Devo andarmene da qui.
L'urgenza di questo pensiero soffocò tutti gli altri. Carlisle mi aveva regalato un po' di tempo, ma adesso dovevo muovermi.
Il fatto che mio suocero avesse allontanato volutamente Edward -perché a mio figlio non serviva nessuna medicina, era evidente- aumentava la mia ansia; forse temeva reazioni imprevedibili da parte di mio marito e voleva avere il tempo di gestirle.
E poi c'erano i Volturi: ovviamente avrei rotto il patto e loro sarebbero venuti a cercarmi. Era solo questione di tempo.
L'effetto degli antidolorifici si era esaurito: la ferita pulsava tanto da parere bollente, ma potevo solo cercare di ignorarla.
Avevo chiaro nella mente cosa dovevo fare, per una volta.
Non avrei dormito né ascoltato il dolore né mi sarei fermata, fino a quando non avessi portato mio figlio nell'unico posto al mondo dove sarebbe stato al sicuro.
***
Il numero di telefono che mi serviva doveva essere da qualche parte nella mia borsa, forse scritto su un foglietto tra decine di altri foglietti infilati a caso nell'agendina. Ribaltai tutto sul letto e mi misi a scavare maledicendo la mia pigrizia e la mia allergia ai cellulari. Doveva esserci: lo avevo preso qualche mese prima, per lasciarlo a Charlie e ad Edward. E infatti, eccolo lì.
Mi si annodavano le dita per la tensione, ma in qualche modo riuscii a pigiare i tasti del telefono.
Uno squillo, due squilli, e poi ancora.
Pregai mentalmente che fosse lei a rispondere, e non lui.
-Uley.
Ovviamente.
Una voce maschile impastata di sonno rispose con tono molto seccato, quasi maleducato.
-Sam. Ti prego, scusami per l'orario. Sono Bella Swan.
-Bella?
Un lungo silenzio. Una voce di donna in sottofondo. Sam, chi è?
-E' Bella Cullen.
Ecco, cominciamo bene. Non fa niente, calmati, Bella.
-Sam. Lo so che non te l'aspettavi, lo so che è un orario assurdo. Però è importante. Ti devo chiedere un... favore. E' importante.
Un respiro, ancora silenzio. Mi sembrò quasi di vedere le sopracciglia aggrottate di Sam.
-Scusa, Bella, ma ti rendi conto? Sei sparita per mesi, e adesso chiami alle tre di notte per chiedermi un favore?
-Sam, ti giuro che non l'avrei fatto se avessi avuto...
-Sei fuori luogo, Bella. Sarà anche importante ma puoi chiamare domani mattina, e se non lo è, lasciaci in pace. Buonanotte.
-No, aspetta! Passami Emily!
Scoppiai a piangere, ovvio.
-Passamela, bestione.- La voce di Emily, poco più lontana. Doveva aver sentito tutto.
L'avevo incrociata qualche volta ai controlli, in ospedale; lei e Sam si erano sposati un paio di mesi dopo Edward e me, e aspettavano un bambino. Non avevamo più parlato, le avevo solo sorriso da lontano.
-Bella? Sei proprio tu?
-Emily, grazie al cielo... Sono in ospedale a Forks, ho partorito poche ore fa. Cesareo d'urgenza, stiamo bene. Senti, lo so che è da pazzi ma... Devo andarmene da qui, subito. Ti prego, dì a Sam di venirmi a prendere. Ti prego. Per favore.
-Un momento, non capisco. Non c'è tuo suocero, lì? Tuo marito? Perché vuoi andartene?
-No, sono sola. Credo che...che siamo in pericolo. Io e il bambino. Siamo in pericolo.
Silenzio.
-Emily. Devi credermi.
Riuscii a gorgogliare ancora qualcosa come un Ti supplico mentre mi chiedevo cosa avrei fatto se, giustamente, mi avessero lasciata a sbrigarmela da me.
-Calmati, Bella. Aspetta un attimo, devo parlare con Sam.
Emily mi lasciò appesa ad un filo per i trenta secondi più lunghi della mia vita.
Mi vidi con i loro occhi e mi sentii incredibilmente stupida. Dove avevo trovato il coraggio di chiamare? Con tutto il male che gli avevo fatto... a tutti loro, a Billy più di tutti. Cosa diavolo potevo pretendere?
Poi, di nuovo la voce gentile di Emily.
-Sam si sta vestendo, sarà lì tra mezz'ora al massimo. Tu sei in grado di muoverti?
-In teoria no, ma devo farlo lo stesso. Mi preparo e lo aspetto.
-Mi auguro che tu sappia quello che stai facendo, Bella. Ci stiamo fidando di te. Sam non vuole entrare in rotta di collisione con i Cullen.
Avevano ragione, i timori di Sam erano ampiamente giustificati: stavo chiedendo ai Quileute di schierarsi dalla mia parte. Se la reazione dei Cullen ai miei innumerevoli errori fosse stata poco meno che civile, si sarebbe potuti arrivare ad uno scontro.
Scoprii che non me ne importava un accidente.
Qualsiasi cosa, pur di mettere mio figlio in salvo, incluso bruciare all'inferno.
Mi si annodavano le dita per la tensione, ma in qualche modo riuscii a pigiare i tasti del telefono.
Uno squillo, due squilli, e poi ancora.
Pregai mentalmente che fosse lei a rispondere, e non lui.
-Uley.
Ovviamente.
Una voce maschile impastata di sonno rispose con tono molto seccato, quasi maleducato.
-Sam. Ti prego, scusami per l'orario. Sono Bella Swan.
-Bella?
Un lungo silenzio. Una voce di donna in sottofondo. Sam, chi è?
-E' Bella Cullen.
Ecco, cominciamo bene. Non fa niente, calmati, Bella.
-Sam. Lo so che non te l'aspettavi, lo so che è un orario assurdo. Però è importante. Ti devo chiedere un... favore. E' importante.
Un respiro, ancora silenzio. Mi sembrò quasi di vedere le sopracciglia aggrottate di Sam.
-Scusa, Bella, ma ti rendi conto? Sei sparita per mesi, e adesso chiami alle tre di notte per chiedermi un favore?
-Sam, ti giuro che non l'avrei fatto se avessi avuto...
-Sei fuori luogo, Bella. Sarà anche importante ma puoi chiamare domani mattina, e se non lo è, lasciaci in pace. Buonanotte.
-No, aspetta! Passami Emily!
Scoppiai a piangere, ovvio.
-Passamela, bestione.- La voce di Emily, poco più lontana. Doveva aver sentito tutto.
L'avevo incrociata qualche volta ai controlli, in ospedale; lei e Sam si erano sposati un paio di mesi dopo Edward e me, e aspettavano un bambino. Non avevamo più parlato, le avevo solo sorriso da lontano.
-Bella? Sei proprio tu?
-Emily, grazie al cielo... Sono in ospedale a Forks, ho partorito poche ore fa. Cesareo d'urgenza, stiamo bene. Senti, lo so che è da pazzi ma... Devo andarmene da qui, subito. Ti prego, dì a Sam di venirmi a prendere. Ti prego. Per favore.
-Un momento, non capisco. Non c'è tuo suocero, lì? Tuo marito? Perché vuoi andartene?
-No, sono sola. Credo che...che siamo in pericolo. Io e il bambino. Siamo in pericolo.
Silenzio.
-Emily. Devi credermi.
Riuscii a gorgogliare ancora qualcosa come un Ti supplico mentre mi chiedevo cosa avrei fatto se, giustamente, mi avessero lasciata a sbrigarmela da me.
-Calmati, Bella. Aspetta un attimo, devo parlare con Sam.
Emily mi lasciò appesa ad un filo per i trenta secondi più lunghi della mia vita.
Mi vidi con i loro occhi e mi sentii incredibilmente stupida. Dove avevo trovato il coraggio di chiamare? Con tutto il male che gli avevo fatto... a tutti loro, a Billy più di tutti. Cosa diavolo potevo pretendere?
Poi, di nuovo la voce gentile di Emily.
-Sam si sta vestendo, sarà lì tra mezz'ora al massimo. Tu sei in grado di muoverti?
-In teoria no, ma devo farlo lo stesso. Mi preparo e lo aspetto.
-Mi auguro che tu sappia quello che stai facendo, Bella. Ci stiamo fidando di te. Sam non vuole entrare in rotta di collisione con i Cullen.
Avevano ragione, i timori di Sam erano ampiamente giustificati: stavo chiedendo ai Quileute di schierarsi dalla mia parte. Se la reazione dei Cullen ai miei innumerevoli errori fosse stata poco meno che civile, si sarebbe potuti arrivare ad uno scontro.
Scoprii che non me ne importava un accidente.
Qualsiasi cosa, pur di mettere mio figlio in salvo, incluso bruciare all'inferno.
-Non ho altra scelta, Emily. Posso ammettere tutte le responsabilità del mondo, ma adesso non ho altra scelta. Io... non so come ringraziarti.
-Sam ti chiamerà sul cellulare appena arriva, Bella. In qualche modo farete.
Con un coraggio che non avrei mai immaginato di avere, tolsi dal braccio l'ago dove erano inseriti i tubicini delle fleboclisi. Qualche goccia di sangue macchiò le lenzuola.
-Sam ti chiamerà sul cellulare appena arriva, Bella. In qualche modo farete.
Con un coraggio che non avrei mai immaginato di avere, tolsi dal braccio l'ago dove erano inseriti i tubicini delle fleboclisi. Qualche goccia di sangue macchiò le lenzuola.
***
Per la prima volta nella mia vita provai il genere di attesa che può far uscire di testa le persone.
Credevo di essere già arrivata al massimo quando ero corsa a Volterra per impedire ad Edward di suicidarsi, ma ora l'ansia per mio figlio superava di gran lunga tutti gli orrori che avevo incontrato nei diciannove anni della mia vita, inclusi vampiri segugi e lupi giganti.
Cretina, cretina e cretina che ero. Tutto quello che stava accadendo era una conseguenza delle mie azioni: mi ero andata a mettere nei guai con le mie mani, non potevo prendermela con nessuno se non con quella cretina di Bella Swan. Tra un "cretina" e l'altro buttai nella borsa le mie cose e qualche pannolino per il cucciolo, e mi ricacciai addosso i vestiti premaman che indossavo al momento del ricovero. Non sapevo ancora quante volte mi sarei data della cretina, nei mesi a venire.
Potevo solo aspettare. Il piccolo si era svegliato, nel frattempo, perciò lo cambiai, lo allattai, lo cambiai di nuovo. Per fortuna sembrava contento di stare attaccato a me, non pianse e si riaddormentò quasi subito.
Il cellulare finalmente vibrò, Sam era stato davvero veloce. Pochi minuti dopo era nella mia stanza, con una grinta incazzata da far paura. Non tentai nemmeno qualche convenevole.
-Muoviti. Siamo fortunati, l'impiegata alla reception è una di noi.
Presi il piccolo in braccio, e lui prese in braccio me. Non potei non pensare alla notte in cui mi aveva trovata nel bosco, quando Edward mi aveva abbandonata.
Al banco della reception, una giovane donna nativa americana si girò dall'altra parte al nostro passaggio. Trattenni il fiato fino a quando, indisturbati, raggiungemmo il parcheggio e l'auto di Sam.
Da qui in poi, i miei ricordi sono confusi: credo di aver avuto proprio in quel momento un primo calo di adrenalina. Ero ubriaca di stanchezza, dolore fisico e paura, e vissi quel che restava di quella notte come in una visione.
La macchina corre lungo la strada, in mezzo ai pini. Sta albeggiando ma è ancora buio. Un bagliore ai lati della strada, sono... occhi?
-Sono Seth e Embry. Sull'altro lato ci sono Paul e Leah. Stai tranquilla, Bella.
A queste parole mi sciolgo in lacrime.
Stai tranquilla. Stai tranquilla. Stai tranquilla.
Non so quanto tempo è, che non sto tranquilla. Non so nemmeno più cosa voglia dire. Qualcosa di dolce mi travolge, un senso di calore dimenticato ritorna. Ho voglia di abbracciare Sam, non riesco a dire niente.
Stringo forte il fagotto che è mio figlio, penso che devo stare attenta, se Sam frena potrebbe farsi male.
La Push.
Siamo a La Push.
La strada principale, le casette. La casa di Jacob.
Sono un'idiota, non so fare altro che piangere.
Sento che sono troppo satura per sopportare ancora qualcosa, ma in qualche modo è proprio lo stordimento della stanchezza a salvarmi.
La luce è accesa, Billy è sveglio. Mi stanno portando lì? Non ci posso credere. No, non voglio, non sono pronta, no no no no... Non sto sognando. Mi stanno portando davvero da Billy.
Come un pugno nello stomaco mi ricordo che è l'unico che ha una stanza vuota.
Lui è sulla soglia, non oso guardarlo. C'è anche Emily, Sam mi posa a terra e io vado a pezzi tra le braccia di Emily. Sento una carezza sulla schiena, so che è Billy. Lo guardo, mi fa segno di entrare.
Quattro sagome scure svaniscono, e un attimo dopo siamo tutti nel piccolo salotto di casa Black. Fuori il cielo è rosato ad est, non so perché penso alla spiaggia, a quanto sarebbe bella la spiaggia adesso.
La spiaggia e Jacob.
Mi mancano le forze.
Ho bisogno di sedermi, la ferita mi fa male. Devo allattare, mi fa male anche il seno.
Sono stanca, così stanca. Mi spoglio e allatto mio figlio sul piccolo divano, cerco di non pensare che tutto mi urla lo stesso nome, incessantemente.
Sono tutti attorno a me. Mi sento imbarazzata, ho il seno scoperto. Ma non guardano me. Guardano il piccolo. Il mio bellissimo bambino.
Mi circondano, guardano mio figlio che poppa tranquillo. Leah piange, qualcuno ride, arrossisco ma non me ne importa niente.
Non mi accadrà più niente di male.
La porta di casa si apre di nuovo, sono Jared con Kim e Quil, più un ragazzo giovane che non ho mai visto. Li sento parlottare, il tono della voce è allegro ma parlano piano, ridono ma non fanno molto rumore. Sento la voce di Sue, è arrivata anche lei. Viene a vedere il piccolo, la sento ridere, mi trasmette gioia e sicurezza. Qualcuno apre il frigo, qualcuno scarta qualcosa da mangiare. Non posso non pensare ad una... famiglia. Per un attimo penso ai Cullen, è una fitta di dolore, ma chiudo il pensiero fuori dalla mente. Non adesso. Non ce la faccio.
Non mi accadrà più niente di male.
Il cucciolo si stacca, gli pulisco un rigurgito. Penso che sono fortunata, ho latte per il bambino e questo mi conforta, anche se in realtà non ho più niente.
Due mani rugose e scure si stendono verso di me. Porgo il piccolo a Billy. La parola "nonno" mi fa sorridere e penso che è buffo, che Jake si rotolerebbe dal ridere, rido con lui mentre ricomincio a piangere.
Non oso guardare Billy, mi vergogno troppo.
-Co..come si chiama, Bella? Come lo hai chiamato?
Ha la voce rotta, anche lui, non ce la posso fare, non voglio crollare, non ancora.
Non lo so, come si chiama. Lo chiederò a Jacob.
Jacob non c'è.
Me lo dimentico, che non c'è, perché in realtà è dappertutto.
Non riesco a rispondere a Billy.
-Non so. Non...
La stanchezza sceglie proprio questo momento per sopraffarmi. Sento solo delle voci, tante voci ora indistinte. Avvertire Charlie, Cullen, dottore, dormire, Jake.
Jake.
Mi appoggio allo schienale del divano, già non capisco più niente, e mentre sprofondo l'ultima cosa che sento è la voce di Sam.
-Bisogna trovarlo, maledizione. Prima che lo trovi Cullen.
Credevo di essere già arrivata al massimo quando ero corsa a Volterra per impedire ad Edward di suicidarsi, ma ora l'ansia per mio figlio superava di gran lunga tutti gli orrori che avevo incontrato nei diciannove anni della mia vita, inclusi vampiri segugi e lupi giganti.
Cretina, cretina e cretina che ero. Tutto quello che stava accadendo era una conseguenza delle mie azioni: mi ero andata a mettere nei guai con le mie mani, non potevo prendermela con nessuno se non con quella cretina di Bella Swan. Tra un "cretina" e l'altro buttai nella borsa le mie cose e qualche pannolino per il cucciolo, e mi ricacciai addosso i vestiti premaman che indossavo al momento del ricovero. Non sapevo ancora quante volte mi sarei data della cretina, nei mesi a venire.
Potevo solo aspettare. Il piccolo si era svegliato, nel frattempo, perciò lo cambiai, lo allattai, lo cambiai di nuovo. Per fortuna sembrava contento di stare attaccato a me, non pianse e si riaddormentò quasi subito.
Il cellulare finalmente vibrò, Sam era stato davvero veloce. Pochi minuti dopo era nella mia stanza, con una grinta incazzata da far paura. Non tentai nemmeno qualche convenevole.
-Muoviti. Siamo fortunati, l'impiegata alla reception è una di noi.
Presi il piccolo in braccio, e lui prese in braccio me. Non potei non pensare alla notte in cui mi aveva trovata nel bosco, quando Edward mi aveva abbandonata.
Al banco della reception, una giovane donna nativa americana si girò dall'altra parte al nostro passaggio. Trattenni il fiato fino a quando, indisturbati, raggiungemmo il parcheggio e l'auto di Sam.
Da qui in poi, i miei ricordi sono confusi: credo di aver avuto proprio in quel momento un primo calo di adrenalina. Ero ubriaca di stanchezza, dolore fisico e paura, e vissi quel che restava di quella notte come in una visione.
La macchina corre lungo la strada, in mezzo ai pini. Sta albeggiando ma è ancora buio. Un bagliore ai lati della strada, sono... occhi?
-Sono Seth e Embry. Sull'altro lato ci sono Paul e Leah. Stai tranquilla, Bella.
A queste parole mi sciolgo in lacrime.
Stai tranquilla. Stai tranquilla. Stai tranquilla.
Non so quanto tempo è, che non sto tranquilla. Non so nemmeno più cosa voglia dire. Qualcosa di dolce mi travolge, un senso di calore dimenticato ritorna. Ho voglia di abbracciare Sam, non riesco a dire niente.
Stringo forte il fagotto che è mio figlio, penso che devo stare attenta, se Sam frena potrebbe farsi male.
La Push.
Siamo a La Push.
La strada principale, le casette. La casa di Jacob.
Sono un'idiota, non so fare altro che piangere.
Sento che sono troppo satura per sopportare ancora qualcosa, ma in qualche modo è proprio lo stordimento della stanchezza a salvarmi.
La luce è accesa, Billy è sveglio. Mi stanno portando lì? Non ci posso credere. No, non voglio, non sono pronta, no no no no... Non sto sognando. Mi stanno portando davvero da Billy.
Come un pugno nello stomaco mi ricordo che è l'unico che ha una stanza vuota.
Lui è sulla soglia, non oso guardarlo. C'è anche Emily, Sam mi posa a terra e io vado a pezzi tra le braccia di Emily. Sento una carezza sulla schiena, so che è Billy. Lo guardo, mi fa segno di entrare.
Quattro sagome scure svaniscono, e un attimo dopo siamo tutti nel piccolo salotto di casa Black. Fuori il cielo è rosato ad est, non so perché penso alla spiaggia, a quanto sarebbe bella la spiaggia adesso.
La spiaggia e Jacob.
Mi mancano le forze.
Ho bisogno di sedermi, la ferita mi fa male. Devo allattare, mi fa male anche il seno.
Sono stanca, così stanca. Mi spoglio e allatto mio figlio sul piccolo divano, cerco di non pensare che tutto mi urla lo stesso nome, incessantemente.
Sono tutti attorno a me. Mi sento imbarazzata, ho il seno scoperto. Ma non guardano me. Guardano il piccolo. Il mio bellissimo bambino.
Mi circondano, guardano mio figlio che poppa tranquillo. Leah piange, qualcuno ride, arrossisco ma non me ne importa niente.
Non mi accadrà più niente di male.
La porta di casa si apre di nuovo, sono Jared con Kim e Quil, più un ragazzo giovane che non ho mai visto. Li sento parlottare, il tono della voce è allegro ma parlano piano, ridono ma non fanno molto rumore. Sento la voce di Sue, è arrivata anche lei. Viene a vedere il piccolo, la sento ridere, mi trasmette gioia e sicurezza. Qualcuno apre il frigo, qualcuno scarta qualcosa da mangiare. Non posso non pensare ad una... famiglia. Per un attimo penso ai Cullen, è una fitta di dolore, ma chiudo il pensiero fuori dalla mente. Non adesso. Non ce la faccio.
Non mi accadrà più niente di male.
Il cucciolo si stacca, gli pulisco un rigurgito. Penso che sono fortunata, ho latte per il bambino e questo mi conforta, anche se in realtà non ho più niente.
Due mani rugose e scure si stendono verso di me. Porgo il piccolo a Billy. La parola "nonno" mi fa sorridere e penso che è buffo, che Jake si rotolerebbe dal ridere, rido con lui mentre ricomincio a piangere.
Non oso guardare Billy, mi vergogno troppo.
-Co..come si chiama, Bella? Come lo hai chiamato?
Ha la voce rotta, anche lui, non ce la posso fare, non voglio crollare, non ancora.
Non lo so, come si chiama. Lo chiederò a Jacob.
Jacob non c'è.
Me lo dimentico, che non c'è, perché in realtà è dappertutto.
Non riesco a rispondere a Billy.
-Non so. Non...
La stanchezza sceglie proprio questo momento per sopraffarmi. Sento solo delle voci, tante voci ora indistinte. Avvertire Charlie, Cullen, dottore, dormire, Jake.
Jake.
Mi appoggio allo schienale del divano, già non capisco più niente, e mentre sprofondo l'ultima cosa che sento è la voce di Sam.
-Bisogna trovarlo, maledizione. Prima che lo trovi Cullen.
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