato su un pensiero cui non voleva assolutamente permettere di svanire.
Mi sollevò il mento con due dita e mi costrinse a guardarlo negli occhi,.
-Non dormite insieme. Non hai il suo odore addosso... e non hai quell'odore, addosso.
Non ebbi bisogno che mi spiegasse meglio cosa intendeva dire. Avvampai.
-Non credo siano più affari tuoi, Edward. E poi... Niente era ed è scontato. Lui non mi deve niente.
-Il padre di tuo figlio non ti deve niente?
-Non sono venuta qui per parlare di lui, voglio parlare di te.
Mi sembrò che riflettesse su qualcosa di importante; mi sembrò determinato ad andare fino in fondo.
-Ci sono delle cose che devi sapere, Bella, ed è ora che tu le sappia.
-So quello che mi serve e tu non cambiare argomento. Sono venuta per te, Edward. Credevo che tu... avevo paura che... insomma, un paio di frasi nel tuo biglietto non mi sono piaciute, mi hanno fatta preoccupare.
-Credo di capire a cosa ti riferisci. Ammetto che è un'ipotesi che ho preso in considerazione tra tante altre, effettivamente, ma solo fino a tre minuti fa.
-E che cosa è cambiato, da tre minuti ad adesso?
-Che ho ricominciato a sperare, Bella.
Era vero, i suoi occhi lo dicevano chiaramente. Mi guardava con intensità e mi venne più vicino.
-Dunque non state insieme, tu e Jacob. Perché? Che spiegazioni ti ha dato?
-Jacob non mi deve nessuna spiegazione e io non gli ho chiesto niente! E comunque non ti riguarda...
-Ti ha detto perché non ti ama più?
Mi coprii il viso con le mani. Anche Edward... Non volevo sentire e non volevo vedere, perché percepivo che parlava a ragion veduta, e avevo la netta sensazione che ciò che stava per dire mi avrebbe devastata.
-Smettila, Edward. Per favore.
-Jacob ha un'altra donna. Non deve più mentirti, il cane.No.
-Tu... tu non hai diritto di dire queste cose. Non ce l'hai.
-Bella, ho fatto una cosa di cui non vado particolarmente fiero. L'ho cercato. Non so esattamente per quale ragione, ma l'ho cercato, leggendo nei pensieri di decine di persone, annusando l'aria, i tronchi degli alberi, le vie, le case, la foresta...e alla fine l'ho trovato. Volevo capire, guardare nella sua testa. Capire lui, poi vederti nei suoi pensieri e capire te, e poi...
-Oh mio Dio, Edward, ma sei impazzito? Sei impazzito? Sei andato a cercarlo? Dimmi cosa è successo!
Urlavo, isterica. Erano tornati, entrambi, stavano bene tutti e due, ma ero sconvolta lo stesso per quello che avrebbe potuto succedere. Ripensai a tutte le volte in cui erano andati molto vicini allo scontro; ero certa che, se non fosse stata per la mia presenza, avrebbe potuto accadere qualcosa di irreparabile. Si erano visti, e io non ne sapevo niente! E Jacob... quando era tornato, aveva dei lividi sul viso, e sulle braccia. Leggeri, ma c'erano. Li avevo notati, ma ero troppo presa da altre emozioni per chiedergli qualsiasi cosa. Cosa era successo? Avevano litigato, discusso, o peggio..?
-Vi siete... scontrati?
Avrebbero potuto... Mio Dio. Non riuscivo nemmeno a pensarlo
-Sì, ci siamo scontrati. E vuoi sapere perché? Mi ha fatto infuriare. Perché mentre tu lasciavi me a causa sua e di suo figlio, lui stava con un'altra. Ed era qualcosa di... intenso, l'ho visto nella testa di entrambi. Ho visto tutto, tutto, Bella. Puoi immaginare come mi sono sentito? Non potevo non dargli una lezione, al cane.Allora è vero. E' vero.
Scivolai a terra, e mi ritrovai in ginocchio, le mani appoggiate al suolo.
Edward continuava a parlare, ma io ormai non sentivo più niente. I suoni della foresta erano svaniti, oppure i miei sensi si erano spenti; doveva essere così, perché non provavo più nulla se non un dolore bruciante misto ad uno strano sollievo. Il sollievo della verità e della comprensione.
