-Quando è mutata la pelle non possiamo rientrarci di nuovo. E' la Legge- disse Kaa.
-Ascoltami, mio prediletto- disse Baloo -Qui non c'è né parola né volontà che possa trattenerti.
Chi può chieder conto al Signore della Giungla? Chi può chiedere conto all'Uomo di quel che fa?-
-Ascoltami, mio prediletto- disse Baloo -Qui non c'è né parola né volontà che possa trattenerti.
Chi può chieder conto al Signore della Giungla? Chi può chiedere conto all'Uomo di quel che fa?-
-Tutti i debiti sono pagati, adesso. In quanto al resto, la mia parola è quella di Baloo.
Ricordati che Bagheera ti ha amato- esclamò e balzò via.
Ai piedi della collina gridò ancora forte e a lungo.
-Buona caccia sulla nuova traccia, Signore della Giungla.
Ricordati che Bagheera ti ha voluto bene.-
Rudyard Kipling, "Il Secondo Libro della Jungla"
La Corsa di Primavera
"Sei tornato".
Mentre i battiti del cuore rallentano come la marea che rifluisce, la mia consapevolezza risorge dalla morbida oscurità del desiderio placato; nel buio mi abbraccia senza rispondermi, ed io comprendo tutto.
Apro gli occhi sul volto bellissimo che ero certa di non rivedere mai più e lo scopro smarrito e spento, come se il tempo fosse passato invano; come se l'amore che provo non fosse niente e ciò che abbiamo sofferto entrambi fosse solo acqua che scorre.
Non posso permetterlo, perché l'unico senso che avevo trovato per ogni cosa era la sua felicità.
Preferirei vederlo sprezzante, subire la sua faccia da schiaffi, la sua indifferenza o la sua rabbia, piuttosto che averlo tra le braccia come ora e fare i conti col dolore che annebbia i suoi occhi: un gigante con i piedi d'argilla, una roccia frantumata da un terremoto, una fiera intossicata da un boccone avvelenato. Non è questo il ragazzo luminoso
che ha riscaldato la mia vita; questo è un uomo che porta un peso difficile, quasi insostenibile e la sua sofferenza mi turba, amplificando la mia.
L'Uomo torna all'Uomo! Egli sta piangendo nella Jungla
Lui che era nostro fratello soffre profondamente
L'Uomo ritorna all'Uomo -Oh, noi della Jungla lo abbiamo amato
e sulla traccia dell'Uomo non possiamo più seguirlo.
Lui che era nostro fratello soffre profondamente
L'Uomo ritorna all'Uomo -Oh, noi della Jungla lo abbiamo amato
e sulla traccia dell'Uomo non possiamo più seguirlo.
Ho messo il mio cuore sulla punta delle dita, sui palmi delle mani e cerco di penetrare nella sua pelle; ad ogni carezza prego che possa sentirne il battito, che sentirlo gli comunichi la mia tenerezza e che da questa possa essere consolato.
Il desiderio si è ormai spento come la brace sotto ad un acquazzone.
Non voglio più piangere. Non sono niente se non la persona sbagliata, così sbagliata che io stessa non comprendo l'amore che mi è stato donato. Ma ho un cuore che ama e sopravvive alle tempeste, un cuore indistruttibile e fedele e so resistere ed andare avanti. Ora mi opporrò alle lacrime e sarò forte, per amore di questo ragazzo che è tornato da me quando non l'aspettavo più.
Poso un bacio leggero sulle sue labbra; sono così vicine alle mie che respiro il suo stesso respiro. Con la mano libera gli accarezzo il viso, il collo, la spalla, il petto forte; credevo di averlo abbellito troppo nei miei sogni, come si fa coi ricordi, ma ora mi rendo conto che non gli ho mai reso giustizia. Scosto i capelli incollati alla sua fronte, poi percorro le sopracciglia e le linee del suo profilo come se le dita dovessero imprimere ogni dettaglio in una memoria che appartiene solo al corpo. Devo ricordare il dono di questa notte, inaspettato, devo imparare di nuovo i suoi lineamenti; devo poter rievocare gli occhi ardenti ed umidi, determinati e teneri, addolorati e sinceri. Non esistono al mondo parole sufficienti a dirgli quanto mi sia mancato, perciò taccio, certa che il mio corpo ha saputo essere più eloquente di me. E soprattutto non mi illudo; non sono mai stata così sciocca da pensare che mi appartenesse davvero.
C'è solo un motivo per il quale può essere qui. Non c'è più dolore nella mia resa, ora che so.
Non ci siamo mai detti addio.
