-Non riesce a svegliarsi?
-A quanto pare preferisce dormire ma va tutto bene, è una reazione allo shock. Probabilmente era anche molto stanca, quindi il suo corpo ne sta approfittando. Appena riprende conoscenza datele una di queste, poi una ogni dodici ore per otto giorni.
-E il bambino? Bella sta allattando.
-A questi dosaggi, non c'è nessun problema.
Le voci. Una voce di donna, poi mio padre, poi una voce musicale e nitida come le campane del mattino.
Qualcosa di freddo sul polso, sulla fronte.
Non mi era sconosciuto, era qualcosa che era già accaduto, ma una nebbia pesante e grigia avvolgeva la mia memoria.
Ero così stanca, così stanca.
Giacevo sul fondo di un lago grigio, e l'acqua era pesante e non potevo riemergere. Ma era così... calmo, e tranquillo. Potevo dormire.
Non muoverti.
-Oh mio Dio, Bella. Stai calma, non muoverti. Ci sono io... Non muoverti, piccola. Oddio...
Cosa...
Jake?
Jacob. Edward. Dolore... La foresta. Quel giorno.
Jake.
Elias.
-Elias!
Fu una secchiata di acqua gelida in faccia, la solita onda di terrore e smarrimento, il solito bisogno di vedere e toccare mio figlio. Subito.
Di colpo fui completamente sveglia e scattai. A quei risvegli così bruschi mi stavo abituando; non altrettanto alla sferzata rovente che mi lacerò la schiena mentre mi mettevo seduta. Il dolore mi fece gemere e ricadere sui cuscini.
Tre paia di occhi ansiosi e amorevoli mi guardavano. Il primo apparteneva a Charlie, che era seduto sul letto al mio fianco, il volto teso, l'aria confusa e preoccupata. Cosa gli era successo? Poi, Emily. Doveva essere sua la voce di donna che mi era sembrato di sentire nel dormiveglia. E poi...Quegli occhi dorati. E quel profumo ineffabile e seducente, inconfondibile per me. Un vampiro?
Un Cullen.
-Carlisle! Oh, Carlisle!
Non avevo imparato la lezione e mi lanciai fra le braccia del mio ex suocero, che sedeva sul letto dal lato opposto a quello di Charlie. Una seconda frustata rovente mi fece trasalire.
-Ciao, Bella. Resta sdraiata, non ti muovere- mi disse sorridendo. -Ti ho dato venti punti, e se ti agiti i lembi della ferita tirano...
-Ben svegliata, bambina.
-Papà... cosa è successo? Stai bene?
-A me lo chiedi, Bella? Dovresti essere tu a dircelo. Seth e Jared ti hanno trovata nel bosco, sdraiata a terra, con...
Charlie impallidì. La sua voce divenne un sussurro quasi impercettibile.
-...con la schiena ridotta in questo modo. Forse ti sei ferita contro un ramo basso? Ma si può sapere che diavolo ci facevi, nel bosco?
-Seth? Jared? No, non è vero, c'era...
Emily si era avvicinata prontamente, con un bicchiere d'acqua in mano.
-Carlisle dice che devi bere molto per contrastare gli effetti dello shock, vero dottore?
Mi ficcò in mano il bicchiere ed io bevvi, ubbidiente, mentre i suoi occhi mi avvertivano di qualcosa.
Silenzio.
Certo, era ovvio.
Oh, mio Dio.
Tutto era di nuovo molto chiaro nella mia testa. Edward, poi Jacob. Jacob...
Perché non c'era? Era con Elias?
-Dov'è Elias? Voglio vederlo subito... Subito, subito, poi vi dico tutto quello che volete. Per favore. Scusatemi, vi prego, devo...
Emily posò il vassoio sul quale aveva raccolto i resti delle garze che, avevo dedotto, Carlisle aveva utilizzato per medicarmi la ferita.
Mi si avvicinò per accarezzarmi il viso.
-Stai tranquilla, Elias è di là insieme a Kiowa. Stanno dormendo tutti e due. Andiamo a vederli?
Certo che sì. Non sarei riuscita a pensare a nient'altro fino a quando non mi fossi accertata che mio figlio stava bene. E di cose a cui pensare e di cui occuparmi ne avevo, oh se ne avevo...
Emily mi condusse nella cameretta rosa e gialla di Kay. Nella penombra tenera creata dai raggi del crepuscolo risaltava il velo bianco della culla; allo stesso modo, la carnagione scura dei due piccoli spiccava sui lenzuolini.
Dormivano entrambi con i pugnetti stretti, fianco a fianco, e una manina di Elias stringeva un bordo della bavetta di Kiowa.
-Sono bellissimi, non è vero?- bisbigliò Emily
Ripensai al mio sogno ad occhi aperti, il giorno della nascita della bimba, quello in cui avevo visto Elias e Kay crescere insieme. Continuavo ad avere la sensazione che quei due sarebbero stati importanti l'uno per l'altra.
Non avevo parlato ad Emily di quello che avevo visto, non c'era ragione di annoiarla con i miei vaneggiamenti. Ma mi colpì che avesse messo i due piccini insieme, come fratello e sorella.
-Em... Quanto ho dormito?- chiesi sottovoce alla mia amica.
