A hand in my mouth
A life spills into the flowers
We all look so perfect
As we all fall down
In an electric glare
The old man cracks with age
She found his last picture
In the ashes of the fire
An image of the queen
A life spills into the flowers
We all look so perfect
As we all fall down
In an electric glare
The old man cracks with age
She found his last picture
In the ashes of the fire
An image of the queen
-Ehi, bello, sveglia!-
La ragazza strappò il lenzuolo, scoprendo il lungo corpo nudo e muscoloso che riempiva il letto troppo corto. I piedi penzolavano fuori dal materasso, oltre la pediera. “Sei decisamente fuori misura, tesoro, il mio letto è perfetto, ci stanno sempre tutti bene” rispose ad un'immaginaria protesta. In realtà dal letto veniva solo una sonora e regolare vibrazione.
“Bel culo, decisamente” pensò avvicinandosi.
Non c'era stata nessuna reazione: quella specie di bestione continuava a russare, sdraiato a pancia sotto, di traverso al materasso. Non si era nemmeno mosso, e lei doveva andare a lavorare.
In compenso lei sì, aveva reagito. Lo spettacolo che si godeva in quel momento non era roba da tutti i giorni.
La schiena bruna, ampia, le braccia lunghe e forti. Sul braccio destro spiccava un tatuaggio tribale, misteriosamente appropriato sul colore caldo della pelle.
Il sesso scuro che si indovinava proprio sotto ai glutei rotondi, la coscia dura e tornita ripiegata ad agganciare un cuscino: più ancora dell'odore di sesso che riempiva la stanza, la visione la colpì e le fece annodare qualcosa, in fondo, lasciandola bagnata e pronta a ricominciare. Se solo non avesse dovuto andare a lavorare...
-Ho detto SVEGLIA!- latrò all'orecchio del suo ospite, strappandogli il cuscino. Stavolta, segni di vita su Marte.
-Mmmmnghmnnn.... ancora un attimo, papà...-
Papà?
Perse la pazienza. Il bicchiere pieno d'acqua sul comodino prese il volo e atterrò direttamente sulla schiena del suo ospite, come una manata gelida.
-Ehi! Che accidenti succede? Sei matta?-
Si era sollevato e voltato di scatto, la naturale reazione "combattimeno o fuga" di un animale selvatico e spaventato.
“Assolutamente fantastico anche il lato A” registrò lei, guardandolo sfrontatamente.
Tra tutto ciò che ora divorava con gli occhi, non c'era nulla che non fosse armonioso, solido, scolpito. Ricordò che poche ore prima aveva affondato le unghie nelle spalle e nel torace ampio, mentre stava sopra di lui.
Avrebbe volentieri mandato al diavolo la paga di una giornata, per cavalcare di nuovo quel corpo caldo dall'odore sconosciuto. Selvatico. E lei di odori se ne intendeva.
-Oh- farfugliò lui passandosi una mano sugli occhi. Si guardò e realizzò di essere completamente nudo.
Merda, di nuovo
Una vampa di rossore scurì il viso imbronciato, dalla carnagione ramata e calda. Era indiscutibilmente bello. Mai avuto uno così, si compiacque lei. Nemmeno mai conosciuto, a dire il vero. Doveva essere stato il suo giorno fortunato, ieri...
-Oddio... uhm. Che è successo? Che diavolo...- chiese lui.
Gli si leggeva in faccia il mal di testa, il chiodo pulsante piantato nel cervello, due dita più su del sopracciglio destro.
La smorfia del viso tradiva fatica, forse quella di ricordare.
Lei non aveva bisogno di sforzarsi: ricordava tutto perfettamente. Avevano bevuto, parecchio, poi lo aveva trascinato tronfia fuori dal TittyTwister*, sottraendolo a un paio di ragazzette che schiamazzavano appese alle sue braccia.
Lui l'aveva seguita, docile, anche perché non avrebbe saputo dove andare né che altro fare.
Forse avrebbe dormito accucciato sotto un albero, o forse addirittura per strada. Il freddo pungente, almeno quello, non era un problema. Ma l'inverno dalle sue parti arrivava presto, dopo un breve autunno. Tra poco sarebbe nevicato, e sarebbe stata ancora più dura.