Se ne è andato così in fretta che è stato come un'aggressione, un'operazione senza anestesia sulla carne viva, sveglia e sanguinante. Meno di dieci ore, da quando ho saputo che era arrivato il momento a quando è scomparso lasciandomi come una bambola rotta.
Ho dovuto ripetermelo mille volte per convincermi che non c'era più e non ci credevo lo stesso. Quando, alla fine di tutto, sono tornata in casa, mi sono chiesta come una stupida dove fosse, aspettandomi da un momento all'altro di sentire i suoi passi sul patio, di vederlo sbucare dalla porta che dà sul cortile dietro ad una bracciata di legna da ardere. C'è ancora il suo spazzolino da denti nel bagno al piano terra e la sua camicia a quadri appesa di fianco alla mia giacca; più di una volta ho messo in tavola un piatto di troppo, e più di una volta, nei giorni che sono venuti dopo, ho dovuto chiudermi in bagno colta di sorpresa da un dolore più forte di me.
Sono stata fatta a pezzi, a mente fredda e senza anestesia; il resto non mi fa più nulla. Credevo che dopo il lutto niente avrebbe più potuto toccarmi e lui mi ha afferrato l'anima e l'ha strappata via.
Tutto ha senso, ora che ho capito. Lo abbraccio più forte di prima.
E' il momento di dire quello che resta da dire; le parole alle quali non mi sono mai arresa, le risposte a domande che adesso rischiano di fare troppo male. Così, abbracciati, lasciamo che le visioni di un altro universo e di un'altra vita ci circondino; le guardiamo materializzarsi e rendere infinita questa stanza chiusa. Osserviamo i sogni diventare per un attimo veri in un altro luogo ed in un altro tempo. Amiamo la visione, ne ridiamo e ne piangiamo insieme, fino a quando i primi raggi del sole filtrano dalla finestra e dissolvono ciò che era possibile. Mentre gli ultimi lembi di sogno si dileguano, mi tende una mano. E' ora di andare.
L'alba ci sorprende ancora insieme, ai piedi di una collina, entrambi nuovi e pronti per un viaggio; lui per tornare a casa, io per ritrovare me stessa.
Sarà dolce risalire il sentiero e cominciare a cercare; l'impronta fresca di un lupo mi ricorda che non ho sognato.
La bellezza rugiadosa del mattino mi ricorda l'unica verità che conti.
Sono stata amata.
Il desiderio si è ormai spento come la brace sotto ad un acquazzone.
Non voglio più piangere. Non sono niente se non la persona sbagliata, così sbagliata che io stessa non comprendo l'amore che mi è stato donato. Ma ho un cuore che ama e sopravvive alle tempeste, un cuore indistruttibile e fedele e so resistere ed andare avanti. Ora mi opporrò alle lacrime e sarò forte, per amore di questo ragazzo che è tornato da me quando non l'aspettavo più.
Poso un bacio leggero sulle sue labbra; sono così vicine alle mie che respiro il suo stesso respiro. Con la mano libera gli accarezzo il viso, il collo, la spalla, il petto forte; credevo di averlo abbellito troppo nei miei sogni, come si fa coi ricordi, ma ora mi rendo conto che non gli ho mai reso giustizia. Scosto i capelli incollati alla sua fronte, poi percorro le sopracciglia e le linee del suo profilo come se le dita dovessero imprimere ogni dettaglio in una memoria che appartiene solo al corpo. Devo ricordare il dono di questa notte, inaspettato, devo imparare di nuovo i suoi lineamenti; devo poter rievocare gli occhi ardenti ed umidi, determinati e teneri, addolorati e sinceri. Non esistono al mondo parole sufficienti a dirgli quanto mi sia mancato, perciò taccio, certa che il mio corpo ha saputo essere più eloquente di me. E soprattutto non mi illudo; non sono mai stata così sciocca da pensare che mi appartenesse davvero.
C'è solo un motivo per il quale può essere qui. Non c'è più dolore nella mia resa, ora che so.
Non ci siamo mai detti addio.
Se ne è andato così in fretta che è stato come un'aggressione, un'operazione senza anestesia sulla carne viva, sveglia e sanguinante. Meno di dieci ore, da quando ho saputo che era arrivato il momento a quando è scomparso lasciandomi come una bambola rotta.
Ho dovuto ripetermelo mille volte per convincermi che non c'era più e non ci credevo lo stesso. Quando, alla fine di tutto, sono tornata in casa, mi sono chiesta come una stupida dove fosse, aspettandomi da un momento all'altro di sentire i suoi passi sul patio, di vederlo sbucare dalla porta che dà sul cortile dietro ad una bracciata di legna da ardere. C'è ancora il suo spazzolino da denti nel bagno al piano terra e la sua camicia a quadri appesa di fianco alla mia giacca; più di una volta ho messo in tavola un piatto di troppo, e più di una volta, nei giorni che sono venuti dopo, ho dovuto chiudermi in bagno colta di sorpresa da un dolore più forte di me.