-Almeno tre ore. No, quattro. Ci hai spaventati, sai? Cercavamo di svegliarti e tu non reagivi. E' stato brutto, anche se Carlisle ci ha detto che era normale. Ti ha ricucita, è andato in ospedale per delle visite e poi è tornato qui per vedere come stavi; sarà anche un vampiro ma è un tesoro, quell'uomo.
-Ma Elias... non ha mangiato? Non ha avuto fame?
Solo in quel momento mi resi conto che il seno mi doleva. Era teso, duro e grosso: pieno di latte. Avrei dovuto nutrire mio figlio al più presto, oppure svuotare i seni per non rischiare un ingorgo.
-Ahem, spero che non ti dia fastidio... Ho fatto una cosa da cavernicola. Una cosa proprio tribale, Bella...
Emily arrossì ed io indovinai. No che non mi dava fastidio; lo trovavo tenerissimo.
-L'hai allattato tu, vero?
-Sì. Non sapevo come fare, lì per lì, e mi è sembrata l'unica soluzione possibile. Sei molto seccata?
Guardai ancora mio figlio che dormiva placido, il ritratto della salute e della soddisfazione.
-Sono fratelli di latte, allora.
Passai un braccio attorno alle spalle della mia amica. Restammo ancora un minuto a guardare i nostri figli dormire, ed ebbi la curiosa sensazione di essere davvero a casa.
Uscendo, mentre accostava silenziosamente la porta della cameretta, Emily mi fermò e mi fece avvicinare a sé.
-Aspetta. La versione ufficiale. -mi sussurrò all'orecchio. -Avevi appuntamento con Edward, gli hai dato i documenti per il divorzio, mentre tornavi alla macchina sei caduta malamente e hai urtato un ramo basso che ti ha...- Deglutì. Ero conciata così male? -...ti ha lacerato la pelle, sulla schiena. E' quello che abbiamo cercato di propinare a Charlie quando è arrivato.
-Tu lo sai come... com’è andata, vero?
-E' Jacob che ti ha portata qui, vuoi che non sappiamo come è andata? Ora torniamo di là, ne parliamo dopo. Il dottor Cullen sa tutto, ovviamente, Charlie invece è fuori di testa perché alla favola del ramo basso non ci crede ed è convinto che tu sia stata aggredita da uno dei tuoi... Cioè, volevo dire. Da Edward o da Jacob.
Urgh.
Abbracciai di nuovo Carlisle e lo ringraziai per essersi occupato di me. Non potevo essere troppo esplicita ma comprese lo stesso perfettamente che gli ero grata per avermi medicata a casa di Sam, evitandomi così di essere portata in ospedale, dove mi sarebbero state poste domande alle quali non avrei voluto rispondere.
Non riuscivo a dimenticare quanto dovevo a quell'uomo buono e gentile, e quanto dolore avevo procurato alla sua famiglia. Speravo davvero che avesse compreso quanto continuavo a soffrire per quello che era successo tra me ed Edward.
-Non potevo fare diversamente, Carlisle, ma non me lo perdonerò mai. Io...
Mi bloccai ed alzai gli occhi su Charlie ed Emily. La mia amica mi capì al volo.
-Io e Charlie andiamo in cucina a farci un caffè, vero Charlie?
Ci lasciarono soli, un attimo prima che io, tanto per cambiare, scoppiassi a piangere.
Ero tornata a letto, e Carlisle mi prese una mano.
-Bella, mettiti in mente che noi ti vogliamo bene come prima. Tutti noi, Edward compreso, abbiamo sbagliato, e gli errori che abbiamo commesso sono ben più gravi dell'aver divorziato. In più, tutti noi abbiamo vissuto a sufficienza per sapere che gli esseri umani possono sbagliare. Ho quattrocento anni, bambina mia. Credi che non abbia visto accadere di tutto? Piuttosto, se anche tu sei ancora affezionata a noi come sembra... vorrei chiederti di fare una cosa per me.
Io?
-Qualsiasi cosa, Carlisle. Non so cosa potrei fare per voi, io che sono una nullità, ma dimmi pure, ti prego.
-Se si trattasse di me ti lascerei in pace, ma non è per me che sto chiedendo. E' per Alice. Sta male per una ragione che non riusciamo a comprendere, e nemmeno Edward riesce a vedere di che si tratta perché in sua presenza lei è molto attenta a riempirsi il cervello di stupidaggini. Credo che il suo problema abbia a che fare con te, ma... Se così fosse, ha le mani legate visto che le è impossibile vederti e parlarti.
Mi parve che gli sfuggisse un sospiro, forse finto ma all'apparenza molto umano e pieno di preoccupazione.
-Le manchi moltissimo, Bella. Non valuteresti, con il permesso di Sam, di incontrarla? Qui a La Push o dove riterrete opportuno? E poi Esme... Esme e Rosalie vorrebbero vedere il bambino. Tu sai...
Certo che sapevo.
Avevo già avuto modo di riflettere sulla maternità mancata di Esme e Rose, ma ripensarci in quel momento, con il mio meraviglioso bambino che dormiva nella stanza accanto, mi fece comprendere molto meglio la portata del loro dolore.
Ripensai con una stretta al cuore alla montagna di piccoli regali che giaceva nella cameretta al primo piano della grande villa bianca; ricordai la gioiosa aspettativa di cui mi avevano circondata quelle creature amorevoli, congelate nella loro sterile perfezione.
E mai come in quel momento la parola "morte" mi sembrò fredda, bianca e perfetta.
