Disclaimer

In questo blog pubblico le storie che ho scritto io ispirandomi ai libri della saga di Twilight di Stephenie Meyer. Quindi tutti i personaggi sono di zia Steph, che ringrazio per avermi fatta sognare come se avessi ancora quindici anni. Ogni tanto prendo anche dagli omonimi film della Summit Entertainment, secondo quello che mi serve ai fini della storia. Idem per certe battute dei protagonisti. Se le trovate uguali, è ovvio che le ho prese dai libri o dal film! Quindi tutti i diritti spettano ai legittimi proprietari del copyright. Le storie invece sono mie, ma potete riprodurle se citate la fonte, che deve essere questo blog oppure il sito EFP dove le pubblico con il nickname jakefan. Fatevi un giro su EFP, è davvero simpatico.

mercoledì 25 gennaio 2012

40. Epilogo

Copertina realizzata da Kukiness


Qualche settimana dopo la nostra fuga nella foresta, in una bella giornata di sole, Leah se ne è andata.
Non ha nemmeno avuto bisogno di chiedere il permesso a Jake, è stato lui a ricordarle che era libera. Leah era pronta da tempo e sarebbe stata solo questione di settimane, forse di giorni.
Siamo rimasti increduli quando ci ha detto che cosa aveva combinato e ci siamo sentiti tutti degli idioti per non esserci accorti di niente. Si è iscritta al college. AUT University, ad Auckland.
Auckland, Nuova Zelanda!
E' ovvio solo per me, forse, che desiderasse avere un validissimo pretesto per non tornare spesso a casa. Ma perché farsi tanto male? Non abbiamo potuto fare nient'altro che sorridere a denti stretti e farcela andare bene. Curiosamente, la persona che avrebbe dovuto essere più addolorata è stata quella che ha dato più segni di approvare incondizionatamente la scelta di Leah. Allora non abbiamo fatto nient'altro che arrenderci alle sue motivazioni nascoste. Neanche troppo nascoste, a dire la verità.
Il giorno in cui è partita, Leah si è presentata alla nostra porta con una sacca in spalla e i capelli tagliati ancora più corti di come era solita portarli; non ho potuto fare a meno di pensare a qualcosa di simbolico, ad un taglio netto, come quello delle monache quando recidono il loro legame con il mondo. E questo, insieme alla distanza enorme tra la città dove è andata a vivere e La Push, mi fa pensare che la rescissione sia stata dolorosa, che abbia dovuto forzarsi per portarla avanti fino in fondo nonostante la sua determinazione.
Comunque sia, non si è mai voltata indietro -almeno finora- e crediamo che alla fine abbia incontrato qualcosa che assomiglia molto alla felicità.
La mattina che è venuta a salutarci era pallida e serena e aveva gli occhi asciutti; ha abbracciato frettolosamente Jacob, ancora più frettolosamente me, poi ha saltato i tre scalini del nostro patio per raggiungere sua madre e Seth che la aspettavano in macchina.
E’ stato in quel momento che ho sentito l’impulso di seguirla giù per le scale.
-Leah! Aspetta, Leah!
Si è voltata stupita e non so descrivere la faccia che ha fatto quando mi sono aggrappata al suo collo e sono scoppiata in lacrime.
-L’ho sempre detto che sei fuori come un balcone, Swan- ha borbottato, rigida come un baccalà, battendomi piccoli colpi sulla schiena. Come si fa con i matti.
-...Abbi cura di te. E anche di loro.
-Loro chi?
-Loro chi cosa?
-Non so, sei stata tu a dirlo!
-N-non ho detto niente…
Non avevo detto niente, vero? Perché mi guardava così?
-...Sei matta. Comunque va bene, avrò cura di tutti, ok?-ha concluso, con aria condiscendente.
Se ne è andata senza più voltarsi, tranne quando è salita in macchina; allora forse ha connesso tra loro certi pensieri, non lo so, perché si è girata verso di me e mi ha salutata ancora con un cenno della mano. Io invece non sono riuscita a connettere un bel niente; non mi spiego ancora oggi quello che è uscito dalla mia bocca.
Sono rimasta a guardarla andare via fino a quando la macchina è scomparsa in lontananza, e così ha fatto Jacob con Elias in braccio.
Ho capito solo in quel momento che non l’avrei rivista mai più e così è stato, almeno fino ad ora. Ogni anno, misteriosamente, qualcosa impedisce a Leah di tornare a casa; dobbiamo farci bastare le sue notizie, e accontentarci di sapere che sta bene.
Avrei voluto dirle almeno che non vomitavo solo per la paura, quando mi ha riportata a La Push sulla sua schiena: tutti quegli svenimenti e quella nausea erano un po’ troppi perfino, come diceva lei, per una mezza calzetta come me. Avrei voluto dirle che le sono doppiamente grata, perché oltre a me ha portato in salvo il figlio che non sapevo ancora di aspettare.
Daniel è nato sette mesi e mezzo dopo la sua partenza; Leah lo ha saputo da sua madre, che ha riso per settimane di me e di Jacob convinti che una donna quando allatta non può rimanere incinta.
Quando Jacob ha raccontato a Quil Ateara III che sarebbe nato un secondo piccolo Black, il vecchio si è rianimato dal torpore del riposo pomeridiano. Un largo sorriso sdentato gli tagliava il viso, come una vecchia zucca rugosa. Ha detto “Brava Leah! Questo vecchio deve mettersi al lavoro, allora”. Jacob ed io ci abbiamo ragionato su per settimane, senza riuscire a capirci niente. Tanto per cambiare.