Da parecchi giorni, ormai, non era in grado di fare altro se non abbandonarsi, come una barca alla deriva. Come un pezzo di legno nella corrente, semplicemente lasciava fare: alle giornate, al tempo, alla strada. Talvolta, alla fame e alla sete. E alle donne che lo abbordavano, più spesso di quello che si sarebbe aspettato.
Lei giudicò autentico lo stupore sulla sua faccia. Strano, dimostrava almeno venticinque anni, ma quell'espressione sperduta sarebbe stata meglio ad un ragazzino alle prime armi.
-Vuoi sapere se mi hai scopata? Certo che si, tesoro. E te la sei cavata piuttosto bene, parola mia...-
Sono tutte palle che gli ubriachi non ricordano.
Ma se è sempre uguale poi ti incasini, ovvio
La mia testa...
Cazzo vuoi da me adesso? Lasciami dormire...
Non carburava nè voleva farlo, gli piaceva restare rincoglionito perso, a metà strada tra sonno e nebbia, lasciandosi sommergere dall'incoscienza che andava e veniva ad ondate pesanti ma gradevoli. Meglio che pensare, comunque.
Solo una volta o due, all'inizio, aveva urlato il nome sbagliato. Poi aveva scoperto che un pò d'alcool aiutava. Del resto, non c'era più niente da fare. Nelle visioni lei si trasformava in un mostro, e lui riusciva a ricordare che questo non era un sogno, era vero. Era qualcosa che era già accaduto. Era finita.
Quando non voleva ricordare, era il suo corpo che lo fregava. Il corpo è bastardo, ricorda sempre e non mente mai. Il concetto di "pietosa bugia", il corpo non lo conosce.
Qualcosa avvelenò le sue sensazioni, come quando, dormendo, il trip comincia come un sogno e diventa un incubo, e il sorriso di un volto amato diventa una smorfia orrenda. Come quando nella delizia di un sapore irrompe il marcio, l'acido, la degradazione di un cibo avariato. Come quando un gesto all'apparenza insignificante distrugge un ricordo infangandolo per sempre.
Sul suo viso il rossore di poco prima cedette il posto ad un ghigno cattivo.
-Me la sono cavata bene... dici?-
Con una mano si accarezzò, adesso più sveglio e più sfrontato di lei.
Stai lì a fissarlo?
Stronza.
Lei deglutì, sonoramente, senza abbassare gli occhi. La mano di lui giocava, distratta, e lui ancora lasciava fare. Stavolta era il suo corpo di giovane maschio che decideva in che direzione andare. E anche questa era una sorpresa, per lui: quanto quella sua parte facesse da sola, qualche volta.
-Allora? Faccio da me?
La tensione pulsante di quel movimento apparentemente casuale inondò lei, aprendola come non le capitava da anni.
“Al diavolo il lavoro” pensò. “E' già pronto"
Lei era vestita di poco, e non impiego molto a spogliarsi e a raggiungerlo di nuovo. Cercò di arrampicarsi sopra di lui, come era stato la notte prima, quando lui riverso sul cuscino l'aveva prima lasciata fare, e poi l'aveva afferrata per andare più in fondo e finire.
Echoes round the sweating bed
Sour yellow sounds inside my head
In books
And films
And in life
And in heaven
The sound of slaughter
As your body turns
Sour yellow sounds inside my head
In books
And films
And in life
And in heaven
The sound of slaughter
As your body turns
Stavolta non glielo permise.
La bloccò, e spostarlo sarebbe stato come muovere una roccia.
Le spinse la testa in basso facendola mettere a quattro zampe, aperta. La frugò con le dita, ovunque, curioso e brusco come un giovane animale. Con una mano esplorava, con l'altra le tratteneva i capelli. Forse le faceva male, ma non gli importava. La penetrò così, da dietro, mentre un gemito più simile ad un ringhio smorzato gli percorreva la gola.
-Non avevi fretta?-
Stronza.
Lasciò andare i capelli. Afferrò con entrambe le mani i fianchi della donna e si mosse, forte e veloce.
Venne in pochi attimi.
Troppo in fretta per lei, che si girò sulla schiena cercandolo ancora, con gli occhi. Non aveva mai smesso di gemere e adesso mugolava, implorante, non osando neppure toccarsi; era rimasta abbandonata, a metà strada, e adesso aveva bisogno di lui.