La bocca di Carlisle si curvò in un sorriso dolcissimo e triste.
-Alice e Rose sono le mie figlie, Esme è la loro madre... e tu sei ancora come una figlia per me, Bella. Nessuno, in quasi quattrocento anni di vita, era mai stato così gentile ed amorevole con me sapendo cos'ero, e questo vale per tutta la mia famiglia. Ti vogliamo bene, piccola, e ti siamo grati per averci trattati come persone e per aver condiviso una parte della tua vita con noi.
Annuii, asciugandomi le lacrime.
-Se solo tu volessi incontrare Alice... te ne sarei infinitamente grato, piccola mia. E un giorno, se e quando tu e Jacob ve la sentirete, se voleste farci conoscere vostro figlio... Esme impazzirebbe dalla gioia, Bella, credimi, io...
Strinsi la mano di Carlisle. Sapevo cosa voleva dire.
Lui non avrebbe mai potuto dare ad Esme la gioia di stringere un bimbo piccolo tra le braccia.
Andandomene, avevo tolto molto a tutti, non solo a Edward. Ero solo una piccola stupida umana e la mia umanità era tutto ciò che avevo, ma era preziosa. Tanto preziosa da essere invidiata da qualcuno; così preziosa da avermi regalato mio figlio.
Ero stata incredibilmente fortunata.
Promisi a Carlisle che avrei fatto del mio meglio per riannodare certi legami, non appena avessi avuto la forza di occuparmene, e quando ci salutammo mi fu evitata, almeno questa volta, la sensazione straziante di un addio.
Purtroppo non mi fu evitato il terzo grado di Charlie.
Il poliziotto-fino-al-midollo che era si alleò con il padre preoccupato, e dovetti raccontare per filo e per segno la mia versione dei fatti, almeno quattro volte. Sopportai la sfuriata di mio padre e le sue considerazioni, espresse a voce molto alta, sulla mia maturità e senso di responsabilità; poi finalmente riuscii ad abbracciarlo e convincerlo a tornare al lavoro.
Ogni minuto mi era sembrato eterno mentre Charlie mi torchiava, ma il tempo passò e finalmente fui sola con Emily.
-Dimmi subito tutto, ti prego, sto diventando matta! Dov'è Jacob? Mi ha portata lui qui? Come sta?
-Calmati, Bella... Una cosa alla volta, ok? Ti racconto tutto. Ma tu siediti, hai avuto uno shock e devi riposare, almeno fino a domani.
Certo che avevo avuto uno shock.
Mi aveva baciata.
Chiusi gli occhi e mi sfuggì un sospiro, perché il mio corpo mi fece lo scherzo di ricordarmi tutto.
Qualcosa mi strinse dentro e non riuscii a capire se fosse piacere o dolore o una feroce nostalgia.
La bocca di Jacob che mi cercava, la fame e la sete atroci che avevo di lui, il mio corpo schiacciato contro il suo, il sollievo di poterlo stringere, afferrare, finalmente toccare dopo mesi di vuoto e di dolore. Era caldo e vero, non era un sogno, e mi aveva baciata.
Mi aveva baciata.
Mi aveva...
-Bella?
Arrossii violentemente.
-Oh. Scusami. Stavo...
-...stavi pensando a qualcosa di bello, credo. Allora, prima tu o prima io?
-Prima tu, per favore. Dimmi dov'è Jacob.
Semisdraiata sui cuscini, mi preparai ad ascoltare il racconto di Emily.
-Bella...
Emily abbassò lo sguardo ed io mi sentii gelare.
Oh, no. Per favore, no.
-Ti ha portata qui, ed è rimasto fino a quando Carlisle non ha finito di ricucire la ferita e non l'ha rassicurato sulle tue condizioni. Poi se n’è andato, e...
Certo.
-...e nessuno sa dove sia, giusto?
-Sam pensa che sia in forma umana, perché i lupi non lo sentono. Non lo troviamo da nessuna parte.
Mi voltai dall'altra parte, sperando che Emily non vedesse le lacrime che avevano cominciato a scorrere di nuovo. Ero stanca di fare continuamente la figura di quella che sa solo frignare.
-Bella, tesoro, mi dispiace... Jacob era sconvolto, certamente non si dà pace per averti ferita. Si calmerà e tornerà, vedrai.
-Non ne sarei così sicura, che tornerà. Non da me. Non tornerà...
Riuscii a schiarirmi la voce e a riprendere a parlare.
-Lui... lui mi ha baciata, Emily.
-...e me lo dici così? Non è una bella cosa, questa?
Non avevo la forza di spiegare tutto, non in quel momento.
-Non è così semplice.
Dovetti farmi forza per dirlo. Per accettare che fosse vero, e per riuscire a dirlo.
-C'è un'altra donna, Emily. E non è una stupidaggine senza importanza. E' qualcosa che ha fatto pensare ad Edward di avere ancora delle speranze. Edward ha visto che...
-Cosa ha visto? Forza, smetti di piangere e raccontami.
-Edward ha visto che Jacob non mi ama più.
-Ma Jacob ti ha baciata, giusto?
Sì, lo aveva fatto. E come lo aveva fatto.
Jake...