Dopo Leah sono partiti i Cullen, o meglio quel che resta di loro.
Carlisle ha deciso di dedicarsi per qualche anno alla ricerca nel campo della biomedicina e delle biotecnologie, così si è trasferito con Esme a Oulu, in Finlandia, dove pare ci sia un'Università all'avanguardia in questo genere di studi... e molto poco sole. Sospetto che si interesserà anche di DNA e mutazioni; continua a darci l'impressione di sentirsi profondamente colpevole per tutto quello che è successo a me, ai ragazzi della riserva e che prima o poi toccherà anche a Elias. Forse vuole cercare un rimedio, e questo nonostante io non faccia che ripetergli che siamo felici così.
Con poche ore di volo Esme e Carlisle riescono anche a recarsi a far visita ai figli, a Volterra, più in fretta che se partissero dagli Stati Uniti.
Rosalie ed Emmet vivono con loro, a quanto mi risulta, ma sono spesso in viaggio perché Rose, tra mille difficoltà, si è imbarcata in una serie di missioni umanitarie tutte a favore dei bambini. Questa è una svolta che nessuno si aspettava: forse ha trovato una maniera per vivere il suo mai sopito istinto materno. Riceviamo regolarmente da lei regali per Elias, che è il bambino più viziato (a distanza) del mondo.
Di tanto in tanto, per Natale e per ogni compleanno della famiglia, ricevo un biglietto di Alice. Ogni volta cerco tra le righe notizie di Edward col cuore stretto, e non sono mai stata veramente bene dopo la lettura delle poche, laconiche frasi della mia amica. Penso spesso a lui; a dire il vero non ho nemmeno bisogno di pensarlo, perché fa parte di me. E’ stato troppo importante e sento di essere legata a lui da un debito che non so come né quando riuscirò mai a ripagare.
L’assenza di notizie precise mi fa sperare che in qualche modo lui, Alice e Jasper se la stiano cavando abbastanza bene a Volterra. Però io, che non sono credente e non prego mai, non lascio passare una sera senza aver chiesto a qualunque dio ci sia in cielo di vegliare su di loro, prima di chiudere gli occhi.