Sono stata fatta a pezzi, a mente fredda e senza anestesia; il resto non mi fa più nulla. Credevo che dopo il lutto niente avrebbe più potuto toccarmi e lui mi ha afferrato l'anima e l'ha strappata via.
Tutto ha senso, ora che ho capito. Lo abbraccio più forte di prima.
E' il momento di dire quello che resta da dire; le parole alle quali non mi sono mai arresa, le risposte a domande che adesso rischiano di fare troppo male. Così, abbracciati, lasciamo che le visioni di un altro universo e di un'altra vita ci circondino; le guardiamo materializzarsi e rendere infinita questa stanza chiusa. Osserviamo i sogni diventare per un attimo veri in un altro luogo ed in un altro tempo. Amiamo la visione, ne ridiamo e ne piangiamo insieme, fino a quando i primi raggi del sole filtrano dalla finestra e dissolvono ciò che era possibile. Mentre gli ultimi lembi di sogno si dileguano, mi tende una mano. E' ora di andare.
L'alba ci sorprende ancora insieme, ai piedi di una collina, entrambi nuovi e pronti per un viaggio; lui per tornare a casa, io per ritrovare me stessa.
Sarà dolce risalire il sentiero e cominciare a cercare; l'impronta fresca di un lupo mi ricorda che non ho sognato.
La bellezza rugiadosa del mattino mi ricorda l'unica verità che conti.
Sono stata amata.
Boschi ed acque, vento ed alberi,
Saggezza, forza e cortesia,
Il favore della Jungla ti accompagni.
Saggezza, forza e cortesia,
Il favore della Jungla ti accompagni.
*******
-Sei tornato!
Cademmo in ginocchio, l'una contro l'altro ed io mi feci una chiara idea di cosa significasse l'espressione "Non capire più niente"; c'era solo l'acqua, la sua pelle calda, il suono ed il calore del nostro respiro; le sue labbra morbide e rabbiose insieme, le mani bagnate di pioggia incapaci di stringere abbastanza forte. Non capivo nient'altro. Appena trovai la volontà sufficiente a staccarmi dalla sua bocca mi misi quasi a gridare e la voce uscì dalla mia gola molto più strozzata e stridula di quanto avrei voluto.
-Non farmelo più, Jake. Non farmelo più o ti uccido con queste mani, hai capito? Hai capito?
Impallidì così violentemente che vidi il suo viso cambiare colore nonostante la poca luce.
-Lo so, Bells, sono un animale e mi odio per questo, non sai quanto. Se tu vuoi... se tu vuoi ti starò lontano, non mi avvicinerò più. Nemmeno a Elias, se vuoi. Potrai mai perdonarmi?
Mi sembrò sul punto di piangere. Ma... avevo capito bene? Mi stava dicendo che era pronto a stare lontano da suo figlio? A stare lontano da me? Giusto quello mi ci voleva per calmarmi!
-Non capisci un accidente! Davvero, Jake, come cavolo puoi dirmi una cosa del genere? Mi ero dimenticata quanto fossi idiota!
Mi avvinghiai al suo collo e mi ci appesi e strinsi forte.
-Scappa ancora. Lasciami ancora da sola, senza sapere dove sei e se e quando tornerai. Fallo ancora una volta e io ti uccido, Jacob Black. E non mi importa niente se lasci un orfano!
-Non hai paura di me? Non hai paura del...
Non lo lasciai finire. Non volevo sentire altro; l'unica paura che avevo era che se ne potesse andare di nuovo. Gli chiusi la bocca con la mia ed imparai qualcosa di nuovo su di me: potevo essere avida e baciare qualcuno senza troppa tenerezza; potevo baciare Jake con violenza e solo per fame, solo per punirlo di avermi lasciata, solo per calmare il mio bisogno di lui. Ricambiò il bacio ed il morso, con un ringhio soffocato a malapena.
Sentii le sue braccia circondarmi ed il suo calore arrivò in profondità attraverso la pelle ormai gelata; rispose con forza alla mia stretta isterica ed il mio ventre si scontrò con il suo e vi aderì. Riuscivo a sentire i battiti delle sue vene ed il suo calore pulsante crescere contro di me, fino a trasmettermi una scossa che mi aprì in due. Così questo era... era Jake? Non avevo sufficiente esperienza per capire bene. Tutto era stato come una specie di trance, la nostra unica notte. E poi c'era stato Edward. E non era... così. Così caldo e morbido e insieme duro e tenero e forte e...
-Bella. Fermami, per favore.