Mi mancava come l'aria. Mi sentivo come se mi avessero amputato un arto piuttosto che ricucita la schiena. Avevo bisogno di sentirlo di nuovo vicino; no, non vicino, addosso. Avevo bisogno di lui come di acqua, aria, e pane quotidiano, e lui se ne era andato ancora. Non m’importava che amasse un'altra: se solo avessi potuto vederlo, toccarlo, averlo di nuovo vicino come lo avevo avuto per pochi attimi prima di svenire, me lo sarei fatto bastare. Senza di lui mi sentivo soffocare.
-Sì, l’ha fatto- risposi ad Emily- ma pensa che io sia stata con Edward, e poi c'è... questa donna. E lui non ha negato. Anzi, ha detto che non mi dovevo impicciare.
Faceva male molto, molto più della ferita che ricominciava a bruciare.
Emily mi guardava, costernata.
Poi di punto in bianco si mise a ridere.
-Bella, scusa, posso chiederti una cosa?
La guardai sbigottita.
-...ma tu che gli fai agli uomini?
-Uomini? Come no: un vampiro, un licantropo... scommetto che se mi metto a passeggiare a First Beach prima o poi rimorchio un tritone!
Scoppiammo a ridere tutte e due. Emily era straordinaria e mi convinsi sempre più che era stato il Cielo a mandarmela.
Le avrei raccontato tutto meglio, non appena me la fossi sentita, per avere un suo parere sulla mia incasinatissima situazione con Jacob. Una cosa era certa: avrebbe potuto dire qualcosa come "Invece secondo me ti ama", ma di nuovo, come quel giorno in ospedale, non lo aveva detto. Il riso se ne andò ed io fui di nuovo disperata.
Chiusi gli occhi, e vidi ancora mille e mille volte davanti a me gli occhi di Jacob ardenti e sconvolti, e mille e mille volte risposi di nuovo a quel bacio, in preda a una follia solo in parte dovuta alla febbre che stava salendo.
Emily venne a salvarmi portando i bambini, che si erano svegliati nel frattempo, già puliti e cambiati. Allattai Elias e poi anche Kiowa, per svuotare completamente il seno, e la fratellanza di latte tra i due piccolini fu completa.
-Jacob ci metterà del tempo a perdonarsi, Bella. Devi avere pazienza.
-Ma non l'ha fatto apposta! Ha perso il controllo, è vero, ma è stato un attimo... è stato uno stupido incidente, Emily, davvero, e sono stata io a farlo... arrabbiare.
-Non importa perché si è arrabbiato: non avrebbe dovuto succedere e basta, questo è innegabile. Ma se ho capito bene come sono andate le cose, poteva andare molto peggio. Jacob è riuscito a bloccare il salto del lupo... Sam non ce l'ha fatta.
La voce della mia amica tremava. Sam non si era fermato in tempo, ed Emily era marchiata per sempre.
-Ora porti anche tu il marchio del lupo, amica mia -continuò, quasi mi avesse letto nel pensiero.
Emily aveva più ragione di quanto poteva immaginare.
Certo, portavo il marchio del lupo. Ma era impresso molto, molto più profondamente di quanto fosse visibile agli occhi, molto più di quella ferita nella mia carne.
-A quanto pare preferisce dormire ma va tutto bene, è una reazione allo shock. Probabilmente era anche molto stanca, quindi il suo corpo ne sta approfittando. Appena riprende conoscenza datele una di queste, poi una ogni dodici ore per otto giorni.
-E il bambino? Bella sta allattando.
-A questi dosaggi, non c'è nessun problema.
Le voci. Una voce di donna, poi mio padre, poi una voce musicale e nitida come le campane del mattino.
Qualcosa di freddo sul polso, sulla fronte.
Non mi era sconosciuto, era qualcosa che era già accaduto, ma una nebbia pesante e grigia avvolgeva la mia memoria.
Ero così stanca, così stanca.
Giacevo sul fondo di un lago grigio, e l'acqua era pesante e non potevo riemergere. Ma era così... calmo, e tranquillo. Potevo dormire.
Non muoverti.
-Oh mio Dio, Bella. Stai calma, non muoverti. Ci sono io... Non muoverti, piccola. Oddio...
Cosa...
Jake?
Jacob. Edward. Dolore... La foresta. Quel giorno.
Jake.
Elias.
-Elias!
Fu una secchiata di acqua gelida in faccia, la solita onda di terrore e smarrimento, il solito bisogno di vedere e toccare mio figlio. Subito.
Di colpo fui completamente sveglia e scattai. A quei risvegli così bruschi mi stavo abituando; non altrettanto alla sferzata rovente che mi lacerò la schiena mentre mi mettevo seduta. Il dolore mi fece gemere e ricadere sui cuscini.
Tre paia di occhi ansiosi e amorevoli mi guardavano. Il primo apparteneva a Charlie, che era seduto sul letto al mio fianco, il volto teso, l'aria confusa e preoccupata. Cosa gli era successo? Poi, Emily. Doveva essere sua la voce di donna che mi era sembrato di sentire nel dormiveglia. E poi...Quegli occhi dorati. E quel profumo ineffabile e seducente, inconfondibile per me. Un vampiro?
Un Cullen.
-Carlisle! Oh, Carlisle!
Non avevo imparato la lezione e mi lanciai fra le braccia del mio ex suocero, che sedeva sul letto dal lato opposto a quello di Charlie. Una seconda frustata rovente mi fece trasalire.
-Ciao, Bella. Resta sdraiata, non ti muovere- mi disse sorridendo. -Ti ho dato venti punti, e se ti agiti i lembi della ferita tirano...