Jacob ha provato in un paio di occasioni a farsi spiegare cosa è successo esattamente durante la notte del mio rapimento.
Sul braccio destro mi è rimasta una breve cicatrice, sottile ma netta; ogni volta che la vede gli tremano le mani ed è per questo che mi rifiuto di raccontare i dettagli di ciò che è accaduto.
Taccio anche per un’altra ragione che ha a che fare con il senso di colpa; è una sofferenza che voglio e devo gestire da sola e che spero di riuscire a spegnere col passare del tempo.
Mi sento colpevole per aver permesso a... a lui di affascinarmi, anche se razionalmente mi rendo conto che quella malìa appartiene alle armi di cui i vampiri si servono per soggiogare le loro vittime. Mi odio per non essere stata più forte, anche se so che una prova di forza sarebbe stata solo stupida e mi avrebbe forse fatta uccidere; dovrei pensare che la mia debolezza mi ha salvata e invece riesco solo a detestarmi per essere stata cera molle nelle sue mani. Corpo e anima, anche se per poco.
Ho detto a Jacob che sto bene, che il ricordo non mi turba anche se, come al solito, di tanto in tanto mi sveglio la notte e lui deve cullarmi fino a quando non mi riaddormento. Spesso fingo di dormire per non costringerlo a rimanere sveglio con me, visto che apre l'officina molto presto, al mattino. Poi rimango a guardare il buio e ad ascoltare ogni più piccolo rumore, oppure chiudo gli occhi e non oso riaprirli, nel timore di scorgere un volto pallido e sublime che mi fissa dall'oscurità.

Una sera, mentre sistemavo la cucina canticchiando, Jacob si è avvicinato e mi ha fatta sedere sulle sue gambe.
-Tu sembri felice, signora Black. E sembri anche aver dimenticato quella brutta faccenda.
L’ho baciato come ormai ho imparato a fare anch’io.
-Non è che l’ho dimenticata, signor Black, ma non ha fatto grossi danni perché da un certo punto in poi sono stata sicura di tornare a casa.
-Davvero? E come mai?
E’ stato così che gli ho raccontato il sogno e gli ho detto di quella donna con gli occhi scuri e le ciglia lunghe; ho raccontato le parole e gli ho descritto lei, quanto era bella e il cammeo di turchese che portava al collo.
Jacob è sbiancato ed è corso a cercare qualcosa nell’armadio (facendomi volare per terra, ma non importa), in una scatola dove tiene le poche cose che si è portato via dalla casa di Billy. E’ tornato con una foto e c’era proprio quella donna, e portava al collo lo stesso cammeo di turchese. Poi, ancora più pallido, ha aperto la mano tremante e mi ha mostrato proprio quel cammeo, attaccato ad una catenina d’argento.
Avrei dovuto immaginarlo prima.
-Oh dio, Jake.
Nella foto c’erano anche Billy e le gemelle, e lui stesso con i calzoncini corti e lo sguardo pestifero, e Sarah Black aveva la stessa espressione dolce e triste di quando, alla fine del sogno, si è congedata da me.
Per lunghi minuti ci siamo tenuti stretti. Spaventati, consolati e pieni di speranza che la vita davvero non finisca mai.
Porto spesso il cammeo e ho sognata ancora mia suocera, ma non mi ha mai più parlato.

Non così fanno gli altri morti, purtroppo. Spesso non so nemmeno che sono morti, lo scopro casualmente uno o due giorni dopo. A volte dicono qualcosa, messaggi per i vivi che cerco di recapitare senza apparire del tutto folle; altre volte mi hanno chiesto solo una preghiera. Mai nessuno mi ha turbata o mi ha fatto del male; al contrario, da queste visioni mi rimane un senso di protezione per me e per la mia famiglia.
Il vecchio Quil ridacchia con l’aria di chi la sa lunga quando gli racconto queste cose, e alla riserva ormai nessuno si stupisce più dei miei sogni. In un posto dove metà della popolazione giovanile si trasforma in lupo e ha familiarità con i vampiri, che io sia un po’ strana non fa notizia e comunque non dà fastidio a nessuno.
Ah, ancora una cosa, per rimanere in tema di matti.
Jacob ha rispedito a Volterra i pezzi di Alec uno alla volta, in eleganti pacchi dorati indirizzati a sua sorella Jane. Se ho capito qualcosa di Aro, si sarà divertito come un matto e contemporaneamente avrà segnato nella sua agenda millenaria di procurarci altrettanto divertimento. Leah avrebbe detto che mio marito è un cazzone e per una volta mi troverebbe assolutamente d'accordo.
Io sono certa come la morte che rivedrò Aro. Spero molto tardi, spero non qui, ma so che accadrà. Ho paura. Ho solo la speranza che Alice ed Edward riescano ad avvertirci in tempo. E se mai in qualche modo i Volturi ci minacceranno ancora credo che lo sapremo e, come abbiamo già fatto, ci prepareremo a difenderci. In ogni caso, io saprei cosa devo fare e forse basterebbe ancora.