I sogni. Gli incubi. I corpi allacciati nel buio, pulsanti. I miei sogni dicono sempre la verità.
La distanza infinita tra di noi.
Le spiegazioni più semplici alla fine sono quelle giuste.
Jacob non è più mio. Jacob non mi ama più.
Jacob non mi ama più.
Un'altra donna. La donna di Jacob.
Edward si lasciò cadere di fronte a me e mi prese le mani.
-Guardami, Bella. Io ti amo. Non mi importa niente di quello che è successo. Non mi importa se hai un figlio da un altro. Non ho mai lottato per te, e forse questo è l'errore più grave che ho fatto in tutta la mia esistenza. Ma adesso, se solo ci fosse una speranza per noi... Meriti di meglio di un uomo che ti ha dimenticata così in fretta, maledizione. Io lo so che tu mi hai amato davvero. Sei certa che sia svanito tutto?
-Edward...
-Bella. Dammi un'altra occasione.
Successe una cosa elementare e rivelatrice: soffrivo così tanto per Jacob, che Edward e tutto il resto semplicemente svanirono. La beffa era stata ben orchestrata: proprio ora che ero pienamente consapevole di amarlo, diventavo consapevole di averlo perduto per sempre.
La sensazione di distanza tra noi, che mi aveva così tormentata nelle ultime settimane, non era niente paragonata a quella di perdita irreparabile che mi devastava ora. Alla quale si aggiungeva la gelosia come acido sulla pelle. Bruciavo e non c'era modo di spegnere l'incendio.
Tutto ciò che non era Jacob scomparve divorato dal fuoco, e io seppi con chiarezza di cosa avevo bisogno per smettere di soffrire. Qualcosa che non avrei mai più potuto avere.
Quando alzai di nuovo gli occhi su Edward, tutto era diventato molto più semplice.
Stordita ed accecata dalle lacrime, riuscii in qualche modo a trovare la busta nella borsa e a porgergli le sue copie firmate dei moduli per il divorzio. Lui mi guardava preoccupato e perplesso mentre allungavo il braccio, stringendo i fogli fra le dita tremanti. Maledizione, perché non li prendeva?
-Grazie di... di avermi detto queste cose, Edward. Hai fatto bene. E grazie di amarmi ancora nonostante quello che ti ho fatto.
Lo guardai dritto negli occhi.
-Resterò a La Push. Non so che altro fare... mi dispiace tanto.
Edward fece un passo indietro. Mi guardava sconcertato, la bocca distorta in un sorriso amaro.
-Tu lo ami.
-Non è un mistero. Lo sai da sempre, che lo amo, e sapevi che ero spezzata in due. Abbiamo sbagliato entrambi a non tenerne conto. Mi dispiace, mi dispiace così tanto, credimi...
Non vedevo niente. Le lacrime continuavano a scorrere ed io ero cieca e stordita dal dolore.
-Bella, non sei lucida. Pensaci bene, a quello che ti ho detto.
-Edward, ci ho provato... ci ho provato sempre. Ho fatto del mio meglio sempre, e speravo che fosse abbastanza... Io credevo di essere coerente, credevo che ce l'avrei fatta a tenere tutto insieme, che tutto sarebbe passato...
Alzai una mano ad accarezzargli il viso stupendo.
-Tu sei stato il mio primo amore, e non ti dimenticherò mai, per tutta la mia vita. Adesso devo andare, e voglio che tu mi prometta una cosa.
-Qualunque cosa, ma ascoltami ancora un attimo...
-No, ascoltami tu. Promettimi che non farai niente di stupido o di insensato. Avanti, promettimelo, Edward. Promessa per promessa. Me lo devi.
-Non so se...
-Promettimi di continuare a vivere. Lo hai preteso da me, ora se sei corretto accetterai che io lo pretenda da te.
Mi guardava stralunato, con l'aria di non riconoscermi più, di non capire esattamente cosa gli stessi dicendo. Ma alla fine arrivarono le parole per le quali mi ero recata lì.
-Te lo prometto. Resterò vivo, Bella... almeno finché vivrai tu. E ti aspetterò. Ti aspetterò, sempre.
Lo guardai per l'ultima volta e gli accarezzai di nuovo la guancia fredda.