-Ben svegliata, bambina.
-Papà... cosa è successo? Stai bene?
-A me lo chiedi, Bella? Dovresti essere tu a dircelo. Seth e Jared ti hanno trovata nel bosco, sdraiata a terra, con...
Charlie impallidì. La sua voce divenne un sussurro quasi impercettibile.
-...con la schiena ridotta in questo modo. Forse ti sei ferita contro un ramo basso? Ma si può sapere che diavolo ci facevi, nel bosco?
-Seth? Jared? No, non è vero, c'era...
Emily si era avvicinata prontamente, con un bicchiere d'acqua in mano.
-Carlisle dice che devi bere molto per contrastare gli effetti dello shock, vero dottore?
Mi ficcò in mano il bicchiere ed io bevvi, ubbidiente, mentre i suoi occhi mi avvertivano di qualcosa.
Silenzio.
Certo, era ovvio.
Oh, mio Dio.
Tutto era di nuovo molto chiaro nella mia testa. Edward, poi Jacob. Jacob...
Perché non c'era? Era con Elias?
-Dov'è Elias? Voglio vederlo subito... Subito, subito, poi vi dico tutto quello che volete. Per favore. Scusatemi, vi prego, devo...
Emily posò il vassoio sul quale aveva raccolto i resti delle garze che, avevo dedotto, Carlisle aveva utilizzato per medicarmi la ferita.
Mi si avvicinò per accarezzarmi il viso.
-Stai tranquilla, Elias è di là insieme a Kiowa. Stanno dormendo tutti e due. Andiamo a vederli?
Certo che sì. Non sarei riuscita a pensare a nient'altro fino a quando non mi fossi accertata che mio figlio stava bene. E di cose a cui pensare e di cui occuparmi ne avevo, oh se ne avevo...
Emily mi condusse nella cameretta rosa e gialla di Kay. Nella penombra tenera creata dai raggi del crepuscolo risaltava il velo bianco della culla; allo stesso modo, la carnagione scura dei due piccoli spiccava sui lenzuolini.
Dormivano entrambi con i pugnetti stretti, fianco a fianco, e una manina di Elias stringeva un bordo della bavetta di Kiowa.
-Sono bellissimi, non è vero?- bisbigliò Emily
Ripensai al mio sogno ad occhi aperti, il giorno della nascita della bimba, quello in cui avevo visto Elias e Kay crescere insieme. Continuavo ad avere la sensazione che quei due sarebbero stati importanti l'uno per l'altra.
Non avevo parlato ad Emily di quello che avevo visto, non c'era ragione di annoiarla con i miei vaneggiamenti. Ma mi colpì che avesse messo i due piccini insieme, come fratello e sorella.
-Em... Quanto ho dormito?- chiesi sottovoce alla mia amica.
-Almeno tre ore. No, quattro. Ci hai spaventati, sai? Cercavamo di svegliarti e tu non reagivi. E' stato brutto, anche se Carlisle ci ha detto che era normale. Ti ha ricucita, è andato in ospedale per delle visite e poi è tornato qui per vedere come stavi; sarà anche un vampiro ma è un tesoro, quell'uomo.
-Ma Elias... non ha mangiato? Non ha avuto fame?
Solo in quel momento mi resi conto che il seno mi doleva. Era teso, duro e grosso: pieno di latte. Avrei dovuto nutrire mio figlio al più presto, oppure svuotare i seni per non rischiare un ingorgo.
-Ahem, spero che non ti dia fastidio... Ho fatto una cosa da cavernicola. Una cosa proprio tribale, Bella...
Emily arrossì ed io indovinai. No che non mi dava fastidio; lo trovavo tenerissimo.
-L'hai allattato tu, vero?
-Sì. Non sapevo come fare, lì per lì, e mi è sembrata l'unica soluzione possibile. Sei molto seccata?
Guardai ancora mio figlio che dormiva placido, il ritratto della salute e della soddisfazione.
-Sono fratelli di latte, allora.
Passai un braccio attorno alle spalle della mia amica. Restammo ancora un minuto a guardare i nostri figli dormire, ed ebbi la curiosa sensazione di essere davvero a casa.
Uscendo, mentre accostava silenziosamente la porta della cameretta, Emily mi fermò e mi fece avvicinare a sé.
-Aspetta. La versione ufficiale. -mi sussurrò all'orecchio. -Avevi appuntamento con Edward, gli hai dato i documenti per il divorzio, mentre tornavi alla macchina sei caduta malamente e hai urtato un ramo basso che ti ha...- Deglutì. Ero conciata così male? -...ti ha lacerato la pelle, sulla schiena. E' quello che abbiamo cercato di propinare a Charlie quando è arrivato.
-Tu lo sai come... com’è andata, vero?
-E' Jacob che ti ha portata qui, vuoi che non sappiamo come è andata? Ora torniamo di là, ne parliamo dopo. Il dottor Cullen sa tutto, ovviamente, Charlie invece è fuori di testa perché alla favola del ramo basso non ci crede ed è convinto che tu sia stata aggredita da uno dei tuoi... Cioè, volevo dire. Da Edward o da Jacob.
Urgh.
Abbracciai di nuovo Carlisle e lo ringraziai per essersi occupato di me. Non potevo essere troppo esplicita ma comprese lo stesso perfettamente che gli ero grata per avermi medicata a casa di Sam, evitandomi così di essere portata in ospedale, dove mi sarebbero state poste domande alle quali non avrei voluto rispondere.