* * *
Un pomeriggio di giugno siamo seduti sulla spiaggia: siamo venuti qui a pranzare, come facciamo spesso quando Jacob ha tempo. Butto in una borsa pane, affettato e pomodori freschi, biscotti e succhi di frutta e scendiamo a First Beach con Elias e Daniel, per mangiare tutti insieme in riva al mare. Mentre li guardo infangarsi i jeans che non ho fatto in tempo a togliergli e mi sistemo rassegnata sulla coperta di fianco a Jake, una visione inizialmente reale diventa prima un ricordo e poi di nuovo una visione in cui sono circondata da una corona di montagne; sono letteralmente trasportata indietro nel tempo.
L'aria è tiepida davanti al mare di giugno ma io non sono più lì; sono su quella montagna e, proprio ora , sento il vento carico di neve e di paura, di aspettativa e di angoscia, che circonda noi due la mattina prima della battaglia. L'uomo che ora è al mio fianco mi bacia stringendo i miei fianchi contro i suoi e comprendo che quello che mi sta mostrando è esattamente questo: riapro gli occhi e vedo le teste brune dei nostri figli giocare sotto il sole.
Jacob mi guarda; non gli ho mai raccontato quella visione, ma sento che, come al solito, anche in quel momento mi ha letta dentro. Sapeva da sempre, semplicemente, che sarebbe andata così e con la stessa chiarezza ha sempre saputo che lo amo.
Mentre rincorro con gli occhi i miei figli, che ora sono chini su una buca con palette, secchielli e una carriola di plastica, la visione cambia ancora: non sono due maschietti, sono un bambino e una bambina, lui con la pelle scura ed un ciuffo nero sugli occhi, la bimba con dei corti boccoli castani e la pelle troppo chiara un po’ scottata dal sole. Si chinano, raccolgono la sabbia bagnata e una torta coperta di sassolini bianchi prende forma sul bagnasciuga. Attorno ai due bambini, ombre di uomini e donne che erano e non sono più: ecco Sarah dai capelli di seta che mi saluta con un cenno della mano e il solito sguardo dolce e triste, Billy in piedi, sano e giovane, con le gemelle per mano, Charlie che sembra un ragazzino ma porta già i baffi, Harry Clearwater al quale una monella scappa di mano; ha i capelli ancora neri e la canna da pesca sulle spalle. So che si siederà sugli scogli con Charlie e staranno là in silenzio per ore.
I due bambini alzano la testa, la me stessa piccina mi sorride ed è felice perché mi ha ritrovata; mi dice "Hai visto? Era tutto così facile!"
Non so come sarebbe stato, non so come sarebbe andata se solo uno di tutti gli eventi che ho raccontato fosse evoluto diversamente, se il battito d’ali della farfalla avesse mutato la materia del tanto che basta a cambiare il corso delle cose. So solo che la vita ha fatto mille giri e poi è ripartita da qui.
Io, loro, il passato ed il presente, tutto si incontra qui: era questo il cammino naturale nell’universo dove Jacob ed io ci apparteniamo. E’ andata così e non poteva andare diversamente, nonostante lupi, vampiri e cose grosse come l’eternità che si sono messe sulla nostra strada.
Alla fine l’eternità si è stemperata in un qui ed ora di carne, sangue caldo, briciole, risvegli di calore e caffè, allungare un piede e sentire che lui è al mio fianco, proprio come stamattina. Non gli ho ancora detto che sono di nuovo incinta.
Il cerchio si è chiuso; ad un tratto le scintille mi accecano, non lo so, forse le visioni si sono confuse ed unite o io tanto per cambiare sto piangendo, ma è solo per la troppa felicità. Non sento più niente se non la sua spalla contro la mia, il suo odore che ormai è diventato il mio e sa di caldo, di noi due e di sole.
Riesco a pensare solo una cosa, sempre la stessa.
Ho avuto molto di più dell’eternità.

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