Doveva assolutamente avere qualcosa, la bocca, le mani, di nuovo lui. Qualunque cosa pur di finire.
Lo guardava come in attesa, ma lui non si mosse. Era sul letto di fianco a lei, al lato opposto, rivolto al muro dipinto di finta allegria, dove un orologio batteva secondi interminabili.
Nel silenzio della stanza non aleggiava più la tensione di lei carica di aspettativa, e non c'era più nemmeno l'eco dell'arroganza di poco prima. Lei era scoperta, esposta nelle parti più intime, implorante; una debolezza che non ricordava le fosse mai appartenuta, che le diede per un attimo la sensazione dolorosa delle sue notti vuote.
Non ci pensava mai, alla sua vita, e fu un bagno gelido averne una visione in quell'attimo.
Fu per una frazione di secondo, ma sentì di essere indifesa di fronte a se stessa. E a lui.
Se solo fosse stata in grado di pensare, avrebbe anche provato paura per il modo in cui lui la guardava adesso.
Si era girato, e la fissava.
Con occhi vuoti. Senza vederla.
Un sorriso acido sul volto del ragazzo; le labbra tirate, come a scoprire i denti.
Allungò una mano e la toccò al vertice, dove lei pulsava. Una volta, lentamente. E poi ancora. Lentamente.
E poi si fermò.
-Fai da sola, bella, io devo andare.-
Scese dal letto, indossò i pantaloni corti che portava la sera prima. Recuperò la t-shirt appallottolata sul pavimento.
Lei sul letto, con le gambe aperte, ancora gemeva. -Bastardo! Maledetto bastardo!-
Troppo tardi per fermarsi, troppo tardi. Era troppo oltre, più in là della sua umilizione.
Fu costretta da un bisogno potente a finire da sola. Aumentò il ritmo della mano e venne, rabbiosa, insultandolo ancora, mentre lui varcava la porta, senza girarsi indietro e senza parlare.
But it's too late
One more day like today and I'll kill you
A desire for flesh
And real blood
I'll watch you drown in the shower
Pushing my life through your open eyes
One more day like today and I'll kill you
A desire for flesh
And real blood
I'll watch you drown in the shower
Pushing my life through your open eyes
Fuori era mattina, e la luce ancora pallida gli parve accecante. Il ragazzo non ricordava più quanto aveva amato il sole.
Camminò in fretta per un paio di isolati, poi dovette fermarsi. Con una mano si sostenne al muro e vomitò, a testa china, fino a non poterne più.
Vomitò fino a che rimase solo il gusto verdastro della bile in bocca e nelle narici.
Ancora qualche passo, e dovette fermarsi di nuovo, ma stavolta il male non era nello stomaco e non potè vomitarlo.
Schiena al muro, nascose il viso con entrambe le mani e si lasciò cadere.
Cazzo, mi dispiace
Mi dispiace mi dispiace mi dispiace
Un tempo era stato capace di piangere, adesso non venne niente. Piangere per cosa, poi? Nessuna visione dietro le palpebre chiuse, nessuna carezza dal suo passato che già pareva così lontano da non essere mai stato vero.
Posò la testa dolorante sulle ginocchia e restò fermo, sotto il sole che saliva nel cielo opaco, immobile per non scatenare altro dolore imprevisto.
Fortunatamente era domenica mattina, poca gente, nessuna domanda. I pochi che passavano davano un'occhiata e tiravano dritto, impauriti.
Nessuno gli rivolse la parola, e fu un bene, perché non sarebbe stato in grado di rispondere.
I must fight this sickness
Find a cure
I must fight this sickness...
Find a cure
I must fight this sickness...
The Cure
Cosa è stato?
Il sole adesso era più alto, sufficientemente tiepido per scaldargli la pelle. Si riscosse e un attimo dopo era in piedi, di nuovo. Cominciò a correre lungo il bordo della strada, senza sapere bene dove andava. C'erano degli alberi verso la linea dell'orizzonte.
Corse ancora, e ancora, senza voltarsi indietro.
* Il "TittyTwister" è il locale dove si ferma il camper di George Clooney in "Dal tramonto all'Alba". Pieno di vampiri. Mi sembrava indicato, hi hi :-)
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