-Fai del tuo meglio per essere felice, ti prego.
Corsi via. Caddi perché non vedevo nulla, ma in qualche modo mi rialzai e barcollando arrivai all'auto di Emily. Mi abbandonai sul volante, svuotata e sfinita, a urlare un pianto che sembrava non dover avere mai fine.
***
Basta, gridavo silenziosamente. Basta.
Davanti ai miei occhi chiusi, Jacob faceva l'amore con lei, che chissà perché immaginavo bionda, e ovunque mi girassi li ritrovavo. Mi sfregavo gli occhi, guardavo gli alberi e il cielo ma loro ricomparivano sempre; ora si baciavano con trasporto, e potevo vedere le lingue che si cercavano e si raggiungevano; ora cambiavano posizione e si prendevano in modo diverso, e io non riuscivo a dominare l'oscenità della mia mente che guardava e guardava, vergognandosi di se stessa, smaniosa di sapere e vedere di più... Cercai di difendermi con le braccia davanti al viso, ma erano sempre lì; li odiavo, gridavo di smetterla e loro ricominciavano più disgustosi che mai, crudeli e insaziabili.
Non avevo più lacrime, e Jacob penetrava questa sconosciuta ed ero io a sentirlo nella carne.Basta.
Fu di nuovo mio figlio a salvarmi dalla pazzia. Pensai a lui, e sentii il fremito che annunciava lo sgorgare del latte: doveva avere fame. Era ora di rientrare, subito.
La foresta era di nuovo piena di sole. Non mi sentivo ancora in grado di mettermi al volante; pensai che fare due passi mi avrebbe fatto bene e mi avrebbe calmata a sufficienza per riuscire a guidare senza andare a schiantarmi da qualche parte, così scesi dall'auto e feci qualche passo in direzione della strada.
Lo stridore violento di una frenata mi fermò il cuore; poi un rumore di rami spezzati e foglie calpestate, dei passi concitati, e pochi attimi dopo la vegetazione si aprì davanti a me.
-Bella!
Jacob apparve come una furia tra gli alberi.
-Sei impazzita, eh? Ho detto, sei impazzita?- mi urlò in faccia, tremante di rabbia.
-Jake! Cosa fai qui?
-Cosa ci fai tu, qui! Ti ha dato di volta il cervello? Sei venuta a farti ammazzare?
-Sono venuta a portare a Edward le carte per il divorzio. E non sono neanche sicura che la cosa ti riguardi, sai? E non sono venuta a farmi ammazzare.
-Dio santo, perché sei così prevedibile? Perché non sono neanche sorpreso? In una foresta, da sola, con lui che ti vuole divorare praticamente da quando ti conosce? Sei una stupida stronza insensata! Non hai pensato a tuo figlio? Non hai pensato a mio figlio? Non hai pensato a me per una sola fottutissima volta nella tua vita?
-E tu, hai mai pensato una volta a me mentre ti... mentre stavi con quell'altra?
-Come... E' stato lui, vero? Non ti riguarda, Bella.
-No, hai ragione, non mi riguarda. Vattene, Jacob, vai via.
-Tu.. tu puzzi. Hai il suo odore dappertutto. Ne avete approfittato per ricordare i vecchi tempi in mezzo all'erba?
-Ma cosa stai dicendo? Non è vero! Non capisci niente, Jacob!
-Lui schiocca le dita e tu corri, come sempre. Non è cambiato niente, non è cambiato NIENTE!
-Aspetta, Jake! Ecco, bravo, vattene, è l'unica cosa che sai fare, vero? Ti odio, Jacob Black. Vattene via!
Accadde tutto molto in fretta. Un lampo di energia lacerò l'aria, i colori tremarono, e la risposta di Jacob si perse nel ringhio di un animale arrabbiato. L'enorme lupo rosso, il pelo irto e i denti scoperti, si voltò verso di me e si lanciò. Incapace di muovermi, i sensi esasperati dallo scorrere dell'adrenalina, assistei all'incredibile spettacolo del lupo che arresta il balzo: il grande corpo si contorse all'indietro con un colpo di reni disperato. Mi sfiorò comunque e mi fece cadere, per poi toccare il suolo e restare a terra uggiolante.
Non potevo parlare né respirare.
Mi alzai e indietreggiai lentamente, fino a quando un tronco d'albero mi costrinse a fermarmi, e non potei fare nient'altro che restare a guardare terrorizzata la fiera che guaiva, come schiacciata a terra da un peso insostenibile.
Resta immobile.
Il grande lupo rossiccio si alzò, tremante. Il respiro ancora affannoso, mi fissava coi grandi occhi liquidi, ardente e indecifrabile. Guaì, e mi parve addolorato. Mi resi conto che stavo trattenendo il fiato; ripresi a respirare, ansante come il lupo.
Non avere paura. E' Jacob. Non devi avere paura.
-Va tutto bene, Jake. Va tutto bene...
Si avvicinò, guaì ancora; chinò la grande testa verso di me e mi leccò il viso. Mi annusò e brontolò, infastidito. Strofinò il grande muso contro la mia guancia, e mi leccò ancora.
Chiusi gli occhi.
Restai ad ascoltare quel respiro caldo e pesante, e la lingua ruvida e bagnata che ora frugava il mio collo. Incerta, alzai lentamente una mano per accarezzare il pelo corto e leggermente ispido, divisa tra il terrore e il sollievo di poterlo finalmente toccare.
Strinsi forte il pelo nel pugno, poi lo accarezzai, ancora, in preda ad una strana debolezza e ad un senso di languore per la follia di quello che stava accadendo.
E ad un tratto qualcosa cambiò.
Il flusso dell'energia si spezzò di nuovo, e la consistenza fisica della belva mutò in quella di un corpo nudo che ora si stringeva al mio.
Sentii il pelo ispido farsi più morbido e mutare in seta scura, dello stesso odore del lupo; sentii la lingua sul collo ritrarsi e poi tornare, meno ruvida, a percorrermi la pelle accompagnata dal calore di un respiro meno selvatico.
Un corpo materializzato dalla magia aveva preso forma sotto i palmi delle mie mani, duro come l'acciaio, contratto e tremante, teso come un arco di fuoco.
Un corpo di uomo dalla carne forte e calda sotto le mie mani incredule.
Il peso dell'uomo che amavo mi schiacciò contro l'albero che mi sosteneva, contro il quale avevo creduto di essermi rifugiata. Ero in trappola e felice di non avere più scampo.
Il viso di Jacob affondava nella mia carne; i denti morsero senza ferire.
Poi la sua bocca trovò la mia, e l'universo esplose in un lampo di calore accecante mentre le nostre labbra si ritrovavano dopo ere, epoche, millenni atroci di sofferenza.
Gemetti mentre una delle sue mani mi afferrava i capelli e mi stringeva alla sua bocca, mentre l'altra spingeva il mio ventre contro il suo. Poi fui io a stringerlo a me e mi avvinghiai a lui con le gambe, sostenuta dalle sue braccia, come qualcuno che sta per annegare si stringe a chi lo sta salvando.
Si bloccò di colpo.
Avvertii con una fitta istantanea di nostalgia che una delle sue mani si staccava da me. La sollevò, la fissò e impallidì.
-Oh mio Dio, Bella. Stai calma, non muoverti. Ci sono io... Non muoverti, piccola. Oddio...
L'odore del sangue che gocciolava dalle dita di Jacob mi aggredì con le sue note metalliche e dolciastre, e la nausea mi travolse; assieme alla nausea arrivò la consapevolezza di una striscia di fuoco che ardeva sulla mia schiena. Qualcosa di caldo mi colava sulla pelle.
Mi sentii cadere.
Mentre il buio mi avvolgeva, riuscii ancora ad aggrapparmi a Jacob e a chiamarlo.
Perché era così terrorizzato? Mi chiamava, anche lui?
Stavo cadendo, da un luogo molto alto e senza nome.
-Jake...
Anche il suono della mia stessa voce si faceva più lontano mentre precipitavo, ma non riuscivo a fermarmi. Non volevo andarmene, non volevo. Non adesso. Non adesso che Jacob mi stringeva a sé.Ti amo. Jake...
Tutto diventò nero.
non lo continui?comonciava a piacermi :)
RispondiEliminaTi riferisci alla storia in generale o a questo post? Spiegami meglio... e poi, ci conosciamo? Perché qui io ti vedo come Anonimo.
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