Disclaimer

In questo blog pubblico le storie che ho scritto io ispirandomi ai libri della saga di Twilight di Stephenie Meyer. Quindi tutti i personaggi sono di zia Steph, che ringrazio per avermi fatta sognare come se avessi ancora quindici anni. Ogni tanto prendo anche dagli omonimi film della Summit Entertainment, secondo quello che mi serve ai fini della storia. Idem per certe battute dei protagonisti. Se le trovate uguali, è ovvio che le ho prese dai libri o dal film! Quindi tutti i diritti spettano ai legittimi proprietari del copyright. Le storie invece sono mie, ma potete riprodurle se citate la fonte, che deve essere questo blog oppure il sito EFP dove le pubblico con il nickname jakefan. Fatevi un giro su EFP, è davvero simpatico.

lunedì 7 febbraio 2011

16 Pezzi di carta

Didi non era esattamente un genio della matematica, ma i conti che stava facendo parlavano chiaro: negli ultimi sei mesi le cose erano andate meglio, anzi decisamente bene.
Due braccia in più si sentivano. Due braccia forti e due mani abili, in grado di resuscitare qualsiasi motore e riparare praticamente qualunque oggetto.
Quel mese avrebbe potuto mettere da parte qualcosa per Nessie e Pete e comprare il giaccone pesante di cui aveva bisogno Bear. Con quello che avanzava, aveva controllato, avrebbe potuto comprare un piccolo ponte sollevatore, anche di seconda mano, e farlo sistemare nella parte vuota della rimessa. Ormai si era creato tra Skagit e il ranch un discreto viavai di motori di qualsiasi genere che arrivavano guasti se non del tutto morti, e ripartivano perfettamente funzionanti. Jacob si divertiva e sembrava disinteressato a farsi pagare, ma avrebbe lavorato molto più comodamente... e la rimessa avrebbe cominciato ad assomigliare ad una piccola officina di meccanica. Lui ne sarebbe stato felice, pensò. Poi, forse, lo avrebbe convinto a tornare a scuola, alla fine di agosto. Non voleva che lavorasse e basta, doveva studiare...
Diane inorridì e si alzò di scatto, arrabbiata con se stessa.
Non va bene, così. Tu sei pazza. Sei completamente pazza.Bevve un bicchiere d'acqua, giusto per far qualcosa e cancellare in qualche modo la visione che la tormentava. Ne approfittò per controllare Nessie, che giocava nella casetta di Winnie-The-Pooh  sul prato di fronte alla casa, al confine con la strada.
Tenere d'occhio la sua esuberante bambina era infinitamente più semplice, si disse, che tenere d'occhio se stessa. Avrebbe dovuto punire la  sua mente, il suo cuore, il suo corpo memore della notte passata -o tutti e tre, complici- insomma, chiunque fosse stato a creare la visione che l'aveva spaventata.
I giorni che scorrevano, serenamente, come erano trascorsi finora dal giorno dell'arrivo di lui. Una fine inevitabile, ma forse lontana abbastanza da non pensarci, non ancora. Cose nuove, idee, speranze, forse qualche viaggio. Jacob che restava al ranch, coi bambini. Con lei.
Bevve un altro sorso d'acqua per far andare giù un magone che non voleva saperne di scendere.
Si stava facendo del male, molto male, e lo sapeva. Ma non riusciva ad evitarlo.

Basta con le cazzate, Didi, finisci 'sti conti, nessuno li finirà al tuo posto, su...

Sentì aprirsi la porta d'ingresso, dalla parte del giardino dove qualche minuto prima aveva visto Nessie giocare tranquilla.
-Mamma, vieni! C'è un signore!
Sulla soglia c'erano sua figlia, ed un ragazzo che la teneva per mano. Un bellissimo ragazzo, notò Didi. Ma decisamente un po' strano, con quei capelli rossi arruffati  e dei singolari occhi castani talmente chiari da apparire trasparenti, come ambrati. Pallidissimo. Un ragazzo con uno sguardo indefinibile ma penetrante, che la fece sentire a disagio, neanche fosse nuda davanti a lui. Rimpianse di non avere il fucile a portate di mano, e di non essere stata abbastanza attenta da impedire a Nessie di portarlo dentro casa. E subito dopo si stupì di quel pensiero così stranamente aggressivo.
-Mamy, lo sai che lui è un amico di Jay? E' venuto a trovarlo!
Didi sentì stringersi lo stomaco, senza capire esattamente il perché, e quell'urto doloroso si confuse con lo spavento per il tonfo secco dell'altra porta, quella sul retro, che si spalancava sbattendo contro il muro.
Un Jacob tremante e visibilmente furioso fissava lo sconosciuto, i pugni stretti, il respiro affannato, gli occhi fissi negli altri due gialli come quelli di un rettile.
No, non sono amici.
Didi spostò lo sguardo verso la rastrelliera dove stava appeso il fucile. Lo sconosciuto distese le labbra, beffardo, osservando lei, poi Jacob. Poi ancora lei, con attenzione, mentre un sorriso malizioso si allargava sulle sue labbra perfette.
-Buongiorno, Mrs. Dowson. Buongiorno, Jacob.
La voce dello sconosciuto era suadente, bellissima, quasi ipnotica. Senza nemmeno sapere perché, qualcosa nella testa di Diane lo classificò come estremamentepericoloso.
-Non riesco a credere che tu sia qui, Cullen. Nessie, vai dalla mamma. Subito.
-Che maniera di accogliermi... La tua amica penserà che sono una persona orribile, non un tuo vecchio amico.
-Ne parliamo fuori di qui. Muoviti.

Un attimo dopo Didi, con Nessie tra le braccia, fissava le sagome dei due ragazzi allontanarsi verso la foresta.

***

-Sono passate quasi due ore, Bear.
-Il ragazzo è grande e forte, non può essergli accaduto niente di male. Stai calma, arriverà presto.
Sì, va beh. E io divento matta, intanto.
-Stai tu coi bambini, per favore. Io vado a cercarlo.
Non dovette camminare molto, Didi.
Già alla prima fila di alberi che separava la proprietà dalla foresta vera e propria, aveva trovato frammenti di scarpe e brandelli dei suoi abiti. E  poco oltre lo vide. Era completamente nudo, accasciato a terra, sporco di fango e foglie, i capelli bagnati incollati alle guance.
-Jake!L'urlo le esplose in gola assieme all'orrore della visione, lasciandola senza fiato. Corse lasciando a terra il fucile, cadde, si rialzò e in pochi passi lo raggiunse, morendo dentro per la paura e il dolore. Fu come rinascere quando si accorse che era vivo, e che respirava, e che non era ferito. Non gravemente, almeno. Qualche contusione, un po' di sangue raggrumato sul viso.
Si sentì di nuovo morire quando vide i suoi occhi. Erano rossi, e gonfi, come dopo ore di pianto, e piangeva ancora.
-Didi... sto bene. Stai tranquilla... Sto...bene.
-Oddio, Jake. Oh mio Dio, ti prego, non piangere... Cosa è successo? Cosa ti ha fatto?
Lo ammazzo, quel bastardo, prendo il fucile e gli corro dietro e gli riempio di pallini quel culo secco.  Oh mio dio, non ti ho mai visto così... Jake...
-Mi ha detto... Delle cose. E poi, ci siamo un po' scazzottati. Niente di grave.
La tragedia che si svolgeva negli occhi di Jacob le diceva esattamente il contrario. Ma come al solito quando sentiva che stava per sbroccare, Didi trovò da qualche parte la forza di rimandare e di fare quello c'era da fare. Decise che non avrebbe pianto, che avrebbe ignorato i presentimenti cupi che l'avevano tormentata mentre lo aspettava e che ora ingigantivano a causa dello strazio che aveva davanti agli occhi. Decise che avrebbe avuto cura di lui, che l'avrebbe ricoperto di tutto l'amore di cui era capace, adesso e sempre. Finché le fosse stato possibile.
-Vieni a casa, Jake. Appoggiati a me.
Non lo portò alla rimessa dove dormiva di solito, ma direttamente nella casa grande. Gli preparò il bagno caldo in cui lui rimase almeno mezz'ora, permettendole di lavargli le spalle, i lunghi capelli, il viso incrostato di fango e sangue raggrumato. Si morse le labbra per non parlare e non chiedere niente, rispettando il silenzio di lui, che non piangeva più ma guardava lontano, con occhi vuoti. E lo accompagnò a sdraiarsi in camera sua, sul letto che avevano condiviso di nascosto, infischiandosene di Bear, dei bambini e del mondo intero, perché l'unica cosa che voleva in quel momento era prendersi cura di lui e placare quel dolore che rendeva opache e spente le sue iridi nere. Un dolore che era anche suo.
Chiuse la porta e si sdraiò accanto a lui, posandogli la testa sul petto. E si rese conto che tutto quello che aveva di lui era il suo corpo, che poco a poco si abbandonava, più rilassato, sul letto, vinto da un sonno profondo. Mentre tutto il resto -di sicuro la sua anima- era ormai irraggiungibile e lontano.
***

Scese un paio d'ore dopo, mentre il giorno scivolava via in un crepuscolo freddo e tormentato.
Li vide subito, appena scesa, dalla grande finestra del soggiorno. Erano tre, due ragazzi ed una ragazza. Bellissimi. Non come Jacob, questo no, ma incredibilmente somiglianti a lui e tra di loro, e della stessa bellezza quasi sovrannaturale. Le membra lunghe, i capelli scuri, la carnagione bruna resa ancora più rossastra dalla luce del sole al tramonto. Avanzavano con passo fluido, muovendosi quasi all'unisono, la ragazza al centro e i due maschi ai lati. Fieri, sicuri ed eleganti, eppure impazienti nell'incedere. Venivano proprio da lei e, appena la distanza le permise di notare i particolari, Didi realizzò che tutti, per quel che poteva vedere, portavano sul braccio destro lo stesso disegno complesso che spiccava sul braccio di Jacob. La testa di lupo.
Lo sguardo le cadde sul tavolo dove, una manciata di ore prima, credeva di avere organizzato la sua vita con poche tracce nere su un foglio bianco. Raccolse il foglio e lo fece a pezzi, assieme ai suoi sogni, mentre i passi dei tre visitatori risuonavano ormai sul tavolato del patio di casa sua, davanti alla porta.
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Innanzitutto, un grazie di cuore a tutti. State aumentando, sapete?
A tutti i miei lettori e lettrici che sono anche autori, vorrei ricordare il Contest
indetto dalla sottoscritta e dalla cara compagna di merende e di ore piccole Kagome86/Arahan86.
Già che ci sono, la ringrazio pubblicamente per la fiducia incrollabile e quasi imbarazzante
che ha sempre in me, senza la quale, giusto per fare un esempio, questo capitolo
non sarebbe stato pubblicato né stamattina né mai. Stella, grazie.

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