Non riuscivo a dimenticare quanto dovevo a quell'uomo buono e gentile, e quanto dolore avevo procurato alla sua famiglia. Speravo davvero che avesse compreso quanto continuavo a soffrire per quello che era successo tra me ed Edward.
-Non potevo fare diversamente, Carlisle, ma non me lo perdonerò mai. Io...
Mi bloccai ed alzai gli occhi su Charlie ed Emily. La mia amica mi capì al volo.
-Io e Charlie andiamo in cucina a farci un caffè, vero Charlie?
Ci lasciarono soli, un attimo prima che io, tanto per cambiare, scoppiassi a piangere.
Ero tornata a letto, e Carlisle mi prese una mano.
-Bella, mettiti in mente che noi ti vogliamo bene come prima. Tutti noi, Edward compreso, abbiamo sbagliato, e gli errori che abbiamo commesso sono ben più gravi dell'aver divorziato. In più, tutti noi abbiamo vissuto a sufficienza per sapere che gli esseri umani possono sbagliare. Ho quattrocento anni, bambina mia. Credi che non abbia visto accadere di tutto? Piuttosto, se anche tu sei ancora affezionata a noi come sembra... vorrei chiederti di fare una cosa per me.
Io?
-Qualsiasi cosa, Carlisle. Non so cosa potrei fare per voi, io che sono una nullità, ma dimmi pure, ti prego.
-Se si trattasse di me ti lascerei in pace, ma non è per me che sto chiedendo. E' per Alice. Sta male per una ragione che non riusciamo a comprendere, e nemmeno Edward riesce a vedere di che si tratta perché in sua presenza lei è molto attenta a riempirsi il cervello di stupidaggini. Credo che il suo problema abbia a che fare con te, ma... Se così fosse, ha le mani legate visto che le è impossibile vederti e parlarti.
Mi parve che gli sfuggisse un sospiro, forse finto ma all'apparenza molto umano e pieno di preoccupazione.
-Le manchi moltissimo, Bella. Non valuteresti, con il permesso di Sam, di incontrarla? Qui a La Push o dove riterrete opportuno? E poi Esme... Esme e Rosalie vorrebbero vedere il bambino. Tu sai...
Certo che sapevo.
Avevo già avuto modo di riflettere sulla maternità mancata di Esme e Rose, ma ripensarci in quel momento, con il mio meraviglioso bambino che dormiva nella stanza accanto, mi fece comprendere molto meglio la portata del loro dolore.
Ripensai con una stretta al cuore alla montagna di piccoli regali che giaceva nella cameretta al primo piano della grande villa bianca; ricordai la gioiosa aspettativa di cui mi avevano circondata quelle creature amorevoli, congelate nella loro sterile perfezione.
E mai come in quel momento la parola "morte" mi sembrò fredda, bianca e perfetta.
La bocca di Carlisle si curvò in un sorriso dolcissimo e triste.
-Alice e Rose sono le mie figlie, Esme è la loro madre... e tu sei ancora come una figlia per me, Bella. Nessuno, in quasi quattrocento anni di vita, era mai stato così gentile ed amorevole con me sapendo cos'ero, e questo vale per tutta la mia famiglia. Ti vogliamo bene, piccola, e ti siamo grati per averci trattati come persone e per aver condiviso una parte della tua vita con noi.
Annuii, asciugandomi le lacrime.
-Se solo tu volessi incontrare Alice... te ne sarei infinitamente grato, piccola mia. E un giorno, se e quando tu e Jacob ve la sentirete, se voleste farci conoscere vostro figlio... Esme impazzirebbe dalla gioia, Bella, credimi, io...
Strinsi la mano di Carlisle. Sapevo cosa voleva dire.
Lui non avrebbe mai potuto dare ad Esme la gioia di stringere un bimbo piccolo tra le braccia.
Andandomene, avevo tolto molto a tutti, non solo a Edward. Ero solo una piccola stupida umana e la mia umanità era tutto ciò che avevo, ma era preziosa. Tanto preziosa da essere invidiata da qualcuno; così preziosa da avermi regalato mio figlio.
Ero stata incredibilmente fortunata.
Promisi a Carlisle che avrei fatto del mio meglio per riannodare certi legami, non appena avessi avuto la forza di occuparmene, e quando ci salutammo mi fu evitata, almeno questa volta, la sensazione straziante di un addio.
Purtroppo non mi fu evitato il terzo grado di Charlie.
Il poliziotto-fino-al-midollo che era si alleò con il padre preoccupato, e dovetti raccontare per filo e per segno la mia versione dei fatti, almeno quattro volte. Sopportai la sfuriata di mio padre e le sue considerazioni, espresse a voce molto alta, sulla mia maturità e senso di responsabilità; poi finalmente riuscii ad abbracciarlo e convincerlo a tornare al lavoro.
Ogni minuto mi era sembrato eterno mentre Charlie mi torchiava, ma il tempo passò e finalmente fui sola con Emily.
-Dimmi subito tutto, ti prego, sto diventando matta! Dov'è Jacob? Mi ha portata lui qui? Come sta?
-Calmati, Bella... Una cosa alla volta, ok? Ti racconto tutto. Ma tu siediti, hai avuto uno shock e devi riposare, almeno fino a domani.
Certo che avevo avuto uno shock.