Quando le sue parole mi raggiunsero erano ridotte ad un'eco lontana mentre io seguivo, rapita, la corsa delle sue mani più giù, sui fianchi e poi sui glutei e poi lungo una coscia, mentre costringeva il mio bacino a stringersi ancora di più a lui e le mie gambe ad aprirsi attorno alle sue.
Un messaggio, una sorta di avvertimento, arrivò solo in quel momento alla parte razionale del mio cervello che stava per spegnersi: lui era completamente nudo ed io portavo solo un paio di mutandine ed una camicia alla quale non restavano più bottoni, incollata alla pelle dall'acqua e dal sudore. Spinsi ancora più forte contro di lui, annebbiata e sorpresa di me stessa. Se non volevo che accadesse era l'ultima occasione che avevo per fermarlo.
Ma cosa stavo dicendo? Per fermarmi.
Ed io non volevo affatto fermarmi.
Mi andava bene, più che bene, che accadesse sotto la pioggia, sull'erba, subito; lui era mio ed io lo volevo, subito. E avrei ucciso chiunque ci avesse disturbati, questa volta.
Con un profondo respiro, di nuovo più simile ad un ringhio, mi afferrò i polsi e fece leva contro se stesso separandoci, restando nudo ed ansante davanti a me.
La pioggia cadeva di nuovo fra di noi.
Veloce si alzò in piedi e mi prese in braccio, incamminandosi verso casa.
-Chiuditi quella camicia, per favore.
Mi coprii il seno con quel che restava della mia camicia ed incrociai le braccia per tenermi insieme. E un'altra cosa che imparai era che potevo avere degli istinti omicidi e che, magari, impegnandomi un po', avrei potuto strangolare un lupo a mani nude.
Non avevo mai immaginato di poter odiare la luce della mia cucina. Cruda, spietata e inopportuna. Cazzo.
Jake mi posò sulla soglia e si fermò.
-Non entri?
-Ahem. Lo farei volentieri, ma...come dire, non sono presentabile.
-Uff... aspetta un attimo. Vado, come dire, a cercarti qualcosa da mettere addosso.
Trovai i pantaloni di una vecchia tuta troppo larga per me che a lui sarebbe andata quasi bene e gliela lanciai affacciandomi dalla camera da letto. Elias dormiva ancora ed io riuscii ad asciugare un po' i capelli e ad infilarmi un pigiama.
Lo ritrovai pochi minuti dopo, coi capelli ancora bagnati e la mia tuta addosso, che armeggiava con un pentolino ed un paio di tazze sul fornello. Un attimo dopo sorseggiavo la mia tisana calda, osservando con attenzione i listelli di legno del pavimento.
Solo sotto tortura avrei alzato lo sguardo, perché sapevo che mi stava studiando. E nonostante avessi voglia di sgozzarlo e bere il suo sangue come un vampiro, fui raggiunta dalla carezza dei suoi occhi. Senza guardare seppi che stava sorridendo, di un riso sereno e tenero come lui in quel momento.
Le venature del legno, sul pavimento, si facevano sempre più interessanti.
-Bells?
-Sì?
-Devi dirmi qualcosa?
-No. Cosa ti dovrei dire?
-Niente, così. Chiedevo.
Non è che tutto mi fosse chiaro, ma una cosa sì, lo era. Una cosa sola.
Non mi odiava più.
C'era una nota divertita nella sua voce, stanca ma tranquilla. E poi...
Mi aveva baciata, ancora.
E... mi desiderava. Ancora. Certo, non avevo esperienza, ma quello l'avevo capito perfino io.
Potevo spingermi a pensare che...
-Fermati a dormire qui, Jake. Cioè, voglio dire. Il divano è un divano letto ed è pronto in un minuto.
-Se non ti spiace dormo sul tappeto, così posso allungare le gambe quanto voglio. Mi daresti solo un cuscino?
Gli lanciai un cuscino dalla camera da letto, con troppa forza forse. Poi me ne andai a dormire pregando che Elias reggesse ancora un paio d'ore, e chiedendomi se per caso Jacob ed io non fossimo due perfetti idioti.
-'Notte, Jake- mormorai.
Mi sembrò di sentirlo ridacchiare, in sala.
Non lo avevo mai detestato né desiderato tanto.
Avevo qualcosa su cui riflettere; ero sicura che c'era stato un cambiamento, ma mi sfuggivano sia il momento in cui era avvenuto, sia la sua natura. Stavolta però non mi fece male avere Jacob al di là della porta, così vicino ed ancora inaccessibile.
Ero sfinita e mi addormentai quasi subito, certa che avrei riposato tranquilla fino al risveglio di Elias.
Image: Evgeni Dinev / FreeDigitalPhotos.net
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