Mi aveva baciata.
Chiusi gli occhi e mi sfuggì un sospiro, perché il mio corpo mi fece lo scherzo di ricordarmi tutto.
Qualcosa mi strinse dentro e non riuscii a capire se fosse piacere o dolore o una feroce nostalgia.
La bocca di Jacob che mi cercava, la fame e la sete atroci che avevo di lui, il mio corpo schiacciato contro il suo, il sollievo di poterlo stringere, afferrare, finalmente toccare dopo mesi di vuoto e di dolore. Era caldo e vero, non era un sogno, e mi aveva baciata.
Mi aveva baciata.
Mi aveva...
-Bella?
Arrossii violentemente.
-Oh. Scusami. Stavo...
-...stavi pensando a qualcosa di bello, credo. Allora, prima tu o prima io?
-Prima tu, per favore. Dimmi dov'è Jacob.
Semisdraiata sui cuscini, mi preparai ad ascoltare il racconto di Emily.
-Bella...
Emily abbassò lo sguardo ed io mi sentii gelare.
Oh, no. Per favore, no.
-Ti ha portata qui, ed è rimasto fino a quando Carlisle non ha finito di ricucire la ferita e non l'ha rassicurato sulle tue condizioni. Poi se n’è andato, e...
Certo.
-...e nessuno sa dove sia, giusto?
-Sam pensa che sia in forma umana, perché i lupi non lo sentono. Non lo troviamo da nessuna parte.
Mi voltai dall'altra parte, sperando che Emily non vedesse le lacrime che avevano cominciato a scorrere di nuovo. Ero stanca di fare continuamente la figura di quella che sa solo frignare.
-Bella, tesoro, mi dispiace... Jacob era sconvolto, certamente non si dà pace per averti ferita. Si calmerà e tornerà, vedrai.
-Non ne sarei così sicura, che tornerà. Non da me. Non tornerà...
Riuscii a schiarirmi la voce e a riprendere a parlare.
-Lui... lui mi ha baciata, Emily.
-...e me lo dici così? Non è una bella cosa, questa?
Non avevo la forza di spiegare tutto, non in quel momento.
-Non è così semplice.
Dovetti farmi forza per dirlo. Per accettare che fosse vero, e per riuscire a dirlo.
-C'è un'altra donna, Emily. E non è una stupidaggine senza importanza. E' qualcosa che ha fatto pensare ad Edward di avere ancora delle speranze. Edward ha visto che...
-Cosa ha visto? Forza, smetti di piangere e raccontami.
-Edward ha visto che Jacob non mi ama più.
-Ma Jacob ti ha baciata, giusto?
Sì, lo aveva fatto. E come lo aveva fatto.
Jake...
Mi mancava come l'aria. Mi sentivo come se mi avessero amputato un arto piuttosto che ricucita la schiena. Avevo bisogno di sentirlo di nuovo vicino; no, non vicino, addosso. Avevo bisogno di lui come di acqua, aria, e pane quotidiano, e lui se ne era andato ancora. Non m’importava che amasse un'altra: se solo avessi potuto vederlo, toccarlo, averlo di nuovo vicino come lo avevo avuto per pochi attimi prima di svenire, me lo sarei fatto bastare. Senza di lui mi sentivo soffocare.
-Sì, l’ha fatto- risposi ad Emily- ma pensa che io sia stata con Edward, e poi c'è... questa donna. E lui non ha negato. Anzi, ha detto che non mi dovevo impicciare.
Faceva male molto, molto più della ferita che ricominciava a bruciare.
Emily mi guardava, costernata.
Poi di punto in bianco si mise a ridere.
-Bella, scusa, posso chiederti una cosa?
La guardai sbigottita.
-...ma tu che gli fai agli uomini?
-Uomini? Come no: un vampiro, un licantropo... scommetto che se mi metto a passeggiare a First Beach prima o poi rimorchio un tritone!
Scoppiammo a ridere tutte e due. Emily era straordinaria e mi convinsi sempre più che era stato il Cielo a mandarmela.
Le avrei raccontato tutto meglio, non appena me la fossi sentita, per avere un suo parere sulla mia incasinatissima situazione con Jacob. Una cosa era certa: avrebbe potuto dire qualcosa come "Invece secondo me ti ama", ma di nuovo, come quel giorno in ospedale, non lo aveva detto. Il riso se ne andò ed io fui di nuovo disperata.
Chiusi gli occhi, e vidi ancora mille e mille volte davanti a me gli occhi di Jacob ardenti e sconvolti, e mille e mille volte risposi di nuovo a quel bacio, in preda a una follia solo in parte dovuta alla febbre che stava salendo.
Emily venne a salvarmi portando i bambini, che si erano svegliati nel frattempo, già puliti e cambiati. Allattai Elias e poi anche Kiowa, per svuotare completamente il seno, e la fratellanza di latte tra i due piccolini fu completa.
-Jacob ci metterà del tempo a perdonarsi, Bella. Devi avere pazienza.
-Ma non l'ha fatto apposta! Ha perso il controllo, è vero, ma è stato un attimo... è stato uno stupido incidente, Emily, davvero, e sono stata io a farlo... arrabbiare.
-Non importa perché si è arrabbiato: non avrebbe dovuto succedere e basta, questo è innegabile. Ma se ho capito bene come sono andate le cose, poteva andare molto peggio. Jacob è riuscito a bloccare il salto del lupo... Sam non ce l'ha fatta.
La voce della mia amica tremava. Sam non si era fermato in tempo, ed Emily era marchiata per sempre.
-Ora porti anche tu il marchio del lupo, amica mia -continuò, quasi mi avesse letto nel pensiero.
Emily aveva più ragione di quanto poteva immaginare.
Certo, portavo il marchio del lupo. Ma era impresso molto, molto più profondamente di quanto fosse visibile agli occhi, molto più di quella ferita nella mia carne.
***
Trascorsi la notte da Emily e Sam e il giorno dopo, passata anche la febbre, tornai nella mia casetta.
Mi sembrò piccola e vuota, come se anch'essa sentisse una mutilazione, una mancanza e bramasse qualcosa per sentirsi di nuovo integra.
Passarono alcuni giorni strani ed ovattati. Giorni tranquilli, in cui l'unico suono era quello dei vagiti di mio figlio e delle piccole stupide parole con le quali gli raccontavo il mondo; giorni seguiti da notti troppo silenziose, durante le quali cercai inutilmente ombre tra gli alberi, rumori di rami spezzati, occhi profondi che conoscevo.
Passarono alcuni giorni strani ed ovattati. Giorni tranquilli, in cui l'unico suono era quello dei vagiti di mio figlio e delle piccole stupide parole con le quali gli raccontavo il mondo; giorni seguiti da notti troppo silenziose, durante le quali cercai inutilmente ombre tra gli alberi, rumori di rami spezzati, occhi profondi che conoscevo.
I lupi mi proteggevano, come sempre, ma la pace mi aveva lasciata e non potevo dormire. Il mio corpo gridava la sua inquietudine tenendomi sveglia, crudelmente, quando avrei potuto riposare; torturandomi col sonno quando avevo bisogno di essere lucida.
Sedevo al tavolo a leggere una di quelle notti, quando sentii fremere l'aria, e qualcosa mi spinse a correre alla porta e, follemente, ad aprirla senza sapere con esattezza quel che stava accadendo.
La pioggia si era quasi placata e cadeva meno violenta; l'unico chiarore proveniente dalla luce azzurra della mia finestra non arrivava abbastanza lontano da rivelare i primi alberi, al confine con la foresta.
Non so cosa mi spinse sotto l'acqua, a piedi nudi, coperta a malapena da una camicia; so che una pazzia alla quale non sapevo dare un nome mi costrinse lontana da mio figlio addormentato, sull'erba davanti a casa, fino al limite del cerchio di luce dove cominciava l'oscurità.
E lì, all'inizio dell'ombra, un grande lupo dagli occhi calmi e scintillanti mi aspettava.
Sapevo cosa dovevo fare, e non rallentai il passo, anzi quasi corsi verso il buio e verso gli occhi che avevo riconosciuto.
Non fu il lupo ad accogliermi e a divorarmi, quando le mani furono abbastanza vicine da poterlo toccare.
Di nuovo l'aria ebbe un tremore trasparente, poi la mia sofferenza ebbe fine.
Quando comprese dalla mia pazzia quanto lo avevo aspettato, non ci fu più niente a fermarlo, né a fermare me.
Tutto ciò che era spezzato si ricompose, ciò che era morto ricominciò a pulsare; fu di nuovo la sua bocca sulla mia, le mani impazzite, le gambe che cedevano fino a farci ritrovare a terra, avvinghiati l'uno all'altro. E l'acqua, l'acqua che mi incollava la camicia addosso, i capelli al viso e la pelle su quella ardente ed amata e ritrovata di Jacob.
Sedevo al tavolo a leggere una di quelle notti, quando sentii fremere l'aria, e qualcosa mi spinse a correre alla porta e, follemente, ad aprirla senza sapere con esattezza quel che stava accadendo.
La pioggia si era quasi placata e cadeva meno violenta; l'unico chiarore proveniente dalla luce azzurra della mia finestra non arrivava abbastanza lontano da rivelare i primi alberi, al confine con la foresta.
Non so cosa mi spinse sotto l'acqua, a piedi nudi, coperta a malapena da una camicia; so che una pazzia alla quale non sapevo dare un nome mi costrinse lontana da mio figlio addormentato, sull'erba davanti a casa, fino al limite del cerchio di luce dove cominciava l'oscurità.
E lì, all'inizio dell'ombra, un grande lupo dagli occhi calmi e scintillanti mi aspettava.
Sapevo cosa dovevo fare, e non rallentai il passo, anzi quasi corsi verso il buio e verso gli occhi che avevo riconosciuto.
Non fu il lupo ad accogliermi e a divorarmi, quando le mani furono abbastanza vicine da poterlo toccare.
Di nuovo l'aria ebbe un tremore trasparente, poi la mia sofferenza ebbe fine.
Quando comprese dalla mia pazzia quanto lo avevo aspettato, non ci fu più niente a fermarlo, né a fermare me.
Tutto ciò che era spezzato si ricompose, ciò che era morto ricominciò a pulsare; fu di nuovo la sua bocca sulla mia, le mani impazzite, le gambe che cedevano fino a farci ritrovare a terra, avvinghiati l'uno all'altro. E l'acqua, l'acqua che mi incollava la camicia addosso, i capelli al viso e la pelle su quella ardente ed amata e ritrovata di Jacob.
Image: Evgeni Dinev / FreeDigitalPhotos